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Adolescenti e società

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adolescenti e societa1. Introduzione

Il termine “adolescenza” deriva dal paradigma del verbo latino “adolesco” (adolescis, adolevi, adultum, adolescere) e significa “sviluppare”. Esso ha assunto un significato specifico, nel 1904, quando Stanley Hall ha pubblicato il libro Adolescenza, sua psicologia e sua relazione con fisiologia,antropologia, sociologia, sesso, crimine, religione e educazione. Si riferisce ad una fase in divenire e di transizione tra l’età della fanciullezza e quella degli adulti. Durante l’adolescenza, la personalità subisce delle continue trasformazioni, che iniziano con la pubertà, quando le modificazioni endocrine e lo sviluppo dell’apparato genitale, segnando la fine del periodo della latenza, producono un incremento della libido.

L’adolescente, dopo aver acquisito la capacità di utilizzare la funzione dell’apparato genitale e procreativa, deve, al fine di raggiungere l’equilibrio psico-fisico, sviluppare, attraverso un complesso processo, l’apparato psicologico. Per comprendere la psicologia degli adolescenti è opportuno, tuttavia, riassumere alcuni aspetti dello sviluppo della personalità, che precedono tale tappa evolutiva.

Fin dalla nascita, l’essere umano dipende interamente dalla madre, con la quale stabilisce una simbiosi psicologica; egli ancora non percepisce se stesso come un individuo, psicologicamente e fisicamente diverso dalla figura materna: è simbioticamente fuso con quest’ultima, come lo era nel periodo prenatale.

Intorno ai sei mesi s’incomincia ad assistere ad un processo di progressiva “separazione-individuazione”.

Tale processo, in verità, non si realizzerà mai completamente. Anche l’individuo adulto, infatti, ricercherà il bisogno di fondersi, spostando tale fusione dalla madre verso altre figure (innamoramento, gruppo, attività artistiche, politica, attività sociali e così via). Nell’infanzia, al processo di “separazione-individuazione” si accompagna il meccanismo d’introiezione, prima della madre e, poi, del padre e delle altre figure, che progressivamente entrano in relazione con il bambino.

Il meccanismo dell’introiezione permette a quest’ultimo di acquisire, interiorizzando tali figure e portandole dentro di sé, sicurezza psicologica ed esperienze gratificanti con il mondo esterno. Il bambino compie, in tal modo, le conquiste di base ed è pronto a diventare un adulto psicologicamente maturo. La fase dell’adolescenza è, a tal proposito, fondamentale per definire l’identità e l’assunzione dei ruoli dell’adulto. Essa è contraddistinta da una profonda maturazione e da continui mutamenti della personalità, apparendo uno stadio evolutivo particolarmente difficile.

L’adolescente avverte in modo drammatico la propria crescita, percependo di diventare diverso, ma ignorando, nello stesso tempo, a quale meta lo condurrà un tale cambiamento. L’instabilità del carattere e le crisi frequenti, che si manifestano sul piano del comportamento, attraverso ansie ed atteggiamenti di confusione, si possono spiegare, partendo da tale stato di incertezze. Nei confronti del mondo circostante l’adolescente si sente smarrito e, perciò, cerca ansiosamente una base d’appoggio e punti di riferimento. Egli, da un lato, rifiuta di essere trattato da bambino e, dall’altro, aspira ad assumere atteggiamenti d’adulto; viene, pertanto, sollecitato ad impegnarsi in attività cui non è ancora preparato e a coprire ruoli sconosciuti, che avverte in modo incompleto: il risultato è “una caricatura dell’età adulta”.

L’adolescente “è continuamente – ha scritto F. De Bartolomeis in La psicologia delladolescente – dinanzi allo specchio della propria mente, perché vuole rendersi conto delle idee, dei pensieri, dei sentimenti che sorgono in lui; è una mobile realtà da spiegare, da comprendere come vicenda personale”.

In questa nuova prospettiva, l’Io adolescenziale, sperimentando se stesso e rafforzando le sue difese, raggiunge gradualmente una stabilizzazione fisica e psicologica, inquadrandone in una luce più definita anche gli atteggiamenti futuri.

