#Ana,#Sue,#Cut: gli hashtag dell'autolesionismo
In rete sono presenti hashtag come #Ana, #Sue, #Cut, le cui traduzioni significano anoressia, suicidio e autolesionismo. Dalla ricerca di questi hashtag, gli utenti del mondo online sono esposti ad una serie di messaggi provenienti da persone che presentano malattie mentali o problematiche particolari.
“I giovani che sono già fragili e forse hanno già esperienza di autolesionismo potrebbero essere massicciamente stimolati da questo tipo di cose e incoraggiati a nuocersi nuovamente. Quando l'autolesionismo viene glorificato, come in questo caso, e quindi valutato positivamente, il rischio è particolarmente elevato”. F. Köhnlein
L'era di Internet ha rivoluzionato enormemente il nostro modo di vivere, generando una divisione tra due universi, quello online e quello offline.
Con l'avvento delle nuove tecnologie, l'universo online si è popolato dei diversi social media, tra cui Twitter, Instagram, Facebook, TikTok e Tumblr.
Ciò che risulta sconcertante, secondo una ricerca condotta dall'Università di Cornell, è la presenza in rete di hashtag come #Ana, #Sue, #Cut, le cui traduzioni significano anoressia, suicidio e autolesionismo.
Dalla ricerca di questi hashtag, gli utenti del mondo online sono esposti ad una serie di messaggi provenienti da persone che presentano malattie mentali o problematiche particolari.
Su Instagram, ad esempio, è possibile trovare foto di utenti con tagli freschi sulle braccia accompagnati dall'hashtag #Cut, volti a evidenziare i comportamenti autolesionisti sottostanti.
Uno studio condotto da Janis Whitlock, Jane Powers e John Eckenrode, dell'Università di Cornell, hanno scoperto che le segnalazioni relative ad immagini autolesioniste sono state per lo più condivise da adolescenti con età compresa tra i 14 ed i 20 anni.
Con tanti giovani che accedono quotidianamente ai social media, l'adesione a queste comunità online può essere preoccupante.
In un'intervista con Vice, Frank Köhnlein, uno psichiatra per adolescenti dell'Università clinica di Basilea, ha discusso come i giovani di oggi siano particolarmente vulnerabili:
“i giovani che sono già fragili e forse hanno già esperienza di autolesionismo potrebbero essere massicciamente stimolati da questo tipo di cose e incoraggiati a nuocersi nuovamente. Quando l'autolesionismo viene glorificato, come in questo caso, e quindi valutato positivamente, il rischio è particolarmente elevato”.
All'interno di uno studio, il ricercatore D.Whitlock ha dimostrato che le interazioni online possono ridurre l'isolamento sociale negli adolescenti poiché gli scambi permettono agli adolescenti di connettersi facilmente con gli altri.
In sostanza, i social media possono servire come gruppo di supporto virtuale in cui gli utenti ottengono un supporto immediato.
Tuttavia, le implicazioni negative possono superare quelle positive; Whitlock ha anche scoperto che la partecipazioni agli scambi di messaggi online sull'autolesionismo, in linea di massima può normalizzare o incoraggiare questo comportamento, attraverso l'insegnamento di tattiche volte a nascondere i comportamenti autolesionisti.
Un ulteriore studio di Carla Zdanow e Bianca Wright del Dipartimento di Giornalismo, Media e Filosofia dell'Università Metropolitana di Nelson Mandela, ha esaminato le dichiarazioni degli utenti all'interno di due gruppi Emo di Facebook.
Hanno riscontrato che argomenti quali taglio e autolesionismo vengono citati spesso, accompagnati da opinioni positive e affermative per tali comportamenti.
Siti come Instagram sono consapevoli dell'ambiente precario che gli utenti creano.
Quando si cercano tag come #Sue o #Ana, viene visualizzato un avviso di “Content Advisory”, in sui ci sottolinea che “i post possono contenere contenuti grafici. Per informazioni e supporto al suicidio o autolesionismo, clicca su 'Ulteriori informazioni'”.
In poche parole l'avviso visualizza un collegamento a Befrienders WorldWide, un sito che fornisce un supporto emotivo al fine di prevenire il suicidio.
Gli utenti possono quindi scegliere di visualizzare i post o allontanarsi dalla ricerca originale.
Instagram delinea i tipi di foto e video che sono “appropriati” per la pubblicazione, all'interno delle loro Community Guidelines, specificando che i disordini alimentari e le lesioni personali non sono accolte nella comunità.
Megan Moreno, del Seattle Children's Research Insitute ha condotto un studio volto a rintracciare i principali hashtag di Instagram relativi all'autolesionismo non suicidario.
Una pagina particolare su Instagram in cui vengono spesso citate le parole inerenti le malattie mentali è intitolata #MySecretFamily, e presenta oltre 1,5 milioni di risultati di ricerca.
Solo un terzo degli hashtag correlati ha generato avvisi di consulenza sui contenuti, il che significa che la maggior parte di questi contenuti è facilmente accessibile a tutti gli utenti di Instagram, indipendentemente dall'età o dalla stabilità mentale.
In un'intervista con “A Stark Reality”, un'adolescente di 15 anni della Danimarca, il cui nome è stato cambiato per proteggere la sua identità, ha descritto il suo rapporto con la comunità online così:
“La comunità significa che possono esprimermi e parlare con persone di tutto il mondo che si sentono nello stesso modo. A volte ci rallegriamo, altre volte ci trasciniamo in quel grosso buco nero chiamato tristezza”.
“In meglio o in peggio, le persone si avvicinano alle comunità online in cerca di una conferma e senso di appartenenza, e questo, se non tenuto sotto controllo, potrà solo rinforzare determinati atteggiamenti fino a quando non si configureranno come la norma!”, hanno concluso i ricercatori.
(a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)
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