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Come sogna lo schermo. Concetti psicodinamici nella rappresentazione filmica del sogno

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Introduzione

Il cinema è sempre stato definito, fin dalle origini, una "fabbrica dei sogni", una macchina che produce artificialmente sogni.

Tuttora tale espressione è ben radicata nel linguaggio comune: il cinema viene visto come il più grande strumento di evasione, in grado di rappresentare e fare prendere corpo ai desideri degli spettatori, anche i più irrealizzabili.  

Già nel cinema delle origini era presente la consapevolezza che tra dispositivo cinematografico e sogno c'erano delle relazioni: se il cinema serviva a riprodurre la realtà, poteva anche "riprodurre" i sogni.  

Il cinema primitivo ha infatti tentato di trasporre sullo schermo il sogno stesso e una serie di stati onirici, come l'allucinazione, la follia, i deliri. Si è trattato spesso di una simulazione, se pur "inconsapevole", del sogno: lo spegnersi della luce in sala corrisponde, infatti, alla chiusura delle palpebre.  

Come il dormiente, lo spettatore ha bisogno che gli siano "offerte" alcune condizioni, una sala oscura, appunto, priva di rumori, in cui possa lasciarsi andare e sospendere quella vigile attenzione, che gli è normalmente richiesta nella vita reale.  

La sala oscura equivale ad una "caduta nell'inconscio", con un conseguente distacco dal mondo esterno. Quando si illumina lo schermo, il film evoca il sogno, in quanto una serie di immagini compaiono e ricompaiono, accavallandosi, proprio come accade nei sogni.  

In questo senso il cinema è costitutivamente onirico, e, quindi, in teoria, non avrebbe neppure bisogno di mettere in scena dei sogni.  

Il cinema offre ad un gran numero di persone la possibilità di sognare insieme lo stesso sogno e mostra i fantasmi dell'irreale. Si potrebbe parlare, in questo senso, di onnipotenza del cinema.  

Tuttavia il sogno cinematografico risulta artificioso, perchè "marca" la natura "mentale" delle immagini che mostra. La messa in scena del sogno, infatti crea un certo imbarazzo, trattandosi di una rappresentazione mentale. Imbarazzo in quanto il sogno filmico induce lo spettatore ad attribuire al personaggio un "regime di credulità", che, presente nelle altre sequenze, nel sogno viene a cadere. Di fronte alla sequenza onirica c'è una scissione di credulità tra personaggio e spettatore, "un effetto di rottura involontaria prodotto (...) dalla rappresentazione del sogno".  

La sequenza onirica "costringe" ad attribuire il sogno stesso ad un sognatore e il reale ("la coscienza del sogno") allo spettatore.  

Il sogno è un'esperienza soggettiva (noi vediamo con i nostri occhi le visioni "mentali" del personaggio"), determinata da una dose di irrazionalità, fertile elemento narrativo che il cinema utilizza tuttora abbondantemente.  

I sogni presenti nella storia del cinema sono veramente numerosi e spaziano fra i più diversi generi e autori, sebbene sia stato rilevato, forse a torto, che le sequenze oniriche vere e proprie sono rare. Anche se un certo onirismo è stato utilizzato fin dalle origini, prevalentemente nei generi noir e musical.  

Il sogno nel film diventa un sogno alla seconda potenza, dal momento che il cinema è già di per sè sogno.  

Il sogno filmico è la rappresentazione (possibile) di un ipotetico sogno, attribuito ad un personaggio. Si tratta di un sogno finto, costruito "come se" fosse un sogno vero, discendente da una serie di assunti e postulati inerenti la natura, le caratteristiche e le funzioni del fenomeno-sogno. Ecco da cosa deriva, allora (e non dall'inconscio di qualcuno) il sogno filmico. Da questa idea di partenza se ne può ricostruire il senso e le ascendenze.

Tenendo conto del fatto che la situazione dello spettatore è stata studiata da un punto di vista cognitivo, percettivo, dalla psicologia della gestalt e attraverso riscontri psicofisiologici, ci interessa, anzitutto, in questa sede esporre il punto di vista dinamico.  

Lo spettatore al cinema si trova di fronte ad uno spazio fittizio (non reale), ma che presenta tutti i caratteri della realtà: la sua percezione si sposta da una situazione concreta, (la sala, lo schermo bidimensionale) ad una fittizia, ma non meno reale, a livello psicologico, della prima (la storia del film).  

Il cinema è una "macchina dei sogni", anche nel senso che ha un'influenza sul pubblico maggiore di qualsiasi arte, in quanto trasporta lo spettatore in un'altra realtà, ideale, ma, al tempo stesso, reale. Lo spettatore cinematografico prova un'"impressione di realtà", derivante dal fatto che le immagini in movimento sullo schermo "prendono corpo", si materializzano.  

Secondo Musatti, ad esempio, il cinema parla direttamente all'inconscio dello spettatore, in quanto esso (l'inconscio) ha la capacità di risuonare emotivamente di fronte alle immagini filmiche e questo per la particolare somiglianza che presentano con le fantasie inconsce. (C. Musatti, 1971)  

Tale risonanza è forse uno dei principali fattori della diffusione del cinema, la forma d'arte che più si rivolge ad un pubblico di massa. Molti resti diurni dei sogni sono brani filmici. Ciò viene favorito dal fatto che la situazione dello spettatore si può definire "oniroide": durante il film lo spettatore sperimenta già una situazione onirica, che nel sogno amplifica.  

Lo spettatore partecipa alla situazione cinematografica attraverso i meccanismi dell'identificazione e della proiezione. Riportando le parole di Musatti: "per effetto dell'identificazione, lo spettatore è di volta in volta tutti i singoli personaggi, mentre per effetto della proiezione i singoli personaggi sono sempre lo stesso spettatore".  

