sdoppiamento della personalità?(163307)
Mimmo, 35
Gentile dottoressa,
non so se ho indicato il giusto argomento, ma spero di riuscire ad esser
chiaro nella mia spiegazione; vengo da un passato abbastanza tormentato:
primogenito di due figli, non ho rapporti con i miei genitori da 11
anni, rapporti che peraltro in precedenza erano tutt'altro che cordiali:
ho abbandonato la casa di famiglia a 24 anni, abbattendo ogni ponte
possibile. Da quel momento, e fino a circa 7 anni fa ho abusato di
cocaina ed alcool in egual misura, fino a interrompere una relazione
avviata verso il matrimonio. Ora vivo con colei che fino a poco tempo fa
era la mia compagna, ma che ora ha deciso di "lasciarmi", pur
continuando a vivere con me e desiderosa anche lei di aiutarmi a
risolvere il mio problema; vado incontro, nei confronti di lei e delle
persone che mi sono vicine, a scatti di rabbia di entità a volte
allarmante (non di natura fisica, fortunatamente, ma solo verbale), con
frequenti minacce di togliermi la vita o, genericamente, di "andarmene";
credo di aver sottoposto la mia compagna a violenze psicologiche d'ogni
tipo, scaturite sempre da inezie, come una parola di troppo o un
fraintendimento. Non sono nuovo a questo atteggiamento: già anni fa si
era manifestato con la mia fidanzata di allora, la quale però non aveva
la pazienza di Giobbe della mia attuale convivente, e mi aveva scaricato
in breve, pur dimostrando interesse a risolvere il mio problema, e
consigliandomi uno psicologo, il quale però mi ha liquidato in quattro e
quattr'otto imbottendomi di En, terapia che ho preferito non proseguire.
Dopo quel momento sono calato in un vortice fatto di nuovi abusi, con
l'alcool sempre presente, ma accompagnato da una nuova amica, l'eroina.
Da quest'ultima ne sono uscito 4 anni fa, senza mai ricadute, pur
venendo comunque a contatto con ambienti attigui, se non affini; credo
che quel momento sia stato l'ultimo in cui ho dimostrato carattere e
forza di volontà (la disintossicazione fisica è stata fatta "in
solitaria", può ben immaginare a che prezzo). E' rimasto l'uso di
alcool, ma non più in maniera smodata. Inoltre, ho avuto modo di testare
personalmente il fatto che sovente le mie escalation di "scoppi" non
coincidono affatto con l'assunzione di alcoolici... semplicemente
qualcosa nella mia testa SI SPEGNE, dando luogo a scenate terribili, di
cui puntualmente il giorno successivo mi pento a morte. Parlandone anche
con la mia compagna (ex), ne è emerso che fondamentalmente la mia vita è
incentrata non su una mia individualità, ma su una concezione di coppia
come UNITA': credo di aver via via rimosso qualunque hobby, dalla
lettura alla musica, dalle passeggiate alle escursioni, concentrandomi
solo sul fatto di "non rimanere solo": infatti, anche quando io e lei
abbiamo discusso dell'eventualità di lasciarci, il mio primo pensiero è
stato "no, senza di lei, no", e non di concentrarmi su quale potesse
essere una vita da single; vita da single che, per'altro, ho vissuto
solo per brevissimi momenti tra una relazione e l'altra.
In sostanza, alla domanda "sei felice?" non trovo una risposta coerente.
Mi sono abbandonato a una triste monotonia di casa-lavoro-bar, senza più
reagire agli stimoli. Alle volte mi sento addirittura INADEGUATO alla
vita e, tremendo, pensando al suicidio. E qui ritorno a "fermarmi" solo
in virtù del pensiero di non voler lasciar sola la mia convivente,
fregandomene altamente invece del pensiero di quanto possa essere bella
la mia vita, indipendentemente dalla presenza accanto di una compagna.
Gli irrisolti, nella mia esistenza, sono una gran quantità, e spesso ho
pensieri che mi riportano a grossi errori commessi nel passato, o a
manchevolezze che mi hanno portato a guai giudiziari ed economici.
Al di là del fatto che auguro a me stesso di trovare una soluzione in
tempi brevi, anche nell'ottica di un futuro con la persona che mi è
comunque accanto, ci tenevo ad avere una sua opinione, pur se con così
pochi elementi a disposizione (mi rendo conto che la mia "stesura", pur
se copiosa, è comunque un Bignami della mia situazione...)
Anticipatamente ringrazio.
Mimmo
Gentile Mimmo,
la sua lettera è proprio un Bignami, ma ricco di spunti!
In primo luogo le segnalo che probabilmente lei è stato in cura da uno psichiatra e non da uno psicologo( lo psicologo non prescrive farmaci).
Penso che, nonostante siano molti anni che ha lasciato la famiglia di origine ed abbia interrotto i contatti, per lei ci sono ancora questioni profonde e irrisolte all'interno dei suoi rapporti familiari. Le "rotture" talvolta inducono uno stato depressivo che alcuni cercano di superare abusando di sostanze ( anche le idee suicidarie sono tipiche della depressione) .
Il desiderio di vivere la coppia come "unità", cioè di avere un rapporto simbiotico con il partner fa sospettare una scarsa autonomia emotiva ( aspetto questo probabilmente da ricollegare alle vicende con la sua famiglia d'origine). Credo sia il caso che lei intraprenda un percorso con uno psicoterapeuta ( controlli che sia iscritto all'ordine degli psicologi della sua regione)che l'aiuti a riconoscere gli aspetti profondi che continuano, suo malgrado, a influire sui suoi comportamenti. Dal suo scritto mi sembra di poter evincere che lei abbia doti sia emotive, sia intellettuali che le consentiranno di realizzare una vita piena e soddisfacente, una volta affrontati e risolti, almeno in parte, i nodi inconsci che oggi le provocano disagio.
Auguri!
S. Bertini
(Risponde la Dott.ssa Susanna Bertini)
Pubblicato in data 07/03/2014