2. Sviluppo fisico

Il cambiamento continuo, nell’adolescenza, tanto delle funzioni organiche quanto del corpo ha influenza sugli aspetti psicologici. Il corpo incomincia ad allungarsi sensibilmente, i muscoli si rassodano, il peso aumenta notevolmente, si sviluppano le caratteristiche sessuali primarie e secondarie, le gonadi entrano in funzione e, nello stesso tempo, si registra un relativo aumento delle ghiandole endocrine.

L’adolescente, a causa di questi mutamenti, non riesce ad individuare punti di riferimento, che in precedenza erano relativamente statici; egli sperimenta, così, una situazione mista tra l’attesa e la paura. In questa fase dell’età evolutiva il corpo non può più essere rappresentato com’era in precedenza. Si trasforma, crescendo a sbalzi e in maniera disarmonica. A volte il suo Io si sente quasi scisso dal corpo ed assume comportamenti inadeguati.

L’adolescente ha, a questo punto, l’urgenza, per sfuggire ai disturbi, che sono sempre in agguato, di adattarsi criticamente alla realtà circostante e di accettarsi.

Le modificazioni biologiche, l’incremento della sensibilità, le accresciute pulsioni sessuali fanno in modo che il mondo circostante gli appaia sotto un nuovo aspetto e che non può controllare; l’adolescente diventa goffo fisicamente, cessando d’essere armonioso: i gesti e i comportamenti rivelano una mancanza di coordinazione.

Alla vivacità motoria subentra una diffusa indolenza. Anche la voce, nella fase dell’adolescenza, cambia tono improvvisamente ed in modo inatteso. Per effetto di tale processo di maturazione, le difese dell’Io diventano inadeguate a fronteggiare la nuova situazione.

L’adolescente è ipersensibile e passa facilmente, in quanto ad umore, da un estremo ad un altro. I suoi interessi, infatti, mutano rapidamente: inizia amicizie che non durano, dimostrandosi, oggi mite e domani cocciuto; ora, amichevole, gentile e sicuro di sé e, un istante dopo, rozzo, egoista e depresso.

L’adolescenza, dunque, si caratterizza, nel complesso, come periodo della vita umana particolarmente ricca di situazioni frustranti. Nei rapporti, poi, con i genitori, il comportamento variabile degli adolescenti si rivela in modo particolare: alternativamente li ama e li odia intensamente; da un lato, li denigra e, dall’altro, li esalta come eroi. L’adolescente ha, in realtà, l’esigenza d’interrompere, per crescere autonomamente, i rapporti con i genitori, ma teme d’intraprendere tale iniziativa, giacché si sente ancora impreparato ad affrontare i problemi della vita.

3. Il pensiero ipoteticodeduttivo

Il pensiero ipotetico-deduttivo ha inizio con lo stadio delle operazioni formali intorno ai dodici anni. Tali operazioni conducono gradualmente l’individuo ad utilizzare, nel processo d’interazione con l’ambiente, una logica astratta.

Lo stadio del pensiero ipotetico-deduttivo si consolida durante l’adolescenza e fa acquisire non solo la capacità di formulare previsioni, ma anche quella di costruire il concetto di “probabilità” che un evento si realizzi realmente. L’individuo, che possiede un tale pensiero, riesce, nell’affrontare un problema, ad utilizzare procedure logiche di valutazione, mediante regole, che, pur essendo astratte, sono valide per risolvere altri casi.

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La logica formale presuppone, però, un mondo probabile, contrapposto alla realtà. Essa è, pertanto, influenzata dall’ambiente culturale, nel quale sono inseriti gli esseri umani.

Piaget ha affermato che lo stadio delle operazioni formali è il coronamento di un processo evolutivo, che, in una determinata epoca storica, caratterizza una certa cultura. In tale fase, secondo la psicologia genetica, le capacità dell’adolescente diventano definitivamente e formalmente logiche, acquisendo la caratteristica del pensiero ipotetico e deduttivo.

L’adolescente sa ormai organizzare le proprie convinzioni ed idee; sa formulare ipotesi e ricavarne leggi generali, conducendo indagini ed esperimenti per scoprire quello che gli serve; sa ormai non solo verificare i risultati, ottenuti mediante una continua ripetizione, ma anche le loro operazioni inverse.

Le operazioni formali rappresentano l’apice dello sviluppo cognitivo. L’adolescente, dal punto di vista dello sviluppo dell’intelligenza, è ormai un adulto maturo. E’, perciò, sicuro nelle procedure logiche e sa riferire verbalmente i risultati delle sue ricerche sia con proprietà di linguaggio sia con esattezza di particolari.