Per quanto riguarda i vari punti di contatto fra cinema e sogno si rileva innanzitutto che l'uno e l'altro trasportano l'individuo in una situazione diversa da quella della vita reale. Per entrambi è necessaria una sospensione dell'attività vigile (la sala oscura, una certa immobilità dello spettatore, che presta attenzione alla visione, ricordano la condizione del sognatore).  

Sia il sogno sia il cinema rappresentano delle forme di evasione dalla realtà. I film, come i sogni, consentono di soddisfare desideri latenti, a seguito di un allentamento della vigilanza sul mondo esterno. Anche i film, inoltre, come i sogni si dimenticano facilmente e restano dei sedimenti nella memoria, andando a costituire il nostro background culturale.  

Fra sogno e film vi sono, però, anche delle fondamentali differenze. Innanzittutto, dal punto di vista della posizione dello spettatore, si può osservare che questi è fondamentalmente passivo, al contrario del sognatore, che "costruisce" i propri sogni. Mentre il sogno è individuale, il sogno cinematografico è collettivo, perchè rivolto ad un pubblico.  

Altra rilevante differenza è data dalla consapevolezza del soggetto: chi sogna non è consapevole di stare sognando, finchè non si sveglia, lo spettatore sa sempre di trovarsi al cinema (è pur sempre un sognatore sveglio). L'immagine filmica è un immagine reale e non mentale, come quella del sogno.   Da un punto di vista psicoanalitico, il sogno si rifà al processo primario, che risponde al principio di piacere; il cinema al principio di realtà, anche se permette di realizzare desideri inconsci, altrimenti irrealizzabili. Il film non è allucinatorio come il sogno (il sogno è la realizzazione allucinatoria di un desiderio), è semmai immaginario.

In realtà non si può parlare di una vera e propria teoria psicoanalitica sul sogno cui fare riferimento, ma di contributi sparsi di diversi autori sull'argomento. Sul fenomeno del sogno esiste una eterogeneità di interpretazioni, che riflette vari e difformi interessi, che vanno dalla tradizione popolare al sogno nella letteratura, al mito, alla fiaba.  

Allo stesso modo non esiste un genere specifico di "film onirico", ma una serie di film (e sono veramente tanti!) in cui il sogno è in qualche modo presente, al suo interno. Nella storia del cinema il mezzo più utilizzato e, forse il più "comodo", in quanto non confonde lo spettatore, spiazzandolo, è di contestualizzare il sogno attraverso la visione del personaggio che si addormenta (se la marcatura è a priori) o che si risveglia (se la marcatura è a posteriori).  

Vari film, tuttavia, presentano tracce di onirismo (quegli elementi come l'allucinazione, i deliri, le visioni), in cui i sogni veri e propri non sono riconoscibili e in cui sogno e realtà sono fattori spesso inestricabili.   In questa sede si è cercato di evitare di "psicoanalizzare" il sogno filmico (anche se la tentazione per un neofita è forte), attraverso una lettura dei vari punti di vista psicoanalitici. Un'interpretazione del genere sarebbe scorretta, in quanto siamo in presenza di un prodotto filmico, quindi di finzione, un "somnium fictum". E' errato considerare il sogno come "vero", reale, appartenente a qualcuno e quindi interpretabile, come fa lo psicoanalista con i sogni del paziente. Si tratterebbe di un grosso errore metodologico, dovuto forse ad un approccio superficiale all'argomento, visto che vengono a mancare sia il sognatore reale (abbiamo solo un personaggio che fa un sogno, costruito e pensato da altri), sia il contesto entro cui collocare il sogno come evento psichico significativo.  

L'intento, invece, è di esaminare gli elementi delle diverse sequenze oniriche presenti nei film, rintracciandovi gli echi di un'enciclopedia popolare, comprendente divulgazioni, semplificazioni di dottrine scientifiche, pregiudizi popolari, resti di teorie dell'antichità, ma anche, dove ciò risulta possibile, riferimenti alle specifiche teorie oniriche.  

Rappresentazione del sogno nel cinema

 "Il sogno esibito come sogno,non è un sogno,il il sogno esibito come finzione tiene segrete le pulsioni, i trasalimenti, l'inconscio, muovendosi dentro un universo percettivo, apparentemente negandosi".
Edoardo Bruno

Partendo dalle parole di Carcassone, secondo cui, se è vero che un film è un sogno, il sogno al cinema diventa un sogno del sogno, si rende necessario in tale sede analizzare brevemente come nella storia del cinema, dalle origini fino ai tempi recenti, è stato messo in scena lo strumento-sogno.(P.Carcassone, 1978)

Innanzitutto è utile definire che cos'è il sogno filmico: in prima istanza lo si può definire una rappresentazione ipotetica di un possibile episodio onirico attribuito ad un personaggio all'interno di una storia, con funzioni prevalentemente narrative.  

Volendo considerarlo secondo un'ottica psicodinamica, si potrebbe affermare che la messa in scena di un sogno è "una sequenza in cui la narrazione si sospende per introdurre una nuova linea, divergente o parallela, spesso caratterizzata da una mancanza di narratività, in cui le immagini si susseguono, apparentemente gratuite, dettate da quello che viene presentato, in quanto soggetto narrante, come l'inconscio del protagonista". Secondo questa linea la scena onirica diventa allora la scena dell'inconscio del personaggio, "luogo di conflitti anarrativi", ma, che per essere rappresentata, deve essere messa in scena "attraverso un'operazione almeno in parte cosciente".  

