L'alleanza terapeutica in pazienti con disturbi dissociativi
L’alleanza terapeutica è un fattore chiave nel miglioramento dei sintomi e dello sviluppo di capacità adattive in pazienti con disturbi dissociativi
Il presente studio ha cercato di indagare e delineare l’impatto dell’alleanza terapeutica nel risultato del trattamento per pazienti con disturbi dissociativi.
Ricerche recenti hanno mostrato che l’alleanza terapeutica gioca un importante ruolo nei risultati del trattamento di individui con una varietà di disturbi, incluso il Disturbo post-traumatico da stress.
Tuttavia, questo stesso aspetto non è stato approfondito dalla letteratura rispetto ai disturbi dissociativi.
Da un punto di vista teorico-concettuale, la dissociazione è definita come “una distruzione e/o una discontinuità nella normale integrazione della coscienza, memoria, identità, emozione, percezione, rappresentazione corporea, controllo motorio e comportamento” (American Psychiatric Association, 2013).
I disturbi dissociativi presentano altresì aspetti neurobiologici non trascurabili come un’eccessiva inibizione del sistema limbico e alterazioni che coinvolgono il sistema endogeno degli oppiodi.
La categorizzazione da parte dell’American Psychiatric Association (APA) dei disturbi dissociativi di identità, presenta il disturbo dissociativo come caratterizzato da due o più stati di personalità che mostrano una discontinuità rispetto al senso di sé con conseguenti alterazioni dei comportamenti, della memoria, della percezione, della cognizione e dei sentimenti, così come amnesia per eventi e/o esperienze traumatiche.
La comprensione, la diagnosi e il trattamento del Disturbo dissociativo di identità è un serio problema nel settore della salute mentale.
Nonostante questo si riscontri nel 5% di pazienti in trattamento e nell’1% della popolazione generale, solo pochi clinici hanno ricevuto un training adeguato nell’effettuare una diagnosi e un trattamento accurato di tale disturbo.
Anche tra i clinici più esperti del disturbo dissociativo dell’identità, il trattamento non è standard, in quanto dipende dalla gravità e la cronicità della sintomatologia, nonché dalla scarsa propensione di tali pazienti a fidarsi degli operatori della salute mentale.
Il disturbo dissociativo di identità è spesso determinato dalla presenza di un grave trauma infantile; il trattamento di questi disturbi spesso richiede molti anni, e il processo è reso complicato dalla comorbidità con altre psicopatologie, nonché dalla presenza di ideazione suicidaria.
Pazienti con disturbo dissociativo dell’identità soddisfano i criteri per una varietà di disturbi in Asse I e in Asse II.
Rodewald et al., hanno infatti riscontrato che in un campione composto da 66 donne con diagnosi di disturbo dissociativo dell’identità, o disturbo dissociativo non altrimenti specificato, queste presentavano 5 comorbidità, tra cui in particolare, il più ricorrente era il disturbo post traumatico da stress.
Le linee-guida internazionali suggeriscono che la terapia del disturbo dissociativo dell’identità debba partire dall’analisi e raccolta di informazioni inerenti il trauma, e stabilire alcuni obiettivi fondamentali quali: aiutare il paziente a stabilizzare i sintomi correlati alla dissociazione e al disturbo post-traumatico da stress; diminuire i comportamenti auto-distruttivi e suicidari; sviluppare consapevolezza e cooperazione con gli stati del Sé dissociati; accrescere la consapevolezza, la tolleranza e la regolazione affettiva; risolvere le esperienze traumatiche; e in ultimo, sviluppare un senso interiore del Sé più integrato.
I clinici più esperti hanno enfatizzato l’importanza dell’utilizzo della relazione tra paziente e terapeuta come un veicolo per aiutare il cliente a comprendere e risolvere le sue difficoltà relazionali correlate ad aspetti disfunzionali dell’attaccamento e del trauma infantile.
Nonostante tutti questi suggerimenti, gli autori del presente articolo hanno sottolineato l’importanza di effettuare nuove ricerche circa i risultati del trattamento.
L’auto-distruttività e l’ideazione suicidaria cronica che caratterizzano questi disturbi necessitano di un trattamento a lungo termine che spesso non consente di poter essere studiato, soprattutto nei casi di Trial clinici randomizzati.
Le ricerche che sono state effettuate in questo settore, hanno analizzato per lo più la presenza della comorbidità e della gravità sintomatologica di tali pazienti, ma nessuna di queste ha esaminato il processo riguardante l’alleanza terapeutica.
Questa componente chiave che si delinea tra paziente e terapeuta è stata studiata nella maggior parte delle popolazioni psichiatriche, sottolineando come essa costituisca un fattore importante del processo terapeutico.
