Il benessere emozionale in chiave psicobiologica
LE EMOZIoni positive e negative hanno un ruolo modulatorio sul benessere psicofisico
Se è abbastanza comprensibile che alla maggior parte delle persone non faccia piacere provare emozioni negative (anche se sono utili per garantire reattività nelle situazioni di pericolo) vi è anche chi, viceversa, si sottrae più o meno consapevolmente alla possibilità di sperimentare emozioni positive (senso di appagamento, tranquillità, gioia, felicità, ecc.).
In queste persone prevalgono i timori di perdere il controllo, la preoccupazione di rendersi vulnerabili e dover attivare uno stato di allerta per far fronte a (ingiustificate) paure di pericoli o minacce che potrebbero verificarsi.
Altri ancora associano le emozioni positive a superficialità, ingenuità, irresponsabilità, o addirittura vi è una convinzione inconscia di non meritare il benessere che può derivare dal lasciarsi andare a godere quanto di piacevole può capitare. La comunicazione di queste persone è caratterizzata da frequenti “se”, “ma”, “però”.. e tendono a problematicizzare qualsiasi soluzione venga loro prospettata. Tale condizione determina uno stato di malessere a cui è difficile far fronte data la volontà di auto boicottaggio (più o meno inconsapevole) ed acquisire piena consapevolezza di tali meccanismi è solo il primo passo verso un percorso di maggior benessere.
Le emozioni positive hanno sicuramente un ruolo decisivo nella percezione della qualità della vita, è dunque fondamentale “saperle” provare. La tendenza a interpretare in chiave negativa i propri vissuti deriva da contenuti e forme di pensiero per lo più appresi (impotenza appresa). Allo stesso modo, modificando schemi comportamentali e di pensiero, è possibile l’apprendimento di una positività emozionale.
Diversi studi (Tugade, Fredrickson e Barrett, 2004) hanno evidenziato che le persone caratterizzate da una maggiore emotività positiva (un approccio proattivo alla vita, dinamismo, curiosità, apertura a nuove esperienze, senso dell’humor, rilassamento, ecc.) hanno una maggiore capacità di fronteggiare situazioni stressanti, e riprendersi più velocemente da malattie organiche.
Tuttavia, non tutte le emozioni positive hanno le stesse potenzialità sul benessere psicofisico. Una ricerca statunitense (UCLA’s Cousins Center for Psychoneuroimmunology), durata dieci anni, ha messo in evidenza l’influenza sui geni degli stati psicologici caratterizzati da positività emozionale.
Sono state considerate due “concezioni” di benessere: quella derivante da una determinazione personale forte al conseguimento nel tempo della “felicità” ritenuta una naturale finalità della vita e la “felicità” concepita, invece, come appagamento immediato (quasi compulsivo) dell’azione umana.
Nel primo caso i risultati biologici dello studio hanno evidenziato una forte espressione di anticorpi e geni antivirali; nel secondo caso ( quello di ricerca del benessere immediato) i geni sono caratterizzati da bassa espressione antivirale e forte espressione infiammatoria, praticamente una risposta genica negativa analoga all'influenza sui geni data dai vissuti stressanti, come in studi precedenti.
Tali risultati suggeriscono che gli effetti biologici positivi non derivano dal perseguire e ottenere appagamenti immediati (pur scaturenti da emozioni positive) bensì da tutto uno stile di vita improntato alla positività emozionale e da una concezione di felicità come condizione naturale della vita.
Ebbene, una volta acquisita la consapevolezza che i nostri stili comportamentali e di pensiero non soddisfano la nostra “sete di benessere” dovremo apportare significativi cambiamenti.
(a cura del Dottor Giovanni Madeddu)
Scrivi articoli di psicologia e psicoterapia e ti piacerebbe vederli pubblicati su Psiconline?
per sapere come fare, Clicca qui subito!
Tags: felicità gioia pericolo tranquillità benessere emozionale chiave psicobiologica benessere psicofisico emozioni positive emozioni negative appagamento timori minacce emotività positiva effetti biologici sete di benessere