Sono sette mesi che il coronavirus è presente nella mente di ogni singolo individuo e detta comportamenti, paure, ansie, incertezze.
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La parola chiave di questi tre mesi passata da una bocca all'altra è stata lock down di origine americana che significa isolamento, chiusura, detenzione, confinamento. E' un sostantivo usato prevalentemente per definire la misura detentiva all'interno di un carcere americano.
Il battito cronologico di questo tempo è scandito dal coronavirus. Il virus si è sviluppato e rinforzato aggredendo tre elementi strutturali, il primo riguarda la salute, il secondo il sociale e il terzo, l’economico, sconvolgendo profondamente i pilastri magmatici e indiscutibili dei modelli medici biologici, sociali ed economici finanziari. Gli effetti di questo virus si sono materializzati con maggior virulenza con la morte crescente degli individui. Il potere del virus si è espresso con la morte pandemica.
L’umanità incauta, senza essere preparata, si è trovata dentro un processo di trasformazioni climatiche, biologiche e sociali drammatiche. Gli autori di questo trauma sono gli umani, infatti, la zoonosi è stata causata dal comportamento umano. Gli umani sono convinti di possedere strumenti scientifici, economici, tecnici e non solo in grado di sottomettere la natura, la biosfera, le leggi dell'universo.
E' banale dire che la situazione che stiamo vivendo è complessa e complicata, però anche la banalità ha bisogno di una forma, un pensiero, un disegno, un gioco per evitare che ci incateni nel proprio mondo dialogante composto dal me e dall'io. Il dialogo tra l'io e il me è utile ma rischia di cadere nello spazio della chiusura, nel mutismo individuale che può produrre reazioni personali e sociali inaspettate, per questo è indispensabile trovare dei modi per interagire con gli altri che stanno all'infuori di sé e dal contesto familiare.