4. Adolescenza e conflitti

L’adolescente incomincia a manifestare i propri stati di conflitto soprattutto attraverso i comportamenti variabili nei rapporti con i genitori. Egli è portato ad odiarli e ad amarli l’istante successivo; da un lato, a denigrarli, e, dall’altro, a considerarli come punti di riferimento. Vuole staccarsi da loro, ma, giacché non si sente pronto per una vita autonoma, teme d’intraprendere tale iniziativa.

Tutte le situazioni, mai sperimentate, esercitano sugli adolescenti un fascino irresistibile, che affrontano, per sentirsi adulti, con impegno. Essi, quando non ci riescono, si sentono, in verità, scoraggiati e sono portati, a volte, a chiudersi in se stessi ed, altre volte, a cercare aiuto negli adulti, regredendo, così, al sicuro mondo della dipendenza infantile.

Una volta, poi, ottenuto l’appoggio, da un lato, trovano sicurezza e, dall’altro, ritrovandosi e rivedendosi nuovamente bambini, reagiscono con atteggiamenti aggressivi contro le persone adulte che li hanno aiutati, considerandole come ostacoli alla realizzazione della loro personalità.

La verità è che ogni adolescente non sa capire nemmeno se stesso e non sa realmente cosa desidera.

Il mondo dell’adolescente non si sviluppa, però, in un vuoto psicologico; esso s’innesta nell’età precedente e sfocia in quella successiva. Spesso i genitori, nella società attuale, industrialmente avanzata e consumistica, non riescono a comunicare e a stabilire, pensando di non essere più un punto di riferimento, rapporti autentici ed efficaci con i figli. Volendoli, così, tenere legati dal punto di vista affettivo, assumono comportamenti permissivi: si mostrano deboli e scendono a compromessi, viziandoli o concedendo loro eccessiva libertà.

Gli adolescenti, in tali condizioni, lamentano la loro inesperienza, che li rende timidi ed incapaci d’autonomia. Sentono che la protezione eccessiva è in contrasto con i loro naturali bisogni d’autonomia e di crescita; si ribellano all’autorità dei genitori, estraniandosi da loro ed odiandoli: “Un odio, talvolta, pieno di tristezza e di sfiducia, perché si odia – ha scritto F. De Bartolomeis in La psicologia delladolescente - ciò che si avrebbe diritto di amare”.

La società attuale, così com’è strutturata, a differenza delle società primitive, non aiuta affatto a risolvere lo stato di conflitto e d’incertezza della vita adolescenziale.

Gli adolescenti, per il comportamento contraddittorio dei genitori, per la mancanza d’assistenza psicologica, a livello individuale, per i valori contrastanti della società anomica e consumistica, sono costretti a lottare continuamente contro la frustrante realtà circostante.

Solo al momento della maturità, essi riconquisteranno l’equilibrio psicologico, al fine d’instaurare un rapporto di fiducia con gli altri, basato sul dialogo, e riusciranno ad acquisire identità ed un ruolo sociale ben definito.

5. L’adolescente: soggetto sociale

Le società primitive rilevano il passaggio dall’infanzia all’età adulta, attraverso cerimonie d’iniziazione. Con queste ognuno, come ha scritto l’antropologa Margareth Mead in Coming of age in Samoa, viene introdotto nel mondo degli adulti, senza subire grossi traumi.

Al contrario, nelle società industrialmente avanzate, l’individuo può essere avvantaggiato, perché, essendo la transizione più graduale e lunga, matura in modo cosciente, ma nella propria personalità si determina anche un periodo di conflitti e di incertezze.

Nell’adolescenza si registra, poi, un processo d’adattamento extra-familiare: amicizie più intime, amore verso l’altro sesso, tendenza ad assumersi responsabilità varie, necessità di prendere parte ad iniziative sociali, quali adesioni a circoli culturali e a movimenti politici. Nello stesso tempo, gli adolescenti rivestono un particolare interesse ad inserirsi nei gruppi dei coetanei; questi, infatti, offrono loro, fornendo sicurezza psicologica, la possibilità di mitigare le forme d’ansia, che nascono da conflitti insoluti.

