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FRANCO BASAGLIA E I MANICOMI POST DUEMILA

franco basagliaNelle scorse settimane si è ricordato il centenario della nascita di Franco Basaglia, autore e riformatore degli Ospedali Psichiatrici, che sono stati centri di detenzione, contenzione, emarginazione. La legge 180 (legge Basaglia) è stata approvata il 13 maggio 1978, recepita all'interno della legge 833 del 23 dicembre che istituisce il Servizio sanitario nazionale. Nella pratica gli OP si sono svuotati solo negli anni novanta. 

Da studente bastava svolgere un breve tirocinio dentro l’OP per accorgersi della follia di quella condizione alienante e disumanizzante. Di terapeutico c’erano i letti di contenzione – sono ancora attuali all’interno dei reparti -; l’elettroshok (invenzione italiana) – pratica ancora attiva - e l’insulinoterapia. L’insulinoterapia (Sakel 1927) è stata introdotta per curare la schizofrenia; consiste nell’iniettare dosi progressivamente crescenti di insulina per ottenere un coma ipoglicemico verso la terza-quarta ora, che viene superato con la somministrazione di glucosio. La durata della terapia è di 5-6 giorni la settimana, per 2-3 mesi, con un rischio costante per il paziente: coma irreversibile, edema polmonare, accesso convulsivo. Solo negli anni cinquanta  si sono introdotte le benzodiazipine.

Il romanzo Cecità di José Saramago per certi versi raffigura quel clima manicomiale. Invece, Mario Tobino, psichiatra, che ha vissuto per trentacinque in due stanzette da direttore nell’OP di Lucca, ha scritto romanzi ambientati dentro il manicomio (Le libere donne di Magliano). È stato l’anti Basaglia, era contrario all’apertura degli OP.

La liberazione delle barriere, dei muri degli OP ha determinato un approccio diverso nel confronto della malattia psichica e della salute mentale. Le nuove generazioni, nate dopo gli anni novanta, non sanno cosa sia un manicomio; anche le nuove generazioni di psichiatri, psicologi faticano a immaginare la condizione della malattia mentale di quei luoghi segregativi. Bisogna esserci stati per comprendere la follia di quella struttura. Però, basta osservare cosa succede all’interno  dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) per rivedere rispecchiato il manicomio. L’obiettivo di tali centri è garantire un’efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione e respingimento. Sono strutture che fanno rizzare i peli della pelle, sono luoghi di contenzione, degrado umano, dove psicofarmaci dati à gogo rendono quei poveretti degli zombie del nuovo secolo.

Un secondo ricalco dell’OP è quello del carcere (dal latino carcer, recinto). È il luogo in cui sono recluse, per ordine del magistrato o di altre autorità, persone private della libertà personale. In passato, e anche in tempi recenti, la detenzione ha uno spiccato carattere punitivo. Le condizioni all’interno del carcere sono spaventose sia per la qualità di vita e sia per la quantità dei detenuti. Storicamente, in qualsiasi Stato, quando ci sono governance di destra la popolazione carceraria aumenta in modo esponenziale determinando un plus che causa una diminuzione delle condizioni vitali: prevale il dogma della punizione, della espiazione della colpa. Basta passare qualche giorno all’interno di un carcere per accorgersi che cosa significhi contenzione, fisica, psicologica e sociale. È un’esperienza traumatizzante.

Un terzo ricalco dell’OP, con dei distinguo, è quello della Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) introdotte a metà degli anni novanta. Sono strutture semi ospedaliere a impronta sanitaria, che ospitano per un periodo variabile da poche settimane a un tempo indeterminato. Secondo GNPL National Register, la banca dati realizzata dal Garante nazionale per la geolocalizzazione delle strutture sociosanitarie assistenziali sul territorio italiano, al 2020 le RSA in Italia sono 4.629 (contro le 2.475 nel 2007) e includono sia quelle pubbliche sia quelle convenzionate con il pubblico e le private, di cui 2.651 al Nord, 668 al Centro e 493 al Sud, 817 nelle Isole. In Lombardia le RSA sono 689.

Sono strutture chiuse. La vicenda pandemica del Covid-19 ha reso evidente la fragilità di queste strutture e la vulnerabilità.

... ma tutto passa tutto se ne va/ che sarà che sarà che sarà/ che sarà della mia vita chi lo sa/ so far tutto o forse niente/ da domani si vedrà/ e sarà sarà quel che sarà/ che sarà che sarà che sarà

 

 

 

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