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Il quotidiano e il sacro

quotidiano e sacroL'economia oggi, quella consacrata sugli altari dei network, dei guru, composta da una schiera di chierici, come se fosse tolta da un congelatore all'azoto, elenca una serie di comandamenti, regole, norme indispensabili per definire quello che dovrebbe fare l'homo oeconomicus, l'homo finantiàrius, l'homo ipermoderno per governare lo sviluppo sociale e la quotidianità.

L' economia, prima ancora della biologia, della fisica e della matematica, è il nuovo sacro fondante per sapere come comportarsi di fronte alla tumultuosità del caso e dell'incertezza.
La voce sacrale non subisce il fascino indiscreto e seduttivo dell'incertezza, del caos: coloro che si lasceranno sedurre dalla diversità cadranno nel baratro della miseria e della povertà.  
La povertà, la miseria sono il sintomo di una 'conversione isterica' per non avere ascoltato la voce del sacro e investito in modo appropriato le energie: questo è quello che sostiene il pensiero dominante che abita il  sacro.

E' come se tra il mondo del sacro e il mondo del quotidiano, fatto di persone che lavorano, che affrontano la quotidianità della vita di tutti i giorni, vi fosse una separazione.  L'incapacità di stare all'interno di prescrizioni impartite dal sacro determina nel soggetto una stato di inadeguatezza, di  insicurezza di frustrazione e di perdita nel quotidiano. Secondo il sacro la quotidianità per migliorare il proprio malessere deve ascoltare e usare gli strumenti messi a disposizione.

E' difficile identificare il sacro perché si sottrae alla logica del senso comune del principio di realtà perché si presenta come una forma inconsistente, impalpabile e quindi scappa alla percezione del soggetto.

Il soggetto comune è attratto, sconcertato e si sente in colpa per non saperlo comprendere. Il senso di colpa è invece il gioco perverso e seducente che il sacro compie per costringere il soggetto a percepire l'informe come quel qualcosa che possiede un sapere fondante e significante per come affrontare la quotidianità. 

Il sacro è il costrutto di un linguaggio avente una struttura numerica che si fa voce attraverso i media, il cyberspazio, i mediatori economici, gli addetti e diventa il sapere portante di una realtà che vorrebbe dominare la quotidianità.  All'infuori di questo luogo simbolico c'è l'afasia, la perdita della parola, del diritto a rivendicare il proprio sapere.

La quotidianità fatta con la sua microeconomia familiare, personale, costituita da un legame con la propria condizione ambientale, sociale, culturale luogo si sente messa in difficoltà, in colpa, in uno stato di dipendenza, di frustrazione, fatica a rispondere alle richieste e alle procedure che vengono imposte.

Il sostantivo sviluppo, con i suoi sinonimi di crescita, incremento, potenziamento, aumento,  oppure all'opposto il sostantivo rigore, con i suoi sinonimi austerità, disciplina, ragionevolezza, correttezza, rigorosità sono diventati in questi anni per il soggetto comune dei mantra trasmessi e amplificanti dal sacro  e gettano il soggetto nello sconcerto.

Il soggetto si divide su questi due sostantivi, si convince che è colpa sua se non sa ascoltare quale dei due sia il più opportuno per la sua realtà. Ma la sua realtà è sempre altro da quella promossa dal sacro.

La microeconomia della quotidianità inevitabilmente deve confrontarsi con la logica dello sviluppo e  con quella del rigore.

E' nel fluire della micro economia che il soggetto riscopre la sua identità e si riappropria del principio di realtà lasciando al sacro l'illusionalità di essere la voce della verità. 

La voce che abita il sacro è sempre irraggiungibile. Eschilo: ” Prometeo...devi sempre sapere chi sei e adattarti alle regole nuove: perché nuovo è questo tiranno che domina tra gli dei...”

Adattarsi non significa soccombere o  depersonalizzarsi.

 

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