Nella ricerca delle opportunità lavorative, i candidati sovente commettono alcuni errori che rischiano di compromettere le loro opportunità o di non consentono di accedere a ruoli coerenti con il proprio profilo professionale, con il bagaglio di competenze e abilità, con il percorso formativo formale e le esperienze apprese.
In questa fase storica del mercato del lavoro, decisamente poco vivace, tutti gli esperti consigliano di diventare buoni strateghi e pianificare la propria candidatura valutando tutti i passaggi senza sottovalutare alcun aspetto. Un po’ come un abile commerciale definisce la strategia per collocare un prodotto nel mercato.
Un primo passaggio è quello di definire il target dell’offerta della candidatura ed il secondo conoscere approfonditamente le modalità con cui assume le sue decisioni chi valuterà la coerenza della candidatura con le aspettative dell’organizzazione.
Nel primo caso abbiamo notato come chi cerca lavoro, spesso, venga attratto da aziende visibili sul proprio territorio trascurando la rete di micro e piccole imprese che in realtà costituiscono il tessuto economico prevalente nel panorama italiano, soprattutto in alcune aree. Queste aziende risultano sicuramente meno visibili ma offrono globalmente – dal punto di vista numerico – le maggiori opportunità di occupazione.
In questa categoria di imprese, che agiscono sul modello di una famiglia allargata, la scelta del candidato avviene con modalità e dinamiche complesse che qualcuno ha associato ad un matrimonio ed altri all’ingresso di un figlio adottivo in un nucleo familiare consolidato.
Le PMI infatti, generalmente, non sono in grado di utilizzare strumenti sofisticati e costosi di valutazione e si affidano al colloquio di selezione che, in realtà, risulta il meno predittivo per realizzare il matching fra domanda e offerta lavorativa. La valutazione pertanto, anche in presenza di intermediari, è affidata sostanzialmente alla conoscenza diretta in una interazione che difficilmente supera i 60 minuti ma che non è in grado di approfondire la conoscenza del candidato e soprattutto gli aspetti personali su cui si realizzerà l’adattamento all’interno dell’organizzazione, dei suoi processi tecnici e relazionali.
Un parallelismo forse un po’ azzardato lo paragona al medico e il suo paziente nel colloquio clinico: generalmente questo non è sufficiente e il professionista invia il suo utente a visite specialistiche che richiedono strumenti più affidabili.
Nella nostra esperienza abbiamo notato come se la valutazione viene effettuata da personale interno all’azienda, senza poter disporre di particolare competenza e strumentazione o – come spesso avviene – dallo stesso imprenditore, lo screening si basi su aspetti tecnici e la scelta definitiva, come nel caso della conferma del contratto dopo il periodo di prova o tirocinio, sia invece orientata da aspetti personali che però non potevano emergere durante il colloquio.
Si tratta pertanto di un passaggio delicato che i candidati spesso sottovalutano anche a causa della non apprezzabile abitudine da parte del valutatore di non fornire feedback. Gli eventuali errori, le lacune in termini di competenze ed esperienze in relazione al ruolo professionale, le modalità non corrette di presentare il proprio profilo, finiranno per diventare dei bias, vale a dire degli errori sistematici che finiranno per generalizzare il loro effetto distorcente in ogni occasione.
Allo stesso modo, anche il valutatore – tuttavia – produce bias che se conosciuti possono essere facilmente aggirati dal candidato prima che agiscano negativamente sul processo di scelta.
Nel nostro appuntamento inizieremo ad approfondirli…
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