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Ennesima ricaduta (1471436692605)

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on . Postato in Adolescenza | Letto 1260 volte

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le risposte dellespertoSara, 17

 

D

 

Durante la mia vita sono andata spesso da professionisti. Ho iniziato ad andare da una psicologa e pedagogista quando avevo sui 12-14 anni, perché i miei genitori pensavano che questo avrebbe risolto la situazione in famiglia.

All'epoca stavo male a causa del bullismo a scuola, ero la ragazzina emarginata e presa in giro da tutti e non avevo nessun amico. Anche a casa la situazione non é mai stata rosea. So che i miei genitori mi vogliono bene, solo che lo dimostrano nel modo sbagliato. Urlano quasi sempre, non dicono mai una parola positiva ma solo ordini e critiche, come se io gli appartenessi e dovessi fare tutto ció che vogliono.

A causa di queste cose, durante il periodo delle scuole medie, ho iniziato a pensare frequentemente al suicidio, alienandomi dalla mia stessa vita e in un certo senso insensibilizzandomi emotivamente. Ho iniziato ad assumere atteggiamenti da "bulla" a mia volta per poter piacere ed essere considerata una persona normale. Ovviamente non ha funzionato.

Alle superiori ho avuto la fortuna di poter ricominciare da capo, ma ormai ero convinta che chiunque parlasse dietro le mie spalle e non riuscivo a uscire mentalmente dalla condizione di emarginata. Non mi sono mai tagliata, ma ogni tanto mi graffiavo con le unghie e mi provocavo ustioni.

Non mi ricordo nemmeno quando fu la prima volta che tentai il suicidio. Pensavo che bastasse appoggiare la faccia sul cuscino e aspettare. Mio padre mi tiró su per i capelli e me le diede di santa ragione perché ero in ritardo per la cena.

Da quel momento quasi tutte le crisi peggiori sono state causate da litigi in famiglia, altre dallo stress a scuola. Per anni non é passato una singola ora senza che io pensassi alla morte. Continuavo a chiudermi in me stessa sempre di piú e ad avere un fortissimo dialogo interiore, che peró a lungo andare diventó dannoso. Non riuscivo, e non riesco, ad accettarmi fisicamente.

Ho iniziato a portare solo maglie xl da uomo, truccarmi pesantemente e tingermi i capelli frequentemente. Adesso li ho azzurri. Prima dell'estate passavo settimane intere senza mangiare, per poter indossare un costume.

Dopo la prima superiore, avendo ricevuto un rifiuto da un ragazzo che ammiravo molto per la semplicitá e il fatto che non facesse uso di alcool o droghe, come la maggior parte dei coetanei, ho iniziato a fumare e bere. Durante l'estate ho fumato per la prima volta marijuana, da lí ho iniziato a farne uso abbastanza regolare, fino a fumare fino a
10 "canne" al giorno durante l'estate successiva.

Intanto i pensieri suicidi rimanevano, ma in un modo o nell'altro riuscivo a sentirmi, almeno leggermente, piú accettata dalla societá. A metá della terza superiore ho conosciuto il ragazze che finalmente avrebbe portato una svolta nella mia vita, che é anche il motivo per cui sto scrivendo qui, oggi. É stato il primo a capire che qualcosa non andava in me, e il primo con cui sono riuscita a confidare questa cosa.

Grazie a lui ho avuto il coraggio di chiedere aiuto ad un'altra professionista del consultorio, con cui ho intrapreso un percorso di pochi mesi, per passare poi ad una psicanalista a pagamento da aprile. Sono riuscita a confidare questa cosa anche al mio migliore amico, e in un momento di crisi, quasi per incolparli di tutto ció, ai miei
genitori, che peró tuttora si comportano come se non fosse vero.

Dopo aver detto come mi sentivo sono riuscita a sentirmi meno sola, specialmente grazie al mio fidanzato che mi é sempre stato vicino. Dopo altri tre tentativi di suicidio, tutti e tre falliti a causa della mia poca praticitá (cappio malfunzionante per esempio), finalmente anche durante le crisi riuscivo ad avere quel briciolo di luciditá che
prevenisse il peggio.

D'altra parte peró cominciavo ad avere pensieri violenti verso i miei genitori e verso chi si proponeva come un'autoritá nei miei confronti. Tutto sommato grazie alle persone che mi stavano vicine pensavo di stare uscendo dal buio un po' alla volta.

