Ogni medico chirurgo può curare il corpo, ma non deve mai dimenticare che anche l’anima del paziente spesso necessità delle sue cure. In ogni situazione dobbiamo essere sensibili e attenti, specialmente nel lavoro con i profughi che di tragedie umane ne hanno vissute molte.
Invece purtroppo mi è capitato di incontrare spesso colleghi estremante terrorizzati che visitano i profughi tenendoli a una distanza di almeno di due metri, per paura di essere infettati da qualche malattia. Si rivolgono a loro con poche parole pronunciate con durezza e infine disinfettano la sedia su cui i pazienti sono stati seduti.