Ruolo del cervelletto nella schizofrenia
Secondo un nuovo studio, condotto presso l’Università di Oslo in Norvegia, il cervelletto è una delle regioni cerebrali maggiormente implicate nella schizofrenia.
Quest’ultima è un disturbo mentale cronico debilitante, caratterizzato da sintomi psicotici (definiti “positivi”) quali: deliri, allucinazioni, paranoia e pensieri disordinati; nonché dai così detti sintomi negativi, quali: perdita di motivazione o di giudizio, problemi di memoria, movimento rallentato, disinteresse nell'igiene e ritiro sociale.
I risultati, pubblicati sulla rivista Molecular Psychiatry, mostrano come il volume del cervelletto dei pazienti affetti da schizofrenia sia di dimensioni ridotte rispetto a quello delle persone sane.
Lo studio di imaging cerebrale è, ad oggi, lo studio che si è maggiormente focalizzato sul ruolo del cervelletto nella schizofrenia e che ha avuto importanti implicazioni per la comprensione di questo tipo di disturbo.
Sebbene il cervelletto occupi solo il 20% del cervello umano, tuttavia comprende ben il 70% dei suoi neuroni. Inoltre, dal momento che esso è da tempo associato al movimento e alla coordinazione motoria, raramente è stato incluso all’interno di studi incentrati sulle basi biologiche dei disturbi mentali.
Per questa ricerca, gli studiosi hanno analizzato le scansioni cerebrali di 2.300 soggetti, proveniente da 14 paesi differenti, attraverso l’utilizzo di strumentazioni sofisticate che hanno permesso di osservare sia il volume che la forma del cervello.
I risultati hanno messo in evidenza come il cervelletto sia una fra le regioni cerebrali con le differenze più evidenti e consistenti nella schizofrenia. Il gruppo di partecipanti aventi questo disturbo, infatti, presentava un volume cerebellare di dimensioni ridotte rispetto agli individui sani.
Il Dr. Torgeir Moberget, autore principale dello studio, ha affermato che i risultati ottenuti hanno mostrato chiaramente il forte coinvolgimento del cervelletto nel disturbo schizofrenico.
Inoltre, egli ritiene che, dal momento che la maggior parte dei disturbi mentali insorge durante l’infanzia e l’adolescenza, una maggiore comprensione delle cause alla loro base può condurre a migliorare sia i trattamenti che l’assistenza verso i pazienti.
Un secondo autore, il Dr. Lars T. Westlye, invece, ha dichiarato che per sviluppare trattamenti utili a prevenire o a modificare tale disturbo bisogna comprendere il motivo per il quale alcune persone sono a rischio di svilupparlo.
La grande mole di dati ha permesso ai ricercatori di concentrarsi sulle differenze relative al volume cerebrale nei pazienti affetti da schizofrenia attraverso il confronto con i controlli sani.
Moberget ha affermato che è importante sottolineare che le differenze cerebrali riscontrabili nella schizofrenia sono in genere molto sottili ed che è per questo motivo che i diversi studi riguardanti la stessa tematica si sono rivelati piuttosto importanti.
L’aver condotto molteplici ricerche che hanno portato allo stesso schema, ripetuto in diversi gruppi di pazienti provenienti da nazionalità differenti, ha reso i risultati ottenuti in questo studio molto convincenti.
Tratto da: PsychCentral
(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Claudia Olivieri)
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