Nel film il sogno viene attribuito al personaggio, ma esso esiste solo in funzione di una storia e di un progetto narrativo, necessariamente agito da altri, all'esterno della finzione. Il sogno rappresentato può riflettere, allora, il punto di vista generale sui sogni, che appartiene ad un'impersonale istanza produttiva (più che ad un singolo autore) e da essa viene espresso. Tale istanza, che rappresenta le regole che governano l'industria del cinema, "scrive" il sogno cha appare nel film.   Se ci poniamo la domanda di chi è il sogno, possiamo affermare che il sogno cinematografico è una sorta di sogno a tre: "appartiene" al personaggio, all'istanza produttiva, allo spettatore. Al personaggio perchè ad esso viene attribuito; all'istanza produttiva perchè lo "costruisce"; allo spettatore perchè, tramite i processi di identificazione e di proiezione , lo vive e lo rielabora in funzione dei propri vissuti emotivi, "riscrivendolo". Ma, visto che il personaggio è semplicemente una funzione della storia, è soltanto attraverso l'intreccio della vicenda di finzione che il sogno del personaggio acquista un suo senso.   Qualunque sia lo scopo manifesto dell'istanza produttiva e il suo livello culturale, si può affermare che la rappresentazione del sogno si rifà, più o meno indirettamente, ad una o più teorie oniriche, che possono appartenere al passato o a culture diverse. Chi scrive, chi progetta il sogno fa riferimento al suo bagaglio di conoscenze personale, che è il risultato di una "enciclopedia di massa" sul sogno che è l'espressione di tutte le credenze e le conoscenze condivise da una cultura.  

Si può affermare, allora, che il sogno è teorico, perchè discende in qualche modo da una specifica teoria sul sogno o da una congerie di teorie diverse.  

Il sogno filmico possiede, da una lato le caratteristiche del sogno raccontato (è un racconto che il personaggio fa allo spettatore, razionalizzandolo e necessariamente riducendolo), dall'altro le caratteristiche dell'evento interiore, soggettivo (in virtù dell'"impressione di realtà" che ne deriva).  

Esso non è un vero sogno, in quanto è dell'istanza produttiva e non è neanche un sogno vero, perchè è un'invenzione, un'imitazione di un sogno plausibile, costruito in funzione del personaggio, della storia. Il sogno è stato al centro della ricerca cinematografica europea dagli anni Venti fino all'avvento del sonoro, a partire dall'espressionismo tedesco fino ad autori come Ejzenstejn e Buñuel.  

Attraverso il movimento surrealista il sogno è diventato una delle fonti di ispirazione dell'avanguardia francese. Ma ha avuto scarsa rilevanza nella produzione di quegli anni. Nella produzione commerciale il sogno è stato utilizzato prevalentemente come "facile" pretesto narrativo per introdurre un cinema fantastico, irrazionale, meraviglioso.  

Ci sono stati autori come Clair, Lèger, Ray, prima e successivamente Buñuel che hanno invece usato le forme e i meccanismi del sogno nei loro film non commerciali, senza utilizzare il "pretesto" del sogno.   Il cinema americano ha utilizzato il sogno in modo differente, rendendolo spettacolare in generi filmici come il musical, il thriller, il western, il noir, attraverso l'uso di particolari mezzi tecnici.  

Ci sono due fattori strettamente applicati ad Hollywood: il primo è che il sogno, non essendo soltanto una figura di stile, fine a se stessa, rappresenta un elemento portante nel racconto; il secondo è che le sequenze oniriche sono caratterizzate da un "arsenale tecnico": una musica da sogno, un montaggio da sogno, un'illuminazione da sogno.  

Il cinema americano ha fatto, inoltre, un uso sostanzialmente narrativo della psicoanalisi (enigma, suspence, trance, flash-back). L'onirismo in tale tipo di cinema si è però limitato ad effetti superficiali. Il cinema si è abbondantemente ispirato alle teorie psicoanalitiche, più o meno assimilate. Numerosi registi, fra cui Lang, Hitchcock, Bergman, Buñuel, per citarne solo alcuni, hanno utilizzato nelle loro opere un certo "freudismo", talvolta in modo scolastico, talvolta in modo "delirante".  

Ma, in generale, quello che emerge è che la rappresentazione filmica non è riuscita a restituire un'immagine completa della psicoanalisi freudiana. Il modello teorico di riferimento è, e continua ad essere tuttora, il metodo catartico, anteriore alla nascita della psicoanalisi vera e propria. Tale modello viene adottato, probabilmente, per ragioni ideologiche, culturali, spettacolari. Ma anche perchè il cinema tenta di mediare la paura (della malattia, del trauma, etc.) con un significato di rassicurazione. Pornon, da parte sua, evidenzia le difficoltà nel visualizzare i sogni sullo schermo, riportando il parere di Clair, secondo cui la macchina da presa darebbe un'intepretazione molto infedele del sogno: nonostante che il concatenamento degli episodi e l'asprezza del montaggio tentino di imitare il passaggio da un'immagine all'altra, (così come avviene nel sogno) raramente il sogno vero e proprio presenta lo spettacolo di scene complete come quelle che offre lo schermo.(C. Pornon, 1959)

Un'altra difficoltà sarebbe rappresentata dal fatto che nel sogno cinematografico il sognatore spesso è rappresentato in terza persona e venendo, quindi a mancare il processo di identificazione con l'eroe principale, il protagonista rimane un po' astratto. La soluzione più frequentemente adottata è quella di mostrare i sogni in prima persona.  

Un'ulteriore difficoltà è data dalla doppia natura dei sogni: fatti quotidiani, ma al tempo stesso puramente immaginari. Così succede che ci sia o un sogno troppo "reale" o una sequenza di fantasie gratuite.  

Funzioni del sogno nel cinema

Il discorso sulle funzioni del sogno all'interno del film si collega alla domanda a che cosa serve mettere in scena un sogno.

Attraverso la funzione del sogno filmico ci si può collegare all'idea, all'immagine, al modello di sogno che i diversi film prospettano.

Oltre ad una funzione drammaturgica o narrativa del sogno si può tenere conto di una funzione che riveste il sogno rispetto alla situazione del personaggio.