Nel gruppo gli adolescenti discutono i propri interessi e trovano certezza alle proprie angosce, gettando le basi del ruolo che svolgeranno, in seguito, nella società degli adulti. Risolvere con gli altri i problemi ed avere comuni esperienze ci si prepara alla vita futura: se quest’esigenza si realizza in modo armonico, gli adolescenti si trovano inseriti in un’atmosfera di fiducia e di sicurezza. In caso contrario, possono emergere sentimenti di colpa ed atteggiamenti aggressivi.

L’adolescente inizia anche a stabilire atteggiamenti eterosessuali; per questo motivo, i rapporti amichevoli perdono la caratteristica dell’esclusivismo e diventano socialmente più aperti. La tendenza eterosessuale si manifesta, ad esempio, nella cura che ognuno nutre, in tale età, nei confronti del proprio abbigliamento e nel piacere particolare che prova nell’intrattenersi con persone dell’altro sesso.

All’inizio tale interesse emerge in modo scarsamente selettivo: è il periodo dell’estrema instabilità. L’adolescente, infatti, da un lato, potrebbe apparire come un soggetto preso totalmente nei rapporti con i coetanei dell’altro sesso, da sottomettervi ogni interesse, e, dall’altro, potrebbe addirittura abbandonare tale comportamento, rivolgendosi ad attività di natura sportiva o culturale. Esso nasce come soggetto sociale, quando, nelle società industrialmente avanzate, i tempi dell’istruzione e della formazione diventano maggiori e l’inserimento nel mondo del lavoro incomincia ad essere progressivamente ritardato.

L’adolescente, nei Paesi industrialmente avanzati e democratici, diventa, in ogni modo, un soggetto, socialmente riconosciuto come protagonista e come attore delle proprie iniziative, soltanto dopo la contestazione giovanile degli anni Sessanta del secolo appena trascorso.

6. Adolescenti e famiglia

La conquista dell’autonomia, durante l’adolescenza, nei confronti dei genitori è condizionata dalla natura del rapporto esistente tra la generazione dei padri e quella dei figli.

La famiglia, pertanto, gioca un ruolo fondamentale nell’evoluzione delle generazioni. Nelle società industrialmente avanzate, durante gli ultimi due secoli, la famiglia tradizionale o estesa è andata in crisi ed è stata sostituita da un nuovo modello familiare, detto nucleare. Quella è detta anche patriarcale; essa non solo fonda le proprie radici sulle esigenze del sistema socio-economico dell’agricoltura, ma anche sul numero dei componenti familiari.

Tutti i membri della famiglia patriarcale facevano capo all’autoritaria figura del padre ed erano in relazione al soddisfacimento della forza-lavoro necessaria per produrre, in modo autosufficiente, beni alimentari.

I ruoli erano immutabili; il padre di famiglia era in posizione di guida e, quindi, risultava l’unico referente nei rapporti sociali e materialmente il responsabile del mantenimento dell’intera famiglia; la donna, senza farsi coinvolgere nell’attività lavorativa e nei rapporti con la collettività, badava a tutte le incombenze domestiche. Anche i bambini assumevano, fin dall’infanzia, in tale famiglia, ruoli diversi.

I maschi aiutavano i padri nel lavoro dei campi; le femmine collaboravano con le madri nelle faccende domestiche. In seguito, con l’industrializzazione e con lo sviluppo tecnologico, si ha la “nuclearizzazione” della famiglia.

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La famiglia tradizionale si decompone, ristrutturandosi in un piccolo nucleo, composto di padre, madre e figli. Esistono alcune ragioni in base alle quali il processo d’industrializzazione ha permesso alla famiglia nucleare di diventare funzionale al mondo moderno e, quindi, di assumere una forma dominante.

La famiglia nucleare, però, nonostante sia funzionale alla società industriale, ha, tuttavia, non solo perduto tutte le funzioni tradizionali (economica, educativa, sanitaria, d’assistenza, comunicativa e così via), ma presenta anche numerose disfunzioni.

Nella famiglia tradizionale ci si poteva rivolgere, in caso di bisogno, ad una moltitudine di parenti; nella famiglia nucleare, quando qualche suo membro si ammala o incontra difficoltà nel lavoro l’intero nucleo familiare, non potendo contare sulla collaborazione dei parenti, entra in un grave stato di difficoltà e in una profonda crisi.

Una tale situazione, tuttavia, fa acquisire alla generazione dei figli più indipendenza ed autonomia nei confronti di quella dei genitori.

