PSICOLOGIA DEL VOTO NELLA SOCIETA’ GLOBAL&POST-GLOBAL
La fase sociale contemporanea è declinabile con tre sostantivi: turbolenza, ansia e cambiamento. Gli effetti del nuovo millennio stanno evidenziando qualche tratto 'caratteriale' della società post-globale, anche se tutto è ancora in divenire.
La società globalizzata origina dalla modernità e fonda il suo modo di essere nel lavoro che trasforma le risorse in prodotti da consumare e pone al centro guadagno, accumulazione, efficienza, mercato e considera il progresso come una linea del tempo in divenire.
Lo scontro tra Loc e Glob fa riemergere domande primordiali di tradimento, rifiuto, incesto, aggressività, violenza e castrazione che generano scenari con molte ombre.
Il mito della globalizzazione tende a unificare entità in più ampie comunità al fine di favorire la finanza.
Le emozioni sono come i colori dell'arcobaleno, cambiano in funzione della condizione dell'individuo e della circostanza. L’ambiente, la circostanza e il Sé influenzano l'agito, l'atto comportamentale. Ogni decisione apparentemente razionale coinvolge quel sentire intimo, sensoriale che a volte sfugge al linguaggio grammaticale e s’insinua tra la virgola e il punto: è lo spazio silenzioso dell'inconscio che manipola il desiderio, la razionalità e scardina il paradigma cartesiano cogito ergo sum.
Alle urne del 25 settembre ’22 andrà a votare un elettorato che fugge dalla globalizzazione di questo ventennio. Non è più un elettore liquido, come lo definiva il sociologo Zygmin Bauman nel saggio “Modernità liquida”, ma è un individuo informe post-global, che, per salvarsi dalla famelica globalizzazione e difendersi dall’insicurezza, si rinchiude nel proprio bunker, avvilisce la politica rifugiandosi in un voto localistico-identitario, oppure nel non voto (altra nicchia identitaria). L'individuo post-global vive emozioni di incomprensione, derealizzazione, tradimento, abbandonato. E' convinto che il voto sia un barattolo da colpire come al luna park per fare punti. Per il post-global il dire della politica non corrisponde al fare: la politica è un oggetto oscuro, effimero e lontano dai bisogni quotidiani.
L'individuo informe post-global è convinto di essere in grado di distinguere, analizzare, comparare, separare tutto ciò che lo coinvolge. E invece il prodotto mediatico di una comunicazione di massa semplificata, debordante che pone al centro la frammentazione, la ridondanza, la semplificazione.
La propaganda politica per canalizzare, convogliare il consenso dei votanti, sfrutta il malessere che sta nella pancia identitari dell'elettore. I media fingendo di stare sopra le parti come etereo, manipolano la dimensione metacognitiva del collettivo, generano insicurezza, incertezza, canalizzano il voto verso il sondaggio statistico più alto sollecitando (meccanismo psicologico) l’effetto pigmalione o profezia auto avverante. Dietro l'invisibile mediatico, che mischia le carte, come fa Faust nel giardino degli innocenti senza distinguere le figure, i colori e i numeri, c’è una operazione manipolativa per il consenso.
Parte della popolazione percepisce la politica come predatoria, per questo il post-global si difende sottraendosi dall'andare a votare. Il non voto nella società post-global è uno stato di condivisione, appartenenza; è l’espressione di un’identità collettiva che si difende da frustrazione, inadeguatezza, inaffidabilità.
La risposta retorica tamburellata dai media è che il non voto è un segno di democrazia, che esprimere la soggettività e svilisce il potere politico. Invece è una cesura tra governanti e governati. I non elettori post-global sono convinti di essere in grado di leggere e comprendere la complessità. Il non elettore post-global è un gladiatore, che combatte i mostri come il cavaliere Asgaard del dio Odino, che è disposto a sacrificare il piccolo Io al grande Sé per approdare alla totalità del suo vero essere.
Ai non elettore post-global i politici appaiono come delle maschere che, sul palcoscenico della pubblica piazza, recitano una filastrocca cacofonica che l'elettore fatica a distinguere. Il non elettore post-global è alla ricerca di un oggetto che lo aiuti a combattere la globalizzazione che sopprime, esclude e genera angosce. Il non elettore post-global confonde, in chiave psicoanalitica, il seno della madre con la madre. Il non elettore pensa di essere superiore e lontano da quella realtà ingannevole. Nella società post-globalizzata chiusa, ambivalente, nell’urna forse prevarrà un voto semplificato, identitario post-global.
By accepting you will be accessing a service provided by a third-party external to https://psiconline.it/
Commenti