Nell'arco di tre giorni a causa di un grave litigio ho detto addio persempre al mio migliore amico, il secondo con cui ne avevo parlato. Non l'avevo mai visto e ci eravamo conosciuti su un sito per amici di penna. É polacco. Il mio fidanzato il giorno dopo ha ricevuto dei messaggi dalla sua ex in cui lei gli dice di essere ancora innamorata di lui.

Ora ha bisogno di una pausa da entrambe per poter decidere. Solo che dopo avermi letteralmente salvato la vita mi aveva fatto troppe promesse: un futuro, con dei figli, una casa, un matrimonio. Da un giorno all'altro tutte queste cose che mi avevano fatto vedere la luce da qualche parte e la possibilitá di stare bene e pensare al futuro sono
scomparse.

Ora non mangio quasi niente da tre giorni, e quel poco che mangio lo vomito. La notte non dormo, non ho piú energie e ho iniziato ad avere delle allucinazioni da mancanza di sonno, immagino. Ho quasi smesso di fumare per la nausea continua.

In questa situazione non voglio neanche piú uscirne, voglio solo che qualcuno mi ascolti e mi dica cosa c'é che non va nella mia vita, perché sono stata cosí per troppo tempo e dopo questa ricaduta penso sia ancde ora di arrendermi. Penso continuamente che dovrei farmi di eroina e aspettare di avere un'overdose. Continuo ad immaginare la mia morte lontano da tutto, con una siringa in mano e il respiro che si affievolisce un po' alla volta.

Dicono che sia uno dei modi migliori, sicuramente piú indolori, per lasciarsi andare. Un'altra cosa che immagino a proposito é che il mio fidanzato mi guardi mentre muoio. Non so se é perché voglio effettivamente che lui sia l'ultima cosa che vedró o solo perché incosciamente voglio che lui stia male.

Questo é quello che penso, a grandi linee. Ovviamente non potevo fare un riassunto piú dettagliato di questi cinque anni. Sono stati cinque anni in cui ho smesso di vivere la mia vita e ho iniziato a vederla da fuori. In realtá sono ancora quella bambina, prima che venisse presa di mira dai compagni di scuola. Fra il mio pensiero e il mondo reale c'é un muro.

 


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R

 

 

Gentile Sara,
a volte capita di essere portatrice di un disagio che non riguarda solamente la persona, ma l’intera famiglia, spesso riconoscerlo, accettarlo e restituirlo aiuta a superare gli stalli.

L’accenno agli episodi di bullismo della pre adolescenza, i pensieri suicidari e la reazione alla sofferenza sono segni evidenti di un disagio profondo che va analizzato e superato.

Sentirsi presa in giro e svalutata in famiglia potrebbe poi facilitare il ricreare anche in altri contesti lo stesso tipo di avvilimento. Per questo è necessario lavorare maggiormente sull'autostima, come poterla accrescere e sul distacco.

L’episodio del tentato suicidio è allarmante, richiesta di una sofferenza ingestibile e bisogna necessariamente essere aiutati. Non si può sottovalutare un malessere così profondo deve assolutamente farsi aiutare.

La psicoanalisi richiede tempo per riuscire a comprendere, è stata una scelta importante e necessaria che permetterà di lavorare molto sui vissuti interni e su proprio posto nella società.

Per quanto riguarda la relazione con il ragazzo per cui scrive l’ipotesi di una separazione è certamente dolorosa e le fa pensare che non ci sia futuro per questo le suggerisco di farsi aiutare, avere sostegno da quante più persone conosce, cercare una rete che possa accoglierla e non lasciarla sola in questo passaggio cosi difficile.

Certe volte immaginare la propria morte è un richiamo per capire cosa farebbero le persone vicine, forse esiste un altro modo di scoprirlo, provando a manifestare la propria anima, cercando un contenimento che possa colmare le perdite.

Le richieste di aiuto vanno ascoltate e prese in carico, non rimanga in solitudine, quello che cerca è amore e può riceverne, deve essere disposta.

 

A cura della Dottoressa Luisa Bonomi

 

Pubblicato in data 26/09/2016

 


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Tags: tentativi di suicidio, profondo malessere,

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