ansia sociale, attacchi di panico,paura (46764)
Romualdo, 33anni (27.12.2001)
Sono
in terapia da oltre 12 anni, dura così tanto soprattutto per
colpa mia, in quanto dopo i primi 3 anni lasciai, rifiutandomi di
parlare dell'aspetto più importante, mio padre, le sue colpe,
e la mia paura(terrore) nei suoi confronti. Ripresi dopo circa 5
anni, ed a causa dell'aggravarsi della situazione(attacchi di
panico), iniziai una terapia di tipo cognitivo-comportamentale. La
mia psicoterapeuta dietro mia specifica richiesta (anche lei è
di questo avviso) ha preferito non inserire dei farmaci alla mia
terapia, e di questo sono abbastanza contento. I risultati, pensando
al passato, forse sono soddisfacenti, nel senso che, ricordo che
quando iniziai, avevo una organizzazione della mia vita praticamente
assurda, ero capace di sentirmi onnipotente, di vedere nella mia
famiglia particolari qualità, rivelatesi poi soltanto
strategie di imbroglioni, mi sentivo in diritto di non pagare debiti,
di sentirmi superiore, invidiavo, ero rabbioso, ed il mio punto di
riferimento, era ed è tuut' oggi mio padre, persona che penso
sia molto intelligente, ma molto malato, che mi ha trasmesso i suoi
limiti, punito per i suoi limiti,amato in modo strano,mi ha fatto
vergognare punendomi in vari modi e tantissime altre cose. Non penso
che da questo possa mai guarire, e me ne accorgo ora, che mentre
scrivo mi viene da piangere, razionalmente ho accettato tutto, non lo
ho neanche condannato, nonostante sia degno di non essere guardato in
faccia, però soffro, ho costantemente la paura di trovarmelo
davanti, poi, se non c'è me lo vado a cercare,(l'odio che
diventa venerazione), ogni incontro con lui è un attacco di
panico più o meno grave, il pensiero di andare ad una festa, o
in un qualsiasi posto, anche a lavoro, e possa incontrare lui, mi
distrugge, La cosa più grave è che questo si sta
estendendo, anche quando non c'è lui, anche se sono in
america, rmai la paura vive in me, e di questo comprometto la vita
della mia famiglia, ho una figlia di 5 anni e non riesco ad uscire da
solo con lei, ne tanto meno a godermi la vita con mia moglie, sono
allontanato dagli amici che vedono in me indifferenza però
nessuno, neanche mia moglie sa di questa situazione, le altre persone
mi vedono solo un pò ansioso e riservato, Ho un buon lavoro,
una vita sana, sono migliorato in mille cose, ma questi sintomi non
mi lasciano. Aiutatemi, non ditemi di parlare con il mio
psicoterapeuta, lo faccio da oltre 10 anni, ditemi almeno se è
realistico pensare di uscirne o se bisogna trovare il sistema per
conviverci, se devo prendere i farmaci, o se è il caso
dicambiare totalmente vita, identità, posto in cui vivere.
GRAZIE
Caro
Romualdo, credo che la soluzione non sia scappare via, porteresti con
te i fantasmi e le paure e non cambierebbe nulla, inoltre penso che
non sia stato inutile il tuo percorso terapeutico, visto che tu
stesso riconosci dei miglioramenti. Il consiglio è sì
quello di parlarne con il tuo psicoterapeuta, ma soprattutto di farlo
anche con le persone che ti vogliono bene, come tua moglie, e che tu
escludi dalla tua vita. Questo fa sì che resti relegato nella
stanza buia delle tue paure senza cercare di aprire le porte e
scoprire che forse c'è qualcuno che può appoggiarti e
sostenerti, perché ti vuole bene. Io non penso che basti la
psicoterapia per cambiare, i cambiamenti vanno fatti all'esterno,
grazie alle consapevolezze che il parlare con un esperto porta a
galla. Solo se decidi di aprirti fuori e far vedere chi sei
veramente, forse smetterai di arrovellarti e le cose miglioreranno.
E' importante che tu smetta di far riferimento a quel modello
spaventoso e ambiguo che è stato tuo padre e cerchi altri
rapporti e metti in atto nuovi comportamenti. A volte costa
perché si è abituati a certe modalità, anche se
negative per noi. Approfitta del rapporto con tua figlia che è
così piccola ed innocente e vivi in modo più spontaneo
le esperienze con lei. Buon lavoro.