Per quanto riguarda la prima, il sogno può assolvere sostanzialmente a due principali funzioni:
a) Il sogno viene visto come espediente narrativo, attraverso cui raccontare una storia, un "riparo" sotto il quale il regista, o chi per lui, si nasconde per realizzare il suo progetto. In questo senso il regista ha la possibilità di "sfogarsi", presentando sequenze o intere parti di film di tipo fantastico, irreale, assurdo.
b) Può spiegare i conflitti, le motivazioni, le azioni, i travagli di un personaggio, contribuendo ad "illuminare" meglio il vero significato di eventi non chiaramente interpretabili altrimenti.  

Le funzioni del sogno rispetto al personaggio sono molteplici. Ci possono essere sogni che informano, che rivelano i conflitti del personaggio, sogni premonitori, oppure ancora sogni che ammoniscono.  

"Sogno o son desto?"

Risulta talvolta difficile in un film distinguere ciò che propriamente è il sogno da ciò che è la realtà (pensiamo ad alcuni film di Buñuel e di Fellini e, in generale, al periodo surrealista).

Non esiste confine fra essi e risulta vano e quasi impossibile il tentativo di volerli distinguere. Ci sono, poi, casi in cui quasi l'intero film è un sogno ("La città delle donne" di F. Fellini, "In compagnia dei lupi" di N. Jordan, "La donna del ritratto" di F. Lang) o ancora film in cui sono presenti allucinazioni, fantasie, deliri, visioni, ricordi, associazioni, ma non propriamente dei sogni. Ne sono esempi film come "L'ultima tentazione di Cristo" di M. Scorsese; "C'era una volta in America" di S. Leone; "Otto e mezzo" di F. Fellini; "La notte fantastica" di M. L'Herbier; "L'anno scorso a Marienbad" di A. Resnais.  

Ci sono anche film che si rifanno a meccanismi onirici, che sono, cioè, scritti secondo un linguaggio primario ("Un cane andaluso", "L'età dell'oro" di L. Buñuel; "Tre donne" di R. Altman), ma nei quali non vengono rappresentati sogni veri e propri.  

Il sogno nel linguaggio filmico

Nel cinema le sequenze oniriche devono essere chiaramente riconoscibili e contestualizzabili all'interno del racconto filmico, in modo che lo spettatore non abbia dubbi sul fatto che quello a cui assisterà è un sogno.

La sequenza onirica può essere marcata a priori o a posteriori, con effetti e implicazioni assai differenti. Il mezzo più comune per marcare inizialmente l'ingresso nel sogno consiste nel mostrare il personaggio che dorme. La funzione della marcatura a posteriori è diversa: lo spettatore dirà: "non si trattava che di un sogno", con il risultato di sminuire, in molti casi, il significato del sogno, intendendolo come pura fantasia a cui non si deve dare importanza, o anche di rassicurare lo spettatore che dirà: "meno male che era solo un sogno!". Nel caso di marcatura a posteriori è necessario che la sequenza onirica presenti caratteristiche simili o perfino indistinguibili dalla realtà.  

Il sogno filmico può essere marcato, rispetto al resto del film, "dall'interno", cioè attraverso particolari caratteristiche di contenuto della sequenza onirica. Si tratta di sequenze che si qualificano come tali, senza ricorrere a speciali marcature, perchè il loro contenuto fantastico, illogico, le rende facilmente distinguibili dal racconto diurno. Oppure dall'esterno, attraverso espedienti tecnici, come la nebbia che confonde i contorni delle immagini, il flou, le sovraimpressioni, lo schermo che trema, l'uso di grandangolari, dissolvenze incrociate, passaggio al colore o al bianco-nero; ancora, attraverso l'utilizzo di didascalie, o del dialogo. L'uso di tali espedienti tende a rendere un'"atmosfera da sogno" ed è applicato a quelle sequenze il cui contenuto è indistinguibile da quello della veglia.  

Nei film in cui c'è incertezza fra quello che è il sogno e la realtà, (in cui il sogno è uguale alla realtà) e che producono un dubbio sul loro regime, non vengono utilizzate particolari tecniche, perchè questo è l'intento. Non esiste un confine fra essi.  

Tipologie di sogni

Nella rappresentazione delle sequenze oniriche si possono rilevare degli elementi costanti che permettono di formulare una tipologia secondo un criterio visivo, riguardante il contenuto e le possibilità espressive del linguaggio cinematografico. (S. Capocchia, 1991)  

Tale tipologia considera quattro categorie di sogni filmici. La prima riguarda la rappresentazione onirica operata dal cinema delle origini, caratterizzata dalla semplicità dei mezzi espressivi utilizzati e, sostanzialmente, dalla finalità di rendere il sogno un evento spettacolare. Il sogno diventa, il più delle volte, semplice espediente per utilizzare dei trucchi, senza che il sogno possa essere visto come "rappresentazione di uno stato mentale 'verosimile'". Ne è un esempio "Le Rêve du maitre du ballet" di G. Méliès.

La seconda categoria comprende quelle sequenze che cercano di riprodurre i meccanismi messi in luce dalla psicoanalisi. Ne abbiamo un esempio in film come "I misteri di un'anima" di G. W. Pabst; "Il posto delle fragole"; di I. Bergman; "Una lama nel buio" di R. Benton.  

La terza categoria è quella che include sequenze in cui, tramite un montaggio molto veloce, sono presenti una serie di immagini, apparentemente non connesse fra di loro. I brevi segmenti che si susseguono "assumono significato in quanto oggetti di una visione onirica". Tale modo di rappresentare il sogno "è associata alla volontà di rendere evidenti particolari condizioni psichiche del personaggio diegetico". Si possono citare, a proposito, film come "Il bacio della pantera" di J. Tourner; "La donna che visse due volte" di A. Hitchcock; "Stati di allucinazione" di K. Russel; "Il pranzo di Babette" di G. Axel.  

La quarta categoria, infine, considera quei film nei quali sono presenti sequenze oniriche senza che alcuna marcatura attui una precisa distinzione fra sogno e realtà, costituendo, così una narrazione ambigua (attraverso uno "slittamento continuo delle voci narranti e la confusione fra piano oggettivo e quello soggettivo"). Ne sono un esempio i seguenti film: "Bella di giorno" di L. Buñuel, "Rosemary's baby" di R. Polanski.  

