Un rituale del mattino che mi consta ripetersi da sempre in molte famiglie, e non solo in quelle in cui c'è qualcuno in analisi, è quello di raccontare ciò che si è sognato la notte.
Un rito divertente, socializzante e molto intimo, in cui si mette l'altro a conoscenza di una parte profonda di sé, comunque protetti da quei meccanismi mimetici di censura che lo rendono inintelligibile, almeno nella maggioranza dei casi, a se stessi e all'altro.
La verità, pura e semplice, è che quell'affiorare di fantasie apparentemente scomposte, caotiche, a volte ironiche e altre paurose, ci affascina da sempre, con la sua implicita e tentatrice seduzione di rappresentarci a noi stessi in forma di enigma. Una conoscenza intrinsecamente negata, un "dire e non dire" in cui tutto e consentito, anche se talvolta giungiamo persino a vergognarcene.
Una parte di ciò che sogniamo è in genere legato a qualcosa che ci è accaduto o che abbiamo pensato il giorno prima, per cui spesso il nostro paziente ci rivela, assai orgoglioso, quella che per lui è l' "interpretazione" del sogno, che invece si rivela essere solo un residuo di realtà, un mosaico di immagini rubate allo stato di veglia su cui il sogno costruisce sé stesso.
La verità è molto più profonda, e non sempre immediatamente intelligibile.
Ci sono persone che sognano in maniera "chiacchierona", intrecciando i piani del discorso in maniera a volte inestricabile; altre sognano in forma allusiva e talvolta ironica, e non è così raro che l'interpretazione di un dato segmento del sogno faccia sorridere sia il paziente che il suo analista.
Capita a volte che un sogno pauroso, una volta commentato, riveli aspetti totalmente diversi da ciò che ci si potrebbe aspettare, o che un sogno solare ed apparentemente giocoso riveli risvolti del tutto opposti, e che ci faccia intravvedere una fuga da determinati problemi, magari severi e dolorosi.
Esistono sogni che semplicemente non siamo ancora pronti a comprendere, davanti ai quali il nostro paziente rimane interdetto ed incapace a creare associazioni significative, e di fronte ai quali lo stesso analista rimane perplesso: magari dopo qualche mese il loro significato ci verrà rivelato da nuove connessioni e nuovi commenti, perché nell'analisi, come del resto nella vita, si deve anche saper attendere che le cose maturino.
Vi sono, infine, sogni che affondano le loro radici in strati così profondi della psiche che possiamo solo spiegarli ricorrendo al biologico, e che rimarranno, in fondo, un mistero per sempre insoluto.
Ma grazie a Dio ci sono anche sogni illuminanti, chiari a tal punto che quasi non ci sarebbe nemmeno bisogno dell'analista per comprenderli, e ciò accade, in genere, quando tocchiamo la vera matrice di un problema, quando lo abbiamo scandagliato, maturato e compreso fino in fondo.
E' difficile spiegare in qual modo e perché quando accade questo il nostro paziente si sente, e sia, più libero: ma l'essere umano cerca un senso nelle cose e nel suo stesso esistere, e perciò - forse - si può dire che l'attribuzione di un senso ci libera dalle angosce del buio e dell'ignoto, e ci infonde la speranza che dove c'era la paura del buio tornerà la luce del giorno.
Articolo a cura del Dottor Claudio Nudi
By accepting you will be accessing a service provided by a third-party external to https://psiconline.it/
Commenti