7. Adolescente e disturbi psicofisiologici

Le società tecnologicamente avanzate, soggette a continue e veloci trasformazioni, possono produrre nell’individuo disturbi mentali e psicofisiologici. Di solito, tali disturbi si manifestano in periodi di particolari cambiamenti sociali. Essi, poi, diventano dirompenti nel momento in cui anche un individuo, come, ad esempio, l’adolescente, si trova nella condizione di trasformazione fisiologica e psicologica.

I ragazzi adolescenti, costretti ad affrontare una quantità di richieste che la società pone e, nello stesso tempo, a controllare la rivoluzione biologica, scatenatasi durante la pubertà, non riescono a tenere stabile l’equilibrio psicofisico. Ciò non produce quasi mai problemi psichici gravi, ma predispone alla vulnerabilità e a forme di disturbo e di sofferenza psicologica.

Le forme di disturbo alle quali sono soggetti spesso gli adolescenti sono l’angoscia, la depressione, l’ipocondria, l’anoressia, la bulimia e così via. In genere l’angoscia, a differenza dell’ansia, è la paura dell’indeterminato.

L’adolescente angosciato prova, infatti, una paura improvvisa per qualche cosa che non riesce nemmeno a capire e ad individuare. Spesso è agitato ed inquieto; ha vertigini, nausee e mal di testa.

Le cause dell’angoscia, durante l’adolescenza, sono da attribuire, secondo alcuni studiosi, o ai difficili rapporti con i genitori oppure ai sensi di colpa, che in tale età si scatenano per le intense pulsioni aggressive e sessuali. Un’altra forma di disturbo adolescenziale è la depressione che può assumere o la connotazione di un senso di vuoto oppure quella della perdita d’identità. Spesso l’adolescente depresso avverte un profondo senso di vuoto.

Ciò avviene perché egli sta abbandonando l’Io infantile e ancora non possiede un “Io” adulto e, quindi, non è preparato ad affrontare la vita. Questa transizione gli produce un profondo stato d’angoscia, provando anche forti sentimenti, che non riesce ad esprimere. La seconda connotazione della depressione è quella della perdita d’identità. Questa si manifesta spesso quando s’interrompono bruscamente i rapporti di relazione con un genitore o con un amico.

Nella società attuale anche l’ipocondria è diventata una forma di disturbo molto preoccupante.

Numerosi adolescenti, ma non solo, si preoccupano, infatti, eccessivamente della propria salute, interpretando normali sensazioni come sintomi di una vera malattia. Tra gli adolescenti, oggi, si sono diffusi anche i disturbi psicologici dell’alimentazione: anoressia e bulimia.

La prima è una malattia, che, letteralmente, significa “mancanza d’appetito”; ad essa sono soggetti numerosi adolescenti, specialmente di sesso femminile. Essa è un grave disturbo mentale.

Il soggetto anoressico si percepisce, spesso contro ogni evidenza, obeso e, pertanto, rifiuta di mangiare. Oppure si siede a tavola e mangia regolarmente o meglio finge di mangiare, ma, appena dopo i pasti, si reca in bagno, per “vomitare”. In tali soggetti il progressivo dimagrimento non ha soltanto conseguenze fisiche e simboliche. Nelle ragazze adolescenti scompaiono i caratteri sessuali secondari (il ciclo mestruale s’interrompe e il seno si appiattisce).

In sostanza, le adolescenti, in modo inconscio, stanno rifiutando l’identità sessuale che hanno acquisito per fare, secondo alcuni studiosi, un “dispetto” alla madre. Esse arrivano al disturbo dell’anoressia, perché hanno vissuto un difficile rapporto con la madre (sono state trascurate durante l’infanzia).

Nell’adolescenza c’è anche chi ha un irrefrenabile bisogno di mangiare: il soggetto bulimico. Un buon appetito è, in verità, sintomo di benessere e di salute. Il cibo, quando si trasforma, però, in un’ossessione, in un’idea fissa, allora subentra il disturbo bulimico, che è una patologia di natura emotiva.

La bulimia è, come disturbo alimentare, più frequente, anche se meno evidente, dell’anoressia. Spesso il soggetto bulimico si autoprovoca il “vomito” e, quindi, non sempre è anche obeso. Il termine letteralmente significa “fame da bue”. Anche la bulimia è un disturbo che colpisce prevalentemente le adolescenti, che, a differenza delle anoressiche, hanno vergogna e provano un senso di colpa per il loro stato. Cercano di tenere, perciò, nascosto tale condizione.

