La trattazione di ciascuna delle metodologie presentate, in questo e nei post successivi, lungi dall’essere esaustiva, rappresenta una riflessione che ha risvolti molto ampi. Rappresenta infatti un’opportunità di lavoro per gli psicologi che si occupano di ambienti educativi, ma anche una possibilità di riscatto e sviluppo per la scuola e (ambiziosamente) per la società. In questa prospettiva le riflessioni condivise si propongono come l’apertura su una strumenti e possibilità di intervento da approfondire autonomamente.
Questo è supportato dallo sviluppo tecnologico che facilita lo sviluppo di una mentalità,
senza la quale la tecnologia non avrebbe senso: è la mentalità che consente di aprirsi all’altro, superando anche i limiti del territorio
(Isabel Manzione, Annamaria improta & coll.)
Sempre più spesso riferendosi agli adolescenti si parla di nativi digitali, multitasking, capaci di svolgere contemporaneamente più attività nell’universo del virtuale usando contemporaneamente computer, tv e cellulare. Tale uso è sotteso dal bisogno di essere iperconnessi con il mondo esterno ma il rischio è quello di confondere il reale con il virtuale. Inoltre da indagini effettuate all’inizio di ogni anno scolastico da docenti che usiano le TIC da anni, emerge che l’uso di tali tecnologie è spesso “passivo”: giocano, vanno su facebook, partecipano a forum e blog ma poi non sanno svolgere operazioni elementari come salvare un file o ritrovarlo una volta salvato etc…