Il Coronavirus tra spazio/tempo psicologico
L’umanità incauta, senza essere preparata, si è trovata dentro un processo di trasformazioni climatiche, biologiche e sociali drammatiche. Gli autori di questo trauma sono gli umani, infatti, la zoonosi è stata causata dal comportamento umano. Gli umani sono convinti di possedere strumenti scientifici, economici, tecnici e non solo in grado di sottomettere la natura, la biosfera, le leggi dell'universo.
E' bastato un microelemento della specie animale, composto semplicemente da un frammento di acido desossiribonucleico e di acido ribonucleico per far saltare, capovolgere, scardinare tutte le certezze di onnipotenza e rigettare l’umano nel caos più profondo, invertendo la mitica linea del tempo del progresso e del divenire costante di Eraclito: “Non si può entrare due volte nella stessa acqua”.
Il tempo fisico, quello cronologico, scandito dall'orologio, è un tempo costruito dell’individuo per organizzarsi e ordinare il mondo; invece, oggi, l’individuo sta vivendo un tempo psicologico regressivo che lo riporta nella caverna casa. L’individuo dentro la casa-caverna-uterina cerca di costruire un tempo diverso da quello del consumo, della produzione, del divenire e della globalizzazione.
L’individuo percepisce il tempo che sta vivendo come sospeso, fermo, immobile: la psiche non è immobile, stabile. L’individuo anche se è chiuso in una stanza, può costruire, scoprire, sentire sensazioni e mondi che vanno oltre la linea del tempo cronologico.
Il tempo del coronavirus è scandito dal biologico ma non dal tempo vissuto: il tempo biologico è altro dallo psichico. La memoria psichica contiene in sé il tempo passato, presente e futuro. L’attuale condizione sociale obbliga l’individuo a riprendere contatto con questa dimensione, lo costringe a scavalcare la dimensione routinaria per scoprire nuove costellazioni del comportamento.
La condizione della casa-caverna-uterina potrebbe trasformarsi in un’opportunità per esplorare nuovi comportamenti come l’adattabilità, la resilienza e altri.
Il bambino, a differenza dell’adulto, non avendo ancora introiettato il tempo cronologico, è più duttile a condividere la segregazione del tempo vissuto.
Allo stesso modo, lo spazio vissuto con il coronavirus non è quello metrico della vicinanza che diventa sinonimo di pericolo di morte: “Più ci si avvicina e più c'è il rischio di essere catturati dalle gocce mortifere”. La percezione dello spazio è d’insicurezza. E’ un vissuto di spazio pericoloso che condiziona profondamente le relazioni con i famigliari, con i figli, gli amanti e gli amati.
Il desiderio della vicinanza, dell'affetto è messo al bando, è cacciato, perde la funzione del richiamo, dell'incontro, del piacere. In questo momento, il sostantivo femminile di vicinanza, e sinonimo di vita, diventa un sostantivo di morte.
Il virus è attratto dalla vicinanza, è famelico e insaziabile, è come un vampiro alla ricerca di sangue da succhiare. Bisogna stare lontani. E' indispensabile mantenere le distanze. Solo la distanza è funzionale alla vita biologica, psichica e sociale.
Il contenimento e il distanziamento sociale (meccanismi protettivi) sono gli unici parametri certi per affrontare il coronavirus. La dinamica asimmetrica è l'unica modalità funzionale per affrontare il virus. L’idea di adottare una dinamica simmetrica, com’è quella dell’immunità di gregge, è perdente perché sfida l’aggressore sullo stesso piano, è speculare. Il virus si paralizza solo agendo in modo asimmetrico, per sottrazione: questo evidenzia il conflitto tra spazio-vissuto (psicologico) con lo spazio-metrico (fisico/biologico).
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