Paura di separarsi (25237)
Anna 42
Mia figlia Paola ha 10 anni
e frequenta la quinta elementare. E' sempre andata a scuola volentieri e non
ha mai avuto problemi nè con le insegnanti, nè con i compagni
di classe; tuttavia, già verso la fine dell'anno scolastico precedente,
ha cominciato a rifiutare di andare a scuola il giorno in cui si effettuava
il rientro pomeridiano (una volta a settimana), dicendo di non volersi separare
da me. Questa sua richiesta è giunta a pochi giorni da un tragico evento,
la morte della madre di un suo compagno di classe avvenuta per incidente automobilistico.
Di comune accordo con le maestre, abbiamo preferito non mandarla più
al rientro pomeridiano. Durante l'estate non ci sono stati problemi particolari,
l'importante era che sapesse sempre dove mi trovavo io. Con la ripresa dell'anno
scolastico in corso, invece, i problemi sono aumentati e lei si è rifiutata
di andare a scuola la prima settimana, adducendo ogni mattina mal di pancia,
nausea e crisi di pianto intenso; in seguito, però, anche in considerazione
delle conseguenze che tale situazione le avrebbe potuto creare a lungo andare
anche a livello di apprendimento, su consiglio delle maestre ho accettato la
richiesta di Paola di restare con lei durante l'orario scolastico nel corridoio
della scuola, e adesso lei sta andando regolarmente a scuola. E' corretto tale
mio comportamento? E' giusto cominciare a diminuire gradualmente le mie ore
di presenza a scuola concordandolo con mia figlia? Come mi devo comportare?
Vi ringrazio tanto per l'attenzione e spero di ricevere presto una Vostra risposta.
Cara Anna, ho letto con molto interesse il suo problema e spero, come posso,
di aiutarla e di consigliarla. Per cominciare le dico subito che sua figlia, al momento attuale, soffre di
un disagio oggi abbastanza diffuso che si manifesta per lo più all’inizio
dell’anno scolastico, a seguito, soprattutto di un evento scatenante:
in questo caso si tratta della morte della mamma di un suo compagno di classe
avvenuta per incidente automobilistico. I mal di pancia, la nausea e le crisi
di pianto sono i “sintomi” più frequenti di una sorta di
“fobia” nei confronti della scuola. Il primo obiettivo, in questi
casi, però, è quello di lasciare sullo sfondo il “sintomo”
per porre in primo piano l’elaborazione del disagio interiore di sua figlia:
che significato ha per sua figlia la notizia dell’incidente mortale accaduto
alla mamma di un suo compagno? Cosa le ha raccontato a casa? Come ha reagito
l’insegnante? In che modo l’ha rassicurata? La scuola rappresenta
per il bambino, prima di ogni altra cosa, un momento di separazione dall’ambiente
familiare per iniziare a crescere secondo altre regole di tipo sociale. Tuttavia
esistono bambini che non tollerano questa separazione, anche se in precedenza
i risultati scolastici erano buoni. E’ come se la loro mente fosse sopraffatta
da uno o più pensieri che li ossessionano, di solito rivolti alla madre,
per cui non sono di fatto “liberi” di apprendere e di socializzare
con i coetanei. Finché questi pensieri non vengono riconosciuti ed elaborati
con l’aiuto di un adulto, saranno loro a dominare il bambino e non viceversa.
Di fatto, non è sufficiente assecondare il terrore di sua figlia, rassicurandola
con la sua presenza continua, per superare questo disagio. Non sto dicendo affatto
che il suo comportamento sia scorretto, considerando che ha agito anche su consiglio
della maestra. Le faccio notare, però, che, a lungo andare, rischia di
entrare in un circolo vizioso in cui la dipendenza di sua figlia la renderà
una madre sempre più iperprotettiva, e viceversa. Come si sarà
ben resa conto, lei è la persona a cui è stata affidata, implicitamente,
la responsabilità del presente e del futuro di sua figlia, che ha una
vera e propria angoscia di separarsi da lei. Ora, come madre, provi pian piano,
a sentirsi meno responsabile per sua figlia, a disimpegnarsi gradualmente dalle
sue continue pretese e richieste, a fargli capire che lei, anche se è
la madre, non può offrirle un mondo perfetto, non le può assicurare
di esserci sempre, in ogni momento, non può offrirle ancora a lungo l’illusione
di controllare la mamma che, in fondo, altri non è, che una “persona”
come tutte le altre. In altre parole, attraverso piccoli comportamenti quotidiani,
provi a mettere sua figlia davanti a ciò che può aver significato
per lei l’incidente mortale della mamma di un suo compagno di classe.
Forse ha paura che la stessa sorte possa capitare alla sua mamma ogni volta
che si separa da lei per andare a scuola? Non abbia paura di affrontare quest’argomento
con sua figlia, sappia che non esistono altre vie. Tuttavia, non è detto
che debba fare tutto da sola, si lasci aiutare da altre persone del suo ambiente
familiare a lei molto vicine: suo marito, prima di tutto, i suoi genitori, cari
amici, ecc. L’importante è che proceda per piccoli passi, in modo
da assicurarsi il successo. Per esempio, ora che sua figlia è abituata
a vederla sempre nei corridoi della scuola, non potrà di punto in bianco
assentarsi. Sarà necessario un suo graduale “dis-inserimento”
(per esempio allontanandosi all’inizio dalla scuola per un’ora e
poi, via via, sempre un po’ di più) per permettere a sua figlia
un altrettanto graduale “inserimento” a scuola. A casa, se già
non l’ha fatto, stimoli sua figlia verso una maggiore autonomia, per esempio
la coinvolga nella faccende di casa, le faccia fare piccole commissioni, lasci
che si occupi da sola della sua stanza, o che si organizzi per fare i compiti,
ecc. Deve farle capire, pian piano, che non è necessario un continuo
“soccorso” della mamma, e che la mamma è molto contenta di
vedere sua figlia sempre più autonoma e sempre più in grado di
fare le cose da sola, oppure di affidarsi anche ad altre persone. Mi raccomando, condivida con sua figlia questi obiettivi senza paura di ferirla.
(risponde la dott.ssa Aurora Capogna)
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