Vacanze: un’opportunità per rigenerarsi
La scorsa settimana ho avviato una riflessione sul ruolo che le vacanze hanno nella vita dei nostri studenti. Concludevo l’articolo sfatando un mito: gli studenti italiani vanno a scuola quanto o più di altri studenti europei.
Un discorso diverso sarebbe da fare in relazione alla qualità dell’insegnamento, giacché nelle nostre scuole si assiste ad una distribuzione di buone prassi scolastiche “a macchia di leopardo” con punte di demerito e punte di eccellenza, ma questo è un discorso che ho affrontato in precedenza in questo blog[1]-[2].
Ora vorrei invece soffermarmi su periodo di vacanze dalla scuola come opportunità per rigenerarsi, proprio perché si ritiene il riposo fondamentale per rigenerarsi e partire con maggiore carica. Quotidianamente tutti siamo impegnati quasi contemporaneamente nello svolgimento di compiti diversi tra loro, questo ci porta ad allenare quei meccanismi di controllo cognitivo che ci permettono di ignorare gli stimoli che ci potrebbero distrarre dal compito.
Tale meccanismo è estremamente impegnativo, per cui la sera siamo esausti. Se questo vale per gli adulti e maggior ragione è vero per i bambini, che devono imparare ed impegnarsi a calibrare tale maccanismo, affinché diventi produttivo in età adulta. In questa prospettiva un periodo di “vacanza” diventa necessario per rigenerarsi, giacché ci si scarica di tutte le tensioni accumulate, ancor più per quegli studenti che (per i motivi più diversi) non sempre riescono ad avere un buon rendimento, per cui alla tensione della prestazione scolastica si aggiunge la frustrazione e la delusione, che provocano stress e demotivazione.
Anche perché l’eccessivo carico di compiti durante le vacanze rischia di penalizzare proprio quelli che hanno maggiori difficoltà. Secondo Maurizio Parodi[3], Dirigente scolastico e pedagogista, un eccessivo carico di compiti rischia di emarginare proprio i ragazzi delle classi più svantaggiate: «I ragazzi con famiglie culturalmente attrezzate possono affrontare l’impegno domestico con serenità, ma per chi non trova sostegno nelle figure parentali – e magari ne debba subire la latitanza – le difficoltà derivanti dallo svolgimento dei compiti assumono ben altra consistenza. La fatica che questi ragazzi impiegano nello svolgimento dei compiti è talvolta incomprensibile alle stesse famiglie, spesso frustrante e dolorosa. Gli studenti che non hanno particolari difficoltà e che svolgono regolarmente i compiti loro assegnati vengono premiati dalla scuola mentre quelli che hanno problemi personali o familiari – che non fanno i compiti, li sbagliano, li fanno male – indispongono i docenti che perciò li biasimano e redarguiscono. Eppure sono proprio questi i ragazzi che avrebbero più bisogno della scuola e che potrebbero trovare in questa un’opportunità di affermazione, affrancamento e promozione». Il rischio è quindi che la scuola si ponga come “specchio rifrangente delle difficoltà”[4] per cui anziché aiutarli ad uscire da un’impasse culturale, li emargini non permettendo loro un adeguato sviluppo.
Un periodo di riposo diventa quindi necessario per avere una “vacanza” da tali situazioni stressanti, infatti, come afferma il neuropsichiatra Giuseppe Di Pellegrino «Il brusio della vita di tutti i giorni scompare e siamo finalmente liberi di concentrare le nostre risorse per riflettere su quanto conta davvero e anche di svagarci»
La riflessione continua la prossima settimana … per ora non mi resta che augurarvi un SERENO 2016!!!
[1] Improta, A. (2015) “La #Buona scuola (1)”. Blog “Psicologi a scuola”. www.psiconline.it
[2] Improta, A. (2015) “La #Buona scuola (2)”. Blog “Psicologi a scuola”. www.psiconline.it
[3] Parodi, M. (2012). “Basta compiti! Non è così che si impara”. Casale Monferrato (AL): Edizioni Sonda.
[4] Freda, M.F. (2003). “Formazione degli insegnanti e metodo narrativo: una proposta metodologica”. In “Psicologia dell’Educazione e della Formazione” n° -1/2003. Trento: Erickson.
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