Il presente studio ha pertanto cercato di esaminare l’importanza di tale aspetto al fine di comprendere come questa possa tradursi in risultati positivi del trattamento stesso.
Alleanza terapeutica
L’alleanza terapeutica è comunemente concettualizzata e caratterizzata da tre variabili principali: un “legame affettivo”, un accordo comune tra paziente e terapeuta circa i compiti e gli obiettivi del trattamento.
In un recente studio qualitativo, i clinici hanno notato l’importanza della genuinità, flessibilità e capacità di ascoltare veramente il paziente.
Hilsenroth, Peters e Ackerman hanno infatti riscontrato che le relazioni iniziali dei pazienti con una forte alleanza sono predittivi di una forte alleanza alla fine del trattamento, indicando come questa sia relativamente costante nel tempo.
Individui che hanno subito un abuso fisico e sessuale nella loro infanzia incontrano maggiori difficoltà a formare relazioni di fiducia durante la loro vita.
Nonostante il grado di sfiducia correlato al trauma, molte ricerche hanno mostrato un’associazione positiva tra alleanza terapeutica e risultati positivi e di successo del trattamento in pazienti sopravvissuti all’abuso.
Ciò che è risultato sorprendente è che, nonostante tali difficoltà, questi pazienti sono capaci di formare forti alleanze terapeutiche.
Price et al., hanno infatti studiato adulti sopravvissuti all’abuso sessuale infantile, ossia un tipo di trauma che ricorre molto spesso in pazienti con disturbo dissociativo dell’identità, riscontrando elevati livelli di alleanza terapeutica in questa popolazione specifica di pazienti, così come risposte positive al trattamento che erano direttamente associate all’alleanza, rispetto a individui non abusati sessualmente.
La maggior parte dei clinici esperti nel campo dei disturbi dissociativi si sono focalizzati sulla relazione terapeutica come importante aspetto del trattamento di tali pazienti; tuttavia essi hanno tralasciato l’indagine circa l’alleanza terapeutica.
Il presente studio si è posto quindi l’obiettivo di indagare l’impatto dell’alleanza terapeutica sui risultati del trattamento di pazienti con disturbo dissociativo dell’identità e disturbo dissociativo non altrimenti specificato.
Gli autori hanno esaminato la relazione tra i punteggi correlati all’alleanza tra paziente e terapeuta, e i risultati del trattamento, nello specifico per i sintomi dissociativi, disturbo post-traumatico da stress, e infine in relazione allo sviluppo di capacità adattive che ci si attendono dal trattamento dei disturbi dissociativi (abilità a tollerare le emozioni; abilità a costruire relazioni sane; diminuzione degli stati dissociativi interni e via dicendo).
I ricercatori ipotizzano che una forte alleanza terapeutica sia da parte del paziente che del clinico, potrebbe essere associata con una minore sintomatologia e maggiori capacità adattive.
Metodi e procedure
I partecipanti allo studio erano 132 e presentavano una diagnosi di disturbo dissociativo o disturbo dissociativo non altrimenti specificato. La valutazione è avvenuta durante un periodo di trattamento di 30 mesi.
I terapeuti che hanno partecipato allo studio erano membri registrati all’International Society for the Study of Trauma and Dissociation (ISSTD).
Per cercare di creare un campione rappresentativo della popolazione psichiatrica con disturbo dissociativo, i ricercatori hanno escluso i soggetti con elevati punteggi di comorbidità con altri disturbi quali depressione e disturbo post-traumatico da stress.
I terapeuti, per essere inclusi nello studio, dovevano almeno aver avuto in trattamento per almeno tre mesi un soggetto adulto con diagnosi di disturbo dissociativo o disturbo dissociativo non altrimenti specificato.
Il campione era composto prevalentemente da donne con un range d’età compreso tra i 18 e i 72 anni.
Tra gli strumenti è stato utilizzato il Combined Alliance Short Form – Patient Version (CASF-P), composto da 20 item suddivisi in 4 sottoscale: collaborazione, obiettivi e compiti, legame con il terapeuta, e idealizzazione del terapeuta.
Il Working Alliance Inventory – Therapist Form (WAI-T) valuta gli stessi temi precedenti, ma dalla prospettiva del terapeuta; è composto da 24 item suddivisi in 4 sottoscale.
Il Dissociative Experiences Scale (DES) è composto da 28 item che misurano la prevalenza e la gravità dei sintomi dissociativi, ricorrendo all’utilizzo di percentuali per descrivere la frequenza delle esperienze dissociative.
Il Posttraumatic Stress Checklist – Civilian (PCL-C) è composto da 17 item e valuta la presenza dei criteri diagnostici per il disturbo post traumatico da stress. I pazienti assegnano un punteggio inerente la severità di ogni sintomo in termini di interferenza con il funzionamento quotidiano o stress esperito.
