Ritrovarsi dopo il naufragio
Il mio ritorno a casa dopo aver trascorso tre settimane su una nave della Marina Militare nel Mediterraneo è stato a dir poco traumatico. Non è la prima volta che lavoro a fianco della Marina Militare nelle operazioni di salvataggio dei migranti.
Avevo già partecipato all'Operazione Mare Nostrum, che ora è diventata Operazione Mare Sicuro in quanto le navi hanno un doppio compito: salvaguardare le frontiere e salvare i migranti che dalla Libia vogliono arrivare in Europa.
Sono partita con molto entusiasmo, sapevo già quello che mi aspettava, anche se ogni volta non è mai come la precedente. Ci sono sempre nuovi incontri, nuovi avvenimenti, nuove emozioni. Innanzitutto questa volta ero sulla nave ammiraglia, la Flag Schip, che aveva il compito di dirigere le operazioni di salvataggio di tutte le navi che si trovavano in quel tratto di mare ai confini con la Libia e di fare da supporto agli altri. I medici a bordo infatti erano due perché uno doveva sempre essere pronto ad andare in aiuto per i casi di emergenza alle altre navi, cosa che è successa spesso. Venti giorni splendidi, pieni di pace e tranquillità nei giorni in cui il mare era mosso e i gommoni dei migranti non potevano lasciare la spiaggia, e di grande impegno quando il mare era calmo e si dovevano effettuare anche 10/15 operazioni di salvataggio al giorno. Comunque tutto è andato sempre bene e nessun migrante, anche in condizioni difficili, ha perso la vita.
Poi , una volta arrivata a casa, sono andata in una specie di letargo, per alcuni giorni. Era come se non volessi più pensare al passato.Finché ho deciso di ritornare al lavoro. E lì, nei centri di accoglienza ho ritrovato alcuni ragazzi che erano sbarcati qualche giorno fa, come me, al porto di Augusta.
È' stata ancora una volta una grande emozione, come quella di quando erano stati tratti in salvo. Solo che adesso non ci trovavamo più nella concitazione del mare, dei gommoni, dei salvagente, con i vestiti bagnati fradici e la paura negli occhi. Adesso avevo di fronte a me ragazzi sorridenti, in pantaloncini blu e maglietta bianca, con i sandali ai piedi come tutti gli altri e con tanti progetti da realizzare.
Era come se tutto quello che era successo avesse fatto parte di un'altra vita.
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