La tipologia di Eberwein che tiene conto sia della natura sia delle funzioni del sogno, esamina sogni basati sull'isomorfismo mente-corpo; sogni di eventi traumatici; "anxiety dreams"; sogni di desiderio; sogni prolettici. (R.T.Eberwein,1984)  

Fra i sogni che presentano isoforfismo mente-corpo, si possono distinguere due casi: sogni in cui c'è una relazione mente-corpo (il sognatore alla fine del sogno si comporta come nel sogno stesso, compiendo gli stessi gesti: "Sherlock jr." di B. Keaton), sogni in cui, invece, c'è una relazione mente-corpo (è lo stimolo fisico che influisce sul sogno: "Sunnyside"; His prehistoric past" di C. Chaplin).  

Sono un esempio di sogni di desiderio i seguenti film: "The bank", "Sunnyside", "The Kid", "The gold rush" di C. Chaplin; "Sherlock junior" di B. Keaton.  

Una sottocategoria dei sogni di desiderio potrebbe considerare i sogni di rivalsa, in cui c'è una negazione della realtà. Tale sottocategoria può comprendere sogni in cui è il personaggio che si trasforma ("Il viaggio immaginario" di R.Clair; "Der letzte mann" di F. W. Murnau) e sogni in cui è la realtà che viene trasformata ("The kid" di C. Chaplin).  

Fra i sogni premonitori si possono citare: "La notte fantastica" di M. L'Herbier; "Juliette o la chiave dei sogni" di M. Carnè; "Il braciere ardente" di I. Mosjoukine.   

I diversi significati della parola "sogno"  

È opportuna una trattazione sui diversi significati che il termine sogno assume nel cinema, citando alcuni esempi. La parola sogno nel linguaggio comune indica più un ideale, un'utopia, un desiderio, che un modo di pensare diverso rispetto a quello della veglia.  

Anche nei titoli dei film il termine indica un sogno ad occhi aperti, (l'appagamento di un desiderio), la speranza di realizzare qualcosa (il cosiddetto "sogno nel cassetto").   Ne sono un esempio i seguenti titoli: "Sogni di donna" di I. Bergman del 1954; "Sweet dreams" di K. Reisz del 1985; "Sogni d'oro" di N. Moretti del 1981; "Sogni nel cassetto" di R. Castellani del 1957.  

Oppure può essere anche visto come evasione dalla realtà: "Aiutami a sognare" di P. Avati del 1981; "La casa dei nostri sogni" di E.S. Potter del 1948; "Sogno biondo" di P. Martin del 1932; "Molti sogni per la strada" di M. Camerini del 1948; "Juliette o la chiave dei sogni" di M. Carné del 1950; "Sogni di gloria" di R. Nilson del 1987; "Le belle della notte" di R. Clair del 1952.   Oppure può indicare una fantasticheria: "Come in sogno" di C. Gyllemberg del 1953; "Prigionieri del sogno" di J. Duvivier del 1939; "Il doppio sogno dei signori X" di A.M. Tatò del 1980; "La notte fantastica" di M. L'Herbier del 1942; "Sogno di prigioniero" di H. Hathaway del 1935; "Fuga dal mondo dei sogni" di R. Bakshi del 1992; "Love dreams" di C. Finch del 1988; "Sogni proibiti" di N.Z. McLeod del 1947; "Sogno di una notte di mezza estate" di M. Reinhart e W. Dieterle del 1935. Delle volte la parola sogno nel titolo indica la realtà del dormiente: "The Dream of a Rarebit Fiend" di E.S. Porter del 1906, e "Le allucinazioni del Barone di Münchhausen" di G. Mèliés del 1911 sono due esempi di sogno, in cui il personaggio è vittima di un'indigestione. In "Sogni" di A. Kurosawa del 1989, il sogno è inteso dal regista come "'frutto dei desideri umani più puri (...) creati dalla persona che dorme in un momento in cui il cervello è privo di inibizioni'".   Il termine sogno nel titolo può rispecchiare anche l'intenzione del regista di rendere il film come una "mappa del sogno": "Un sogno lungo un giorno" di F.F Coppola del 1981, è il tentativo di rendere irreale, attraverso l'uso di immagini virtuali, lo scenario entro cui si muovono i due protagonisti.  

Inoltre ci sono dei film di fantascienza, in cui l'attività onirica viene utilizzata a scopo terapeutico, in cui i sogni vengono "violati" per scoprire la realtà del sognatore. Ne sono un esempio: "Dream lover" di A.J. Pakula del 1986 e "Dreamscape" di J. Ruben del 1984, in cui il personaggio, per scopi scientifici, entra fisicamente nei sogni delle persone.    

La posizione dello spettatore: cinema e psicoanalisi

Musatti ha analizzato i rapporti fra cinema e psicoanalisi, che si riferiscono principalmente a "determinati aspetti dell'immagine filmica", con uno stretto riferimento ai processi dell'inconscio. (C.Musatti, 1971) In particolare interessa all'autore analizzare il modo in cui lo spettatore vive ciò che viene proiettato sullo schermo.

Due sono i meccanismi psicologici fondamentali attraverso cui l'individuo partecipa alla situazione cinematografica: l'dentificazione e la proiezione.

Nella situazione cinematografica i fenomeni dell'identificazione sono molto intensi, in quanto lo spettatore si abbandona con tranquillità ai processi psichici che il film innesca, rassicurato dal carattere oniroide della situazione e dalla consapevolezza dei limiti di tempo propri della visione cinematografica.

 Attraverso il meccanismo dell'identificazione lo spettatore vive in prima persona la vicenda che gli viene presentata. Generalmente l'identificazione dello spettatore si polarizza sul personaggio principale, che, solitamente, "è un individuo che pensa, agisce come, secondo lo spettatore".  

