Rileggiamo la dislessia. Per capire di più
Prima si è cominciato a parlare di dislessia, poi è stata la volta della discalculia e poi della disgrafia e della disortografia.
Tutti (ma soprattutto chi ha figli in età scolare) hanno cominciato ad avere una certa familiarità con questi termini, ma questo non significa sia facile capire che cosa significhino tutte queste "dis". E viene anche il sospetto che ce ne siano troppe e, come le ciliegie, una tiri l’altra. Insomma, possibile che tutti quelli che una volta venivano etichettati come alunni svogliati perché non leggevano e non scrivevano in modo corretto e fluente (i classici bambini che non si "impegnano", come dicevano le maestre) adesso siano dislessici? Magari ci sarà anche qualcuno che semplicemente non ha voglia di studiare…
DIAGNOSI -Respinge con vigore l’idea, o anche solo il sospetto, di un eccesso di diagnosi Giacomo Stella, professore di Psicologia clinica alla Facoltà di scienze della Formazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia, uno dei primi in Italia a interessarsi di questi argomenti: «Può sembrare che il problema dislessia e discalculia sia sovradimensionato, ma questo accade solo perché ultimamente c’è stata una sovraesposizione mediatica, specie dopo la legge del 2010, che ha imposto alle scuole precise regole sulle modalità con cui seguire e valutare chi ha questi problemi. La verità è che non si fanno abbastanza diagnosi.
Tratto da: "corriere.it" - Prosegui nella lettura dell'articolo
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