Principi di psicoterapia pratica (Jung, 1935)
“Se, in quanto psicoterapeuta, assumo un atteggiamento autoritaristico nei confronti del paziente e pretendo di conoscere sia pur parzialmente la sua individualità o di potermi pronunciare validamente in merito, do solo prova di mancanza di critica, dal momento che non sono affatto in condizione di giudicare nel suo insieme la personalità del mio interlocutore. Su di lui posso pronunciarmi validamente solo in quanto egli si avvicina all’uomo in generale. Ma poiché tutto ciò che vive si presenta sempre soltanto in forma individuale, e su ciò che è individuale negli altri io posso sempre fare enunciazioni basate su ciò che trovo di individuale in me, corro il pericolo o di sopraffare l’altro o di soggiacere io stesso alla sua suggestione. Perciò se voglio curare la psiche di un individuo devo, volente o nolente, rinunciare a ogni saccenteria, a ogni autorità, a ogni desiderio di esercitare la mia influenza; devo necessariamente seguire un procedimento dialettico consistente in una comparizione dei nostri reciproci dati. Ma questo confronto sarà possibile soltanto se darò all’altro la possibilità di presentare il più perfettamente possibile il suo materiale senza limitarlo con i miei presupposti. Il suo sistema entrerà così in relazione con il mio e agirà su di esso. Quest’azione è l’unica cosa che io, in quanto individuo, possa legittimamente contrapporre al paziente.” (p. 9)