Idrofobia
L'idrofobia, chiamata anche in alcuni casi talassofobia, è definita come una paura persistente, anormale e ingiustificata per i liquidi, in particolare dell’acqua.
Una delle principali cause di questo tipo di fobia è sicuramente un trauma subito generalmente da bambini, dopo un trauma (anche una «bevuta» con relativa apnea può essere sufficiente), ed è da giovani che è più facile superarla, quando il sistema nervoso è ancora plastico e facilmente modificabile, anche sotto l'aspetto emotivo.
Per la psichiatria l'idrofobia designa la paura dell'acqua o del nuoto.
È comune la forma moderata, quando si è in corsi pericolosi, sia in mare sia al fiume, tutte paure legate all’annegamento.
E’ patologico quando è riferito a un’avversione all’acqua in sé. In questo senso, il termine più adeguato sarebbe “acquafobia”.
Questo genere di fobia colpisce il 2,5% dei bambini e non ha una durata oltre l’adolescenza, ma può anche apparire dopo un incidente in età adulta.
La paura degli idrofobici è essere sommerso in un ambiente acquoso. La maggioranza degli idrofobici non è in grado di nuotare e nei casi più gravi non riesce nemmeno a mettere la testa sott'acqua anche per brevissimi periodi. Imparare a nuotare costituirebbe un miglioramento e un passo verso il superamento della fobia.
L'idrofobia causa un'anomala risposta di tipo cognitivo e neurormonale, con manifestazioni fisiche come dilatazione delle pupille, irrigidimento degli arti, tachicardia, respirazione incontrollata, aumento del battito cardiaco, della pressione e della sudorazione. La persona che ne soffre sa, razionalmente, che la situazione (come una lezione di nuoto in piscina o un bagno al mare) è priva di pericoli reali, eppure gli basta solo pensarci per provare una paura irrazionale, come se si trovasse di fronte ad un pericolo di vita.
Cosa fare per cercare di superare l’idrofobia?
Il consiglio principale è quello di avvicinarsi gradualmente all’oggetto della propria paura, attraverso particolari esercizi.
Per superare il problema vanno evitate le forzature, a qualsiasi età. Vietatissimo buttare il fobico in acqua e aspettare che in qualche modo se la cavi e inizia a nuotare, perché proprio l'incontrollata risposta neurofisiologica all'ansia potrebbe portare la persona ad affogare. Di norma si usa la cosiddetta terapia di apprendimento, ovvero l'esposizione graduale alla situazione ansiogena, per aiutare il paziente a ridurre, piano piano, il terrore di abbandonarsi. Questo avvicinamento progressivo va fatto con un istruttore qualificato: uno psicoterapeuta comportamentale, ma, in alcuni casi, anche solo una persona di fiducia (purché in grado di insegnare le tecniche corrette di galleggiamento e di nuoto, affinché il fobico possa imparare a nuotare in modo corretto.
Ad oggi, esistono dei programmi che prevedono affiancamento di un professionista, che con una serie di sedute individuali porta al superamento di questa fobia.
Con i piccoli è molto più facile superare l'idrofobia: verso i tre o quattro anni la presenza rasserenante di un adulto di fiducia aiuta, quasi sempre, a riprendere un rapporto corretto con l'acqua.
Per approfondimenti:
- fobie.org
- wikipedia.org
- ok-salute.it
(A cura della Dottoressa Daniela Scipione)
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