Il Symptom Checklist-90 Revised (SCL-90 – R) è composto da 90 item suddivisi in nove sottoscale che forniscono un punteggio complessivo della sintomatologia presentata dal paziente.
Infine il Progress in Treatment Quesionnaire (PITQ) valuta la frequenza con cui pazienti con disturbo dissociativo di identità o quello non altrimenti specificato riescono a sviluppare capacità adattive durante il trattamento.
In particolare tali capacità fanno riferimento a: tolleranza affettiva, controllo degli impulsi, abilità nel gestire i sintomi dissociativi, maggiore integrazione del Sé e così via.
Il terapeuta ha il compito di riportare la percentuale di “tempo” attraverso cui il paziente è capace di sviluppare e dimostrare tale abilità.
Risultati e discussioni
Consistentemente con la precedente letteratura sulla formazione dell’alleanza in pazienti traumatizzati, all’interno del campione utilizzato si è osservata una forte strutturazione dell’alleanza terapeutica nella maggioranza dei casi.
I punteggi riportati da pazienti e terapeuti rispetto all’alleanza erano moderatamente e fortemente correlati con minori livelli di dissociazione, sintomi annessi al disturbo post-traumatico da stress, stress generale, così come una migliore capacità di sviluppare abilità adattive.
Rispetto all’opinione di alcuni secondo cui i pazienti dissociati sono individui che ricorrono a modelli fantasiosi di dissociazione, e per questo facilmente suggestionabili, o incapaci di sviluppare opinioni soggettive credibili, il presente studio ha invece mostrato come la valutazione delle relazioni da parte di tali pazienti siano invece valide e detengano un valore predittivo nel tempo.
L’alleanza terapeutica è stata infatti riportata come un importante fattore del processo terapeutico, come si supponeva fin dai tempi di Freud.
Molti dei partecipanti allo studio hanno presentano elevati livelli di alleanza terapeutica, suggerendo di essere capaci di formare legami collaborativi con gli altri.
Pazienti con disturbi dissociativi hanno quasi sempre storie di traumi severi, spesso connessi alle figure di attaccamento o adulti che si sono presi cura di loro.
Questi pazienti, nonostante il trauma subito di natura interpersonale, sono in grado di formare legami con il proprio terapeuta.
Un altro studio ha riscontrato che pazienti con disturbo dissociativo dell’identità sono spesso in grado di vedere gli altri come potenzialmente collaborativi, nonostante i loro timori e la loro vulnerabilità connessa al trauma, di essere feriti o manipolati dagli altri.
Questi pazienti, mediante la somministrazione del Rorschach, presentano elevati livelli di “percezione cooperativa” degli altri rispetto a pazienti con disturbi psicotici o disturbo borderline della personalità.
Nonostante le iniziali difficoltà nel formare l’alleanza terapeutica, i pazienti traumatizzati che creano forti alleanze durante la terapia hanno migliori e positivi risultati nel trattamento rispetto a soggetti che non sviluppano tale alleanza.
Studi individuali e meta-analisi hanno mostrato una consistente relazione tra la forza dell’alleanza terapeutica e i risultati del trattamento.
Questi dati suggeriscono che pazienti con disturbi dissociativi che hanno un forte senso di condivisione con il loro terapeuta rispetto ai compiti e gli obiettivi, possono utilizzare queste abilità ed emozioni come “supporto” durante il proprio processo di cura.
Il supporto sociale è un fattore chiave in presenza di un trauma, che contribuisce allo sviluppo di una sana e forte alleanza terapeutica.
In sintesi, la forza dell’alleanza terapeutica e la sua associazione con i risultati positivi del trattamento è un significativo contributo alla comprensione e alla gestione dei pazienti con disturbo dissociativo durante la terapia.
I risultati raggiunti hanno consentito un primo sguardo sulla modalità di stabilire dei legami terapeutici con questa popolazione di pazienti, mostrando come l’alleanza terapeutica sia un fattore chiave del successo terapeutico.
I ricercatori suggeriscono che, terapeuti che lavorano con pazienti affetti da disturbi dissociativi devono porre molta attenzione alla formazione e mantenimento dell’alleanza terapeutica, cercando di focalizzarsi in maniera particolare sulla storia traumatica del paziente o sui problemi relazionali.
In conclusione, l’alleanza terapeutica è un fattore chiave nel miglioramento dei sintomi e dello sviluppo di capacità adattive in pazienti con disturbi dissociativi.
La futura ricerca dovrà quindi approfondire le variabili che intercorrono nella strutturazione dell’alleanza terapeutica, al fine di individuare quelle caratteristiche che influenzano direttamente i risultati del trattamento.
Articolo tratto dalla rivista “European Journal of Psychotraumatology”
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Traduzione e adattamento a Cura della Dottoressa Giorgia Lauro
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