Lo chiameremo Leone, così sarà coraggioso... E se nascerà femmina?
«Alcuni mesi fa in uno spot del ministero del welfare e delle politiche sociali destinato a promuovere il bonus bebè, si udiva conversare una coppia di futuri genitori, occupati a scegliere il nome del nascituro. All’auspicio di lui
“se nascerà maschio lo chiameremo Leone, perché sarà coraggioso”
rispondeva il desiderio di lei
“se nascerà femmina la chiameremo Serena, così avrà una vita felice”.
Ascoltandolo mi domandai che effetto avrebbe fatto lo spot riformulato come segue:
Se sarà maschio lo chiameremo Felice perché sarà sereno e se nascerà femmina la chiameremo Leonilde, così sarà coraggiosa.
Queste caratteristiche che definiscono in modo inequivocabile il maschile dal femminile sono davvero modalità che facilitano le relazioni e i processi sociali?
Quanto “pesano” gli stereotipi di genere nell’educazione dei genitori di oggi?»
Con questi interrogativi Elisabetta Camussi, professore associato di Psicologia sociale, domani stimolerà il confronto (alle 10 al Palazzo delle Stelline, Milano) con le mamme e i papà a Kids-generazione0-10.
«Il genere è il significato che essere uomo o donna assume in un certo contesto e in una determinata epoca», spiega Camussi. «Un insieme di caratteristiche, aspettative o attese che leghiamo a una persona per il solo fatto di appartenere all’uno o all’altro sesso».
Una costruzione che prende forma quando il bambino è ancora nel pancione: non appena vengono a conoscenza del sesso i genitori iniziano a fantasticare su di lui o lei, tanto che
se si tratta di un maschio, le future mamme spesso lo percepiscono come attivo e vorace; se è una femmina, le sensazioni sono di dolcezza e di quiete.
Tratto da: "corriere.it" - Prosegui nella lettura dell'articolo