Scommesse sportive (159548)
Mario, 38
Gentile Dottore,
sono un operaio mia moglie casalinga siamo sposati da anni ed abbiamo 4 figli.
Stiamo benissimo forse un po di soldi in più staremmo meglio, e per questo sono sempre in cerca di qualche buon affare.
Da un po di tempo mi sono specializzato sulle scommesse sportive visto che è un settore in forte crescita, precisamente faccio le surbet cioè scommesse sicure, significa che si punta tutti i risultati possibili su diversi bookmekers e si riesce ad ottenere qualcosina di più di quello che hai puntato. Tutto con 'aiuto di un softwere a pagamento.
Mia moglie dice che sono affetto da malattia da gioco ed io continuo ad ripetergli che quello che faccio io non è gioco perchè non rischio niente e non tento la fortuna.
Mi dice spesso di rivolgermi ad uno psichiatra e per questo vi ho scritto, cosa ne pensate?
Grazie
Caro Mario,
mi pare ci sia un po' di confusione di termini lei dice che non gioca, perché non c'è rischio.
Intanto non sono sicura che non sia gioco d'azzardo, la certezza al 100% non c'è mai ed una piccolissima quota di rischio sussiste sempre.
Poi, in verità la caratteristica preminente del gioco in sé non è il rischio, ma il piacere.
Lei dice anche di essersi "specializzato", è un termine che mi colpisce perché sembra quasi una formazione professionale!
Inoltre ci dice che si è dedicato alle scommesse sportive, per racimolare un po' di soldi.
Partendo dall'inizio direi che per fare un po' di soldi in più, il gioco non è sicuramente la forma più sicura, funzionale e adulta. Questo mi fa pensare, che lei in realtà nasconda a sé stesso il fatto che a lei piace e mi pare che ci investe anche molto, al punto di definirsi specializzato. In effetti, stare dietro alle giocate, utilizzare il softwere, ecc. occupano molto tempo.
Penso proprio che alla fine, a lei piaccia tutto questo e le piace perché è una condizione che le permette di dire: ho vinto! Sono stato bravo, ho raggiunto l'obiettivo prefissato!
Del resto il piacere del gioco in genere (da quello dei bambini a quello dei grandi), risiede proprio nella sensazione di aver impiegato strategie e abilità, che hanno portato ad un risultato vincente.
Non solo, forse tutto questo gran da fare la tiene impegnata, ciò distrae, porta via dai doveri, dalle responsabilità, dalla noia, dalle cose che non ci piacciono.
Per cui, mi sembra che il denaro non sia una buona motivazione per godersi uno spazio di gioco. Lei ama giocare e vi investe molto e forse non si sente legittimato al gioco! Forse con quattro figli, non si sente neanche legittimato alla distrazione, se non con la motivazione di racimolare un po' di soldi in più.
Non so se lei ha una dipendenza da gioco, non mi fornisce sufficienti dettagli, sicuramente le produce una grande scarica di adrenalina e soddisfazione. Il fatto che non ci sia perdita di denaro, non toglie che ci possa essere un legame insano.
Il grado della sua dipendenza lo può vedere da solo. Provi a stare una settimana senza giocare e si osservi, ascolti le sue sensazioni, l'umore, i sintomi fisici, le abitudini.
Provi poi con due settimane e si osservi ancora.
Se compare nervosismo, irritabilità, irascibilità, ansia, insonnia, inappetenza o eccessiva ingestione di cibo, disturbo della digestione, emicranie e simili, allora vuol dire che lei ha un bel grado di dipendenza.
E in quel caso, è necessario rivolgersi ad uno psicologo ed eventualmente ad uno psichiatra, per valutare il tipo di intervento.
Ma il fatto che lei ci porga direttamente questa domanda, mi fa ben pensare che comunque sia una persona che ha mantenuto il suo spirito critico, questo è un ottimo elemento. Penso che una consulenza diretta con uno psicologo, le darà la misura dell'eventuale problema e del trattamento.
Tutti hanno diritto a giocare e a godere del gioco, anche gli adulti, se però diventa uno spazio esclusivo e ineliminabile, allora diventa un problema.
Forse può ampliare nella sua vita, la fonte di interesse, divertimento e curiosità. La varietà è sicuramente sinonimo di maggiore benessere. Mentre la dipendenza porta appunto ad un rapporto esclusivo, non si può fare a meno di quell'azione e solo di quella!
Prenda questa situazione Mario, come occasione per capire meglio chi è e cosa la può far star bene.
Le crisi e le rotture con atteggiamenti, abitudini e riti, sono in realtà l'opportunità di cambiamenti, che non necessariamente volgono al peggio! La qualità del cambiamento dipende solo da noi!
(Risponde la Dott.ssa Costantini Sabrina)
Pubblicato in data 28/06/2012