Spesso i personaggi secondari permettono allo spettatore "identificazioni laterali" inconsce, che nella vita reale non sono permesse. Grazie a delle tecniche di riprese filmiche a raggi infrarossi, effettuate sugli spettatori in un sala cinematografica, si è potuto osservare l'attuazione somatica dei processi di identificazione. Lo spettatore non assorbe soltanto, attraverso l'identificazione, atteggiamenti e sentimenti dei personaggi del film, ma arrichisce quei personaggi delle proprie dinamiche interne, meccanismo che viene indicato con il termine di proiezione.  

La struttura rigida del linguaggio filmico consente un limitato esercizio di tale meccanismo, tuttavia la proiezione si manifesta tutte le volte che lo spettatore attribuisce ai personaggi del film sentimenti che sono, più o meno consapevolmente, suoi.  

Ogni film è un test proiettivo, indipendentemente dall'intenzione del regista, in quanto ogni volta che lo spettatore si riferisce al film attua inevitabilmente dei processi proiettivi.  

I meccanismi della proiezione e dell'identificazione agiscono contemporaneamente ed interferiscono fra loro. Infatti l'identificazione iniziale con un personaggio facilita in un secondo momento la proiezione; mentre la proiezione rinforza l'identificazione, che rende "l'altro" più simile a "sè".  

Musatti, sottolineando la capacità che ha il cinema di parlare direttamente all'inconscio dello spettatore, ha raccolto diverse "prove" di questa ipotesi: innanzitutto i casi di attacchi di "angoscia cinematografica", in cui l'individuo, preso da una paura immotivata, si sente addirittura in pericolo di vita. Alcune persone, infatti, sviluppano una vera e propria fobia del cinema, arrivando ad evitare le sale cinematografiche. Lo spettatore che assiste ad una vicenda a lui del tutto estranea, può immedesimarsi con la situazione descritta sullo schermo fino a produrre tali forti manifestazioni emotive.  

Un'altra prova è costituita dal fatto che, quando alcuni pazienti frequentano il cinema, molti resti diurni presenti nei sogni sono immagini e situazioni estratte da film. Ciò è dovuto alla situazione "oniroide" in cui lo spettatore assiste al film, che può di fatto favorire la comparsa di brani filmici nei sogni.

Secondo Metz "l'esercizio del cinema è possibile solo attraverso lepulsioni percettive", cioè la pulsionescopica (desiderio di vedere) euella invocante (desiderio di ascoltare). (C.Metz, 1989) Il cinema (come del resto la pittura, la musica, il teatro e la letteratura), utilizza i cosiddetti sensi a distanza, cioè l'udito e la vista. Tali arti tengono a distanza l'oggetto, inteso come oggetto del desiderio, come oggetto perduto, in quanto non può essere raggiunto. Il cinema si radica nel voyeurismo dello spettatore, nasce, cioè, come rappresentazione simbolica dell'oggetto perduto che il voyeur tiene adistanza, perchè colmarla significherebbe toccare l'oggetto, goderne, consumarlo e quindi fare morire la pulsione.  

Mentre nel teatro l'oggetto è presente, "potenzialmente raggiungibile" e "consenziente", nel cinema questo non accade perchè l'oggetto è immaginario (impossibilità di avvicinarlo).  

C'è, quindi maggior distanza dall'oggetto. Nel cinema, dato che non c'è rapporto con l'oggetto, c'è l'immaginario: mancando l'oggetto, il voyeur cinematografico si pone in una dimensione ideale, evocando il rapporto con l'oggetto perduto o scena primaria (mentre là c'era la coppia genitoriale che ignorava il bambino, qui c'è la storia del film che ignora lo spettatore). Il cinema si radica nell'inconscio anche attraverso un'altra via: il feticismo. Come nel caso del feticcio, che ha lasciato intravedere la mancanza e su cui si investe, si crede e nello stesso tempo non si crede a ciò che si è visto, così nel cinema c'è sia partecipazione (si crede) sia distacco ("è solo un film"). Lo spettatore, nel momento in cui si concentra sulla tecnica cinematografica e si stupisce di essa, è un feticista che non vuole lasciarsi coinvolgere dalla storia, cercando appunto nell'aspetto tecnico il punto da cui partire per non credere, per poter dire:"è solo un film, ma guarda che effetti speciali". "Il film non è un esibizionista. Lo guardo ma lui non mi guarda mentre lo guardo". Tuttavia sa che io sono davanti a lui. In altre parole la storia del film non vuole sapere che la si sta guardando, essa si svolge senza tenere conto del pubblico: è la parte inconsapevole del film. La parte istituzionale del film, il discorso, invece, sa che io ci sono e sa che lo sto guardando.

Un discorso a parte meritano le aspettative dello spettatore. Un film piace nel senso comune del termine, solo se alletta a sufficienza i "fantasmi" di chi lo guarda; se invece li eccita poco o troppo poco non piace più. Da questo meccanismo fondamentale infatti nasce il successo di un film.  

Dunque il film può allettare quanto contrariare il fantasma dello spettatore (un esempio di delusione del fantasma si ha quando si assiste alla visione di un film tratto da un libro che abbiamo già letto e sul quale ci siamo formati già dei fantasmi).  

La maggior parte dei nostri fantasmi, spiega Musatti, è di natura aggressiva ed erotica, fatto che spiega il grande successo di film che ricalcano questi due temi. Attraverso l'evasione dalla vita reale quotidiana che il cinema permette (consentendo di "entrare" in una vita fittizia), lo spettatore ha la possibilità, identificandosi con i vari personaggi, di soddisfare le sue pulsioni, anche quelle che, in altri contesti, non avrebbe il coraggio di esprimere e che qui, invece, "esterna" senza sentirsi in colpa.  