I soggetti bulimici hanno una personalità fragile: basso livello d’autostima e preoccupazione di essere giudicati dagli altri. Secondo alcuni studiosi, il fattore di rischio che è causa della bulimia sarebbe la scarsa relazionalità affettiva tra i soggetti che ne sono affetti ed i loro padri. Uno degli strumenti per superare tale disturbo è la psicoterapia.

Oggi nel campo psicoterapeutico stanno avendo un certo successo sia le tecniche cognitive d’auto-osservazione sia la terapia di gruppo.

8. Adolescenza e sessualità

Nell’adolescenza, secondo Freud, compare, nello sviluppo dell’affettività e della sessualità, lo stadio genitale. In tale fase, gli impulsi sessuali riemergono prorompenti e sono indirizzati verso soggetti dell’altro sesso.

Il piacere è concepito in modo più completo, è spogliato del narcisismo delle altre fasi ed è volto all’amore verso gli altri. L’Io adolescenziale non sempre riesce a controllare l’aumento della pressione istintiva; spesso riemergono, in tale età, le pulsioni sessuali infantili e, quindi, si sviluppano conflitti e paure sulla propria identità sessuale.

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La sessualità, nell’età adolescenziale, si riflette sull’intera personalità di un individuo. L’adolescente, infatti, nello stesso momento in cui riorganizza la propria vita affettiva, a causa dei continui tentativi per liberarsi dalla dipendenza dei genitori, ha difficoltà a comprendere e a controllare le istanze sessuali e la realtà circostante. Egli, perciò, coltiva intensamente le amicizie fino ad idealizzarle.

L’esigenza d’indipendenza ed il distacco psicologico dall’ambiente familiare, da un lato, avviano l’adolescente verso la maturità e, dall’altro, lo avviano, rendendolo emotivamente insicuro, verso una situazione di conflitto emotivo e d’ambivalenza psicologica. Quest’ultimo tipo di disagio si trasforma, a volte, addirittura in un vero e proprio malessere fisico (mal di testa, disturbi gastrici e così via).

9. Gli adolescenti e l’amore

L’amore, spesso confuso con l’innamoramento, riveste, nella fase dell’adolescenza, un significato particolare. Esso è vissuto come valore assoluto ed è un cogliere nella persona amata soltanto qualità; di qui le continue delusioni.

L’amore vero e proprio è, invece, secondo lo psicologo americano Sternberg, una perfetta sintesi di tre fattori: emotivo (intimità), motivazionale (passione) e cognitivo (impegno).

Dal modo di combinarsi delle tre componenti (intimità, passione e impegno) nascono le varie forme d’amore:

  • quando è presente soltanto l’intimità nasce la simpatia;
  • quando è presente soltanto la passione si realizza l’infatuazione;
  • quando è presente soltanto l’impegno si ha l’amore vuoto.

Nel caso che manchi l’impegno e siano presenti sia l’intimità sia la passione nasce l’amore romantico; nel caso, invece, che venga a mancare l’intimità e siano presenti sia la passione sia l’impegno si ha un amore fatuo; nel caso, infine, manchi la passione e siano presenti tanto l’intimità quanto l’impegno si realizza un sodalizio d’amore.

L’amore ha, poi, una sua dinamica, che si sviluppa in alcune fasi:

a) incontro

b) attrazione

c) dipendenza

d) innamoramento

e) amore

La fase molto coinvolgente e, a volte, stravolgente è l’innamoramento. Questo è identificabile, per le sue caratteristiche, alla stessa adolescenza. E’ sempre trasgressione e frattura con il passato. Per chi è innamorato soltanto il presente è storia; il passato diventa preistoria. Attraverso l’amore, un individuo, avendo riacquistato l’equilibrio psicologico ed avendo costruito, nello stesso tempo, la sintesi dei tre fattori (emotivo, motivazionale e cognitivo), riesce a scorgere nella persona amata non solo qualità ma anche difetti e ad accettarla per quello che è nella realtà.

L’amore, perciò, al contrario dell’innamoramento, può essere rappresentato come continua conquista del bene altrui e come progetto di vita.

