La scienza del "ce l'ho sulla punta della lingua"
L'avete proprio a portata di bocca, ma non riuscite a ricordarla? La spiegazione scientifica alla temporanea scomparsa della parola che vi serviva. E un trucco per recuperarla in fretta.
I neuropsicologi chiamano questo lieve "blackout" fenomeno di tipo "ce l'ho sulla punta della lingua", dall'espressione comune usata per descriverlo. Ma da che cosa dipende?
I primi esperimenti. Descritto per la prima volta nel 1890 dallo psicologo statunitense William James, il fenomeno fu studiato in maniera più approfondito solo nel 1966, quando Roger Brown e David McNeil, due psicologi di Harvard, decisero di verificare se si trattasse di qualcosa di vero - e quindi replicabile in laboratorio - o solo di un'illusione. Fornirono così una serie di definizioni di parole inusuali ai loro soggetti, chiedendo di trovare il termine corrispondente.
Il caso tipo. Molti volontari sperimentarono la sindrome del "ce l'ho sulla punta della lingua", con "sintomi" comuni come una specie di tormento simile a quello che precede uno starnuto; un visibile sollievo una volta recuperata la parola, e la sensazione di poter replicare il suono, ma non il significato (o il contrario) del vocabolo "scomparso".
Tratto da: focus.it - Prosegui nella lettura dell'articolo
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