Rapporti fra cinema e sogno

I rapporti fra situazione cinematografica e situazione onirica sono stati messi in evidenza soprattutto da autori di estrazione psicoanalitica, come Musatti e Metz. D'altra parte anche registi e teorici del cinema, come Ejzenstejn hanno paragonato la situazione cinematografica agli stati ipnotici, riconoscendo al cinema la capacità di provocare una regressione psicologica nello spettatore.

Fra film e sogno si possono stabilire alcune analogie.
* Come il sogno avviene durante il sonno, in cui c'è una sospensione dell'attività vigile, così durante la proiezione cinematografica i contatti con l'ambiente circostante sono limitati (si spengono le luci, si limitano i rumori...). Esiste un'equivalenza fra la sala buia del cinema e la caverna di Platone e ancora fra lo schermo e il seno materno.

* Sia il sogno sia il cinema rappresentano delle forme di evasione dal mondo reale.

* Per Musatti le immagini oniriche hanno qualche cosa in comune con le immagini filmiche, perchè sono per lo più acromatiche o perchè sono talvolta costituite da episodi non collegati come le sequenze di un film. Concetto che viene espresso anche da Chasseguet-Smirgel, per cui la possibilità di passare da un piano all'altro senza "un lavoro della ragione", che il cinema esclude per definizione, avvicina qualsiasi film al lavoro di elaborazione ed espressione dell'inconscio.

* "Chi sogna è (...) regista del proprio sogno, sceglie i punti di vista, sceglie di essere dietro la "macchina" ma anche in campo, ne sceglie i piani, il sonoro, il montaggio, chi sogna riprende e proietta contemporaneamente (...). Chi sogna fa un film, da milioni di anni, come chi fa un film sogna, da poche decine di anni".

* Un'altra analogia è costituita dal fatto che, come i sogni soddisfano desideri inconsci che non ammetteremmo nella vita reale, così durante il film gli spettatori sono molto più tolleranti nei confronti delle situazioni evocate di quanto lo sarebbero nei confronti di fatti reali a cui fossero costretti ad assistere. I film, come i sogni, ci consentono di allentare la sorveglianza che esercitiamo su noi stessi, permettendoci di soddisfare desideri latenti che noi non possiamo o non vogliamo soddisfare nella vita reale.

* Partendo dalla concezione freudiana sulla funzione del sogno come custode del sonno, si potrebbe dire che anche il film mantiene il pubblico nel suo "sonno", perchè ha una funzione conservatrice.

* Nella misura in cui il lavoro dell'inconscio attraverso i sogni obbedisce alla condensazione, allo spostamento, alla figurazione o ad altre "leggi" del lavoro onirico, ci sono registi nei quali la capacità di parlare per immagini è più vicina ai processi primari che in altri (vengono citati, come esempi, Fellini e Buñuel).

* I sogni, come i film, si dimenticano facilmente e si modificano nella memoria perchè mancano di punti di ancoraggio nella vita reale.

* Il tempo e lo spazio del cinema sono diversi da quelli propri della vita reale, come accade nei sogni.

Ci sono, comunque, delle differenze fra cinema e sogno.

-Il sogno è un'evasione che produciamo noi stessi, mentre lo spettacolo cinematografico è un'evasione che ci viene offerta da altri.

-La posizione dello spettatore è totalmente passiva, perchè assiste soltanto, mentre il sognatore ha un ruolo attivo, agisce.

-Il sogno è certamente più individualizzato rispetto al film che è rivolto ad un pubblico. Esso è un "individuo collettivo" a cui è attribuito un inconscio individuale, quello dell'autore.

-Il sogno è un'illusione di realtà, il film ne dà solo l'impressione.

-La percezione filmica è una percezione reale, non è un processo psichico interno come è il sogno. L'immagine filmica è un'immagine reale e non mentale. Tuttavia, se è vero che l'illusione diegetica è meno forte di quella onirica, è anche vero che è più singolare perchè è l'illusione di un uomo sveglio. Sono, infatti, immagini vere che qui vanno a nutrire, quando ci riescono, il fantasma dello spettatore. Dire "è solo un film" ha minor effetto che dire "è solo un sogno".

-Il film si rifà prevalentemente al principio di realtà, mentre il sogno si rifà al principio del piacere; ma se lo spettatore intrattiene con il film una relazione d'oggetto e quindi partecipa al principio di realtà, accade anche che si verifichi un ritorno al principio del piacere attraverso il soddisfacimento di desideri latenti.

-La regressione totale è possibile solo nel sonno ed è per questa ragione che lo spettatore di un film, che non dorme, resta incapace di una vera allucinazione, anche quando la finzione è tale da riattivare fortemente i suoi desideri.

Radici del sogno nella tradizione popolare

Prendendo spunto dal libro di Hagge "Il sogno e la scrittura" si può tracciare un breve excursus sul significato del sogno nelle varie epoche, per capire come è stato visto il fenomeno-sogno nella tradizione popolare e nel pensiero prescientifico.

Il sogno, esperienza per definizione soggettiva e "inaffidabile", può essere investito di significati "più o meno arcani", rispetto ad istanze religiose, filosofiche, fisiologiche, morali. Il sogno ha innanzitutto una natura culturale in quanto "molti tipi di struttura onirica dipendono da schemi di credenze trasmessi per il tramite della società, i quali non ricorrono più quando tali credenze scompaiono".  

Si può allora estendere questo pensiero dicendo che vivere in epoche diverse e facendo parte di classi sociali differenti comporti, quindi che si sogni anche in modo diverso. Questo assunto contraddirebbe la "pretesa di universalità" che caratterizza il metodo psicoanalitico classico, che si basava principalmente sui sogni di una clientela borghese.

Per i popoli antichi il sogno era visto in rapporto stretto con la divinità: se ne servivano per ricevere indicazioni terapeutiche. Il sogno era un messaggio divino che aveva un grande valore: era un "responso" di cui tenere assolutamente conto.  