10. Adolescenti e droghe

Le droghe, nelle società occidentali, sono state, fino alla metà del Novecento, consumate soltanto da qualche stravagante intellettuale. Alla fine degli anni Cinquanta, però, con l’avvento delle società consumistiche e con il diffondersi delle comunicazioni di massa, la droga è diventata un’esperienza culturale e, nella maggior parte dei casi, è utilizzata per sentirsi e per percepirsi diversi.

I giovani rifiutano i modelli di società moderna e si avvicinano a quelle legate al mito della droga. Scoprono, così, intellettuali di culture alternative. Nasce il movimento “Beat”. Questo nuovo ed alternativo modo di percepire la realtà si sviluppa prima negli Stati Uniti d’America e, in seguito, per un processo indotto, si diffonde nell’intero mondo occidentale.

Negli USA il teorico di tale cultura è Leary, considerato addirittura il “profeta” dell’allucinogeno “LSD”. Egli ha come punto di riferimento la teoria di Marcuse, autore del libro Luomo a una dimensione, e, pertanto, sostiene che ogni essere umano potrebbe subire una veloce trasformazione e diventare un uomo completamente nuovo sia con la rivoluzione psichedelica sia con gli stimoli degli allucinogeni (estasi spirituale, pellegrinaggio religioso).

Nel 1968 scoppia, dopo un periodo di esaltanti successi negli Stati Uniti d’America, la contestazione giovanile anche nei maggiori paesi europei. Alcuni studiosi sostengono che le idee del “Sessantotto” siano fallite anche per responsabilità della droga.

Negli anni Settanta, intanto che alcune istanze della contestazione si sono incanalate nelle culture e nelle ideologie tradizionali ed altre si sono orientate verso organizzazioni terroristiche, la maggior parte dei giovani si è persa nelle nebbie del fumo degli spinelli, si è smarrita nell’ebbrezza delle amfetamine e si è dissolta nelle allucinazioni del LSD.

Il mondo, sognato durante la contestazione, è, in tal modo, rimasto un’utopia e le nuove generazioni sono state costrette, per lenire le ansie e per sfuggire alle insicurezze e alle frustrazioni, a rifugiarsi nei paradisi artificiali delle droghe.

Il consumo e la diffusione delle droghe sono diventati, così, fenomeni non controllabili. E’, perciò, diventato, oggi, urgente introdurre un’effettiva attività di prevenzione dei disagi giovanili.

L’uso della droga per un giovane non è, infatti, il punto di partenza di un disagio, ma il punto d’arrivo di una già avvenuta disgregazione a livello psicologico.

I disagi psicologici, è da tener presente, dipendono da una personalità fragile; nei giovani adolescenti sono addirittura una condizione normale di un periodo particolare dell’età evolutiva.

L’adolescente, da un lato, non è più bambino e, dall’altro, non è ancora adulto. In una simile ambivalenza, egli deve cercare una propria strada; si ribella ai genitori perché rappresentano il rifugio dell’infanzia da cui deve uscire; non riesce ad accettare nemmeno l’età adulta per paura delle proprie responsabilità.

Il conflitto sembra inestricabile. Fare, dunque, prevenzione, durante tale periodo dell’età evolutiva, deve innanzitutto servire a “sfatare” l’illusione che le sofferenze, le disgregazioni psicologiche ed i disagi possano essere risolti a livello psicologico; inoltre, deve stimolare nei giovani l’acquisizione di adeguati strumenti intellettivi, per interpretare facilmente le realtà, di codici linguistici, per esprimersi e per comunicare con gli altri, e di abilità cognitive ed operative, per intervenire sui problemi e per risolverli. Soltanto in questo modo si potranno, infatti, comprendere criticamente le veloci trasformazioni delle nostre società e riuscire, così, a convivere, senza alcun disagio, con esse e a governarne rigorosamente gli sviluppi.

 

Questo articolo, in formato integrale, è contenuto nel volume:
L'adolescenza. Conoscere e capire i giovani di oggi
Luigi Di Giuseppe (a cura di)
Scritti di P. Boccia, A. Costantini, L. Di Giuseppe, M. Dittrich, A. Vita
Introduzione di Loredana Petrone
2005, pagine: 80
Editore: Edizioni Psiconline

 

Prof. Pietro Boccia - Insegnante di Filosofia, Psicologia e Scienze sociali nei Licei socio-psicopedagogici e sociali

 

 


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