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Le comunità recintate ed il dibattito sui muri

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I muri, le barriere ed i confini svolgono funzioni emotive forti e profonde nella nostra psiche, che potrebbe spiegarci perchè questo dibattito susciti cosi tanta passione.

Muri confini

La discussione sul Presidente Trump ed il muro al confine col Messico, devia l'attenzione dal fatto che una delle trasformazioni recenti più significative del paesaggio degli Stati Uniti sia la rapida espansione delle comunità recintate. In altre parole, i muri sono presenti già all'interno del paese non al confine.

E' aumentato il bisogno delle persone di essere circondate da barriere e da muri per i confini. L'evidenza vissuta nel mondo nell'aumento di divisioni di confini con i muri ci dovrebbe far riflettere: come l'articolo che ha come titolo "Comunità recintate e crimini negli Stati Uniti" di Branic e Kubrin. La ricerca mostra come le comunità recintate siano cresciute nel tempo negli Stati Uniti. Un esempio nazionale rappresentativo è stato dato dalla American Housing Survey (AHS) del 2001, la quale riportava che 7 milioni di comunità recintate e con muri, rappresentavano il 6% del campione, con oltre 16 milioni di persone che vivevano all'interno di queste comunità recintate. Gli autori dello studio hanno argomentato che il numero dei richiedenti case all'interno di queste comunità è in continuo aumento, questo implica che il numero attuale delle comunità recintate ha avuto un aumento notevole rispetto alle stime precedenti.

Questo accade soprattutto nella regione del Sun Belt (in italiano traducibile come "Fascia Solare", ndr) che include stati come Arizona, California, Florida e Texas, in cui queste comunità recintate sembrano essere un fenomeno mondiale. Cosi le costruzioni di "fortini" appaiono presentarsi quando le persone hanno paura di crimini e persecuzioni e si aspettano che le recinzioni ed i muri possano proteggerle dando sicurezza e salvezza. La paura degli altri sembra essere il fattore chiave e si traduce in quello che viene chiamata "la fuga dei bianchi" dal vivere vicino gli immigrati o a membri di gruppi di minoranze. Le comunità recintate rappresentano una omogeneità: la demografia dei residenti tende ad essere più simile quindi a livello psicologico i muri rappresentano la linea di confine che amplifica la categorizzazione tra "noi e loro".

Branic e Kubrin scoprirono nella loro ricerca che nelle comunità recintate ci sono il 42,4% di crimini violenti in meno ed il 22,8% di riduzioni di reati contro le proprietà rispetto alle comunità non recintate. Sembrerebbe essere evidente che i muri non siano una brutta cosa: non è casuale che aiuti le persone a sentirsi più sicure. Gli oppositori della costruzione di muri vorrebbero riuscire a capire come far sentire psicologicamente più sicure le persone rispetto alla paura degli altri. La ricerca di Kubrin e Ousey: "Esplorando le connessioni tra l'immigrazione ed i crimini violenti nelle città americani dal 1980 al 2000" puntualizzò che le indagini ripetute negli anni rivelano che gli immigrati commettono meno crimini rispetto ai cittadini americani. Gli studi empirici continuano a trovare che i livelli di crimini, arresti ed incarcerazioni sono più bassi tra gli immigrati.

Lo studio, pubblicato sul giornale accademico "Social Problems", mostrò che i bambini di immigrati nati negli USA avevano livelli di crimine maggiori rispetto ai genitori: un processo di "Americanizzazione" che aumenta i livelli di crimine. Gli autori della ricerca argomentarono su come il fatto che le comunità latine siano fortemente coinvolte in traffici di droghe e violenze fosse solo una percezione comune. Lo stereotipo si riflette ed è rinforzato dai film hollywoodiani. Le evidenze attuali mostrano come le comunità latine non siano coinvolte in traffici di droga nè in gang violente. La realtà è che molti immigrati sono più motivati ad andare negli USA per motivi economici ed opportunità educative per i figli che non sono accessibili nei loro paesi. Loro disperatamente vorrebbero vivere meglio, trovare un lavoro che non sia alla giornata ma nell'interesse di un avanzamento a lungo termine.

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Come risultato, sono più tendenti ad evitare di andare in contrasto con le norme ed i valori della società americana. L'immigrazione è spesso estremamente ardua, richiede pianificazione e risorse. Quelli che tentano di compiere il viaggio attraverso le frontiere hanno meno probabilità di diventare criminali. Tutto le evidenze, in accordo con gli autori, mostrano che i livelli di immigrazione in aumento dovrebbero di fatto ridurre la criminalità della popolazione americana, guidando a percentuali di reati minori a lungo termine. Il loro studio ha anche trovato che una unità in aumento nell'indice di immigrazione è associato con un decremento di 235 crimini violenti per 100000 persone negli USA.

I loro studi raggruppano dati del 1980,1990 e 200 dell'Ufficio del Censimento su crimini, immigrazione e varietà demografica, economica e fattori sociali delle 159 città Usa più grandi, per valutare la natura della relazione longitudinale tra immigrazione e reati violenti. Differentemente dalla visione più popolare che vede un maggior contributo dell'immigrazione rispetto all'aumento dei livelli di criminalità, i risultati suggeriscono l'opposto. In media, le città americane in cui vivono gli immigrati dal 1980 al 2000 hanno beneficiato di decrementi nei livelli di reati violenti. Gli autori concludono che le loro ricerche suggeriscono che l'immigrazione di fatto protegge l'USA dalla criminalità.

Ousey e Kubrin hanno pubblicato una review più recente sull'ultima generazione (1994-2014) intitolata: "L'immigrazione ed il crimine: Valutazione di un contenzioso" che indica come l'associazione immigrazione/criminalità sia errata, anzi che gli immigrati siano associati con minor crimini comparati alla popolazione del posto. Molte ricerche incluse nell'analisi, pubblicata sulla "Rivista Annuale di Criminologia", prende in indagine risultati di 50 studi, non mostra correlazioni tra gli immigrati ed i crimini: l'immigrato è 2,5 volte più tendente a non commettere reati rispetto a commetterli.

In accordo con Wessel, scrittrice su "Knowable Magazine", Kubrin era ispirato ad investigare il collegamento tra immigrazione e crimine da un famoso studio condotto a Chicago dal sociologo Robert Sampson. Egli scopri' che le prime e seconde generazioni di immigrati erano, rispettivamente, 45% e 22% in meno tendenti a commettere reati violenti rispetto alla terza generazione di figli nati in America. Tutte le ricerche suggeriscono che i muri non proteggono cosi tanto dai criminali, piuttosto li chiudono a chiave.

Riferimenti Bibliografici:

  • G.C. Ousey & C.E. Kubrin (2009): "Exploring the Connection between Immigration and Violent Crime Rates in U.S. Cities, 1980–2000" in "Society for the Study of Social Problems" for "Oxford University Press";
  • L. Wessel (2018): "Immigration isn’t linked to higher crime rates — but not everyone can believe it" in "Knowable Magazine";
  • N. Branic & C.E. Kubrin (2018): "Gated Communities and Crime in the United States" in "Oxford Handbook of Environmental Criminology" edited by G. Bruinsma and S. Johnson for "Oxford University Press".

 

 

A cura del Dottor Claudio Manna

 

 


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