Nella cultura greca il sogno riveste un'enorme importanza. Esso corrisponde ad un bisogno psicologico di certezze: attraverso il sogno i greci cercavano le risposte agli interrogativi più inquietanti. La funzione del sogno aveva quindi significato di chiarificazione, di aiuto. Per il filosofo Aristotele, invece il sogno non ha una natura divina, ma demoniaca. In generale esso si identifica con l'attività psichica del dormiente e non proviene quindi da una rivelazione soprannaturale.

Risulta difficile classificare i sogni: la storia ci ha tramandato molteplici criteri di classificazione. Da ciascuna emerge, comunque, un diverso modo di concepire il mondo.   Secondo una tassonomia antichissima si possono distinguere i sogni in veri o falsi. I primi hanno la funzione di mettere in guardia il dormiente, di predirgli il futuro, mentre i secondi tendono a confonderlo. Considerando la classificazione di Gruppe, che Freud utilizza ne L'interpretazione dei sogni, si possono distinguere cinque tipi principali di evento onirico: visio, oraculum, somnium, insomnium, phàntasma. La visio è una profezia diretta, fatta in prima persona, di eventi reali, specifici e vicini nel tempo: è il caso più sicuro da riconoscere. L'oraculum è anch'essa una profezia, ma meno chiara. Il somnium, invece, richiede la consulenza di un interprete professionale che sia in grado di "leggere" nei simboli più o meno oscuri del codice onirico. Gli ultimi due tipi di sogno derivano da stimoli fisici o psichici provienienti dal sognatore. Da questa classificazione dei sogni, come si vede, viene escluso l'incubo.

Artemidoro opta invece per una semplificazione riducendo a due categorie: i "sogni" (che sono premonitori) e gli "insogni" (che rimandano all'esperienza passata o presente del sognatore). Solo i primi hanno efficacia divinatoria, mentre gli altri sono semplicemente un incidente del sonno.

I due massimi esponenti dell'oneirocritica, Artemidoro di Daldi ed Elio Aristide, sostengono (con piena fiducia) le capacità divinatorie del sogno. Secondo i Romantici l'evento onirico viene visto alla luce di un'atmosfera di attesa quasi messianica rispetto a dei miracoli dei quali le immagini oniriche si farebbero portatrici. La mitologia romantica predilige l'aspetto "notturno" della vita rappresentata da fenomeni come la visione, l'allucinazione, "forme di vacanza di pensiero".  

Anche i Surrealisti, come i Romantici, apprezzano nel sogno le qualità fantastiche. Il sogno è un mondo sconosciuto, popolato di personaggi e paesaggi a volte fuori dalla realtà, dove illusione e realtà si fondono. Essi usano il sogno come fonte d'ispirazione per la loro poetica. Tutta la produzione surrealista potrebbe, in fondo, considerarsi onirica. Freud partì dalla domanda fondamentale se il sogno sia memoria o se non sia, invece, una riproduzione fine a se stessa, condizionata da stimoli psico-fisici (vengono distinte le varie fonti del sogno che possono essere stimoli sensoriali esterni o interni, stimoli organici o stimoli psichici). L'"Interpretazione dei sogni" si pone in una prospettiva di recupero del valore significativo dei sogni. Infatti secondo Freud interpretare un sogno significa riconoscergli un senso. Dei due metodi utilizzati dalla tradizione "profana", quello simbolico, la cui interpretazione è legata alle particolari doti di chi interpreta il sogno e quello "cifrato", in cui "ogni segno viene tradotto secondo una chiave prestabilita, in un altro segno di significato conosciuto", Freud è più vicino al secondo metodo.  

Secondo Hagge il sogno è un evento, "accade". Da evento paradossale, si ordina secondo codici diversi che, spesso si escludono a vicenda da un punto di vista di compatibilità logico-scientifica, ma che nell'orizzonte mentale dell' "uomo medio" convivono. Se il sogno è "un codice culturale", nella parte di "enciclopedia di massa" che riguarda i sogni, che rappresenta il substrato culturale dell'uomo medio, convivono tutti i codici, tutte le opinioni esprimibili: i proverbi, le ipotesi magico-popolari, i ricordi dei propri sogni, i racconti di quelli altrui, i resoconti di sogni "storici". In questa enciclopedia popolare l'idea che i sogni dipendono dalla digestione convive con quella che essi possano talvolta essere profetici o almeno premonitori.  

Un sogno può essere interpretato a vari livelli: può segnalarci una disfunzione fisica (per esempio un'infiammazione tramite l'immagine del fuoco), una situazione conflittuale sul piano psichico (il fuoco diventa allora uno stato di eccitazione) ed essere anche premonitore (il fuoco è un incendio che si sta sviluppando in quel momento o nel futuro).  

Il somnium fictum, il sogno di finzione, non è una questione di effetti speciali come accade nei film commerciali (uso di grandangoli, dissolvenze incrociate, fumi, smerigli, flou). Del sogno si può simulare, narrandolo, l'incoerenza o la libertà associativa; o la capacità ipermnestica di evocare tempi trascorsi e persone defunte, ma anche la gradevolezza, la fumosità. In che cosa consiste allora lo specifico onirico?   Bisognerebbe chiedersi oltre a come è fatto, soprattutto a che cosa serve: ad evocare il passato, a far parlare con i defunti, a rivelare i sentimenti nascosti di un personaggio. Quindi non soltanto chiedersi come è il sogno rappresentato, che cosa sia, ma quali sono le sue funzioni. L'evento onirico è caratterizzato da una condizione di "inattendibilità" dell'esperienza: gli dei parlano, il futuro è previsto o falsificato, il tempo si ferma, il passato ritorna, i morti tornano in vita, la realtà si trasforma miracolosamente. La questione risponde allora ad un'esigenza funzionale: si ricorre al sogno quando si vogliono ottenere determinati effetti.    

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Dott.ssa Sara Savio
Psicologa, Bologna

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