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Salute e Benessere

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salute e benessere

La salute non è semplicemente l’assenza di malattia, ma lo stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Questa è la definizione di salute data nel 1946 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e attualmente costituisce il criterio fondamentale per la valutazione delle azioni sanitarie rivolte ai singoli e alle collettività.

Nel 1978 venne promulgata la “Dichiarazione di Alma Ata” centrata sulla necessità dello sviluppo della assistenza sanitaria di base ai fini di contribuire su scala mondiale al raggiungimento della salute come diritto fondamentale dell’essere umano.

Il possesso del miglior stato di salute conseguibile costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano; il suo raggiungimento è l’obiettivo dell’OMS che attua interventi riconoscendo la salute come una dimensione chiave della qualità della vita. La strategia di tali interventi viene denominata “promozione della salute” intendendo “il processo teso a rendere le persone sempre più in grado di controllare e migliorare le proprie condizioni di salute” (Carta di Ottawa, 1986).

La promozione della salute, rivolta a gruppi di popolazione più che a singoli individui, si propone di influenzare i fattori che determinano il contesto di vita quotidiana al fine di eliminare per quanto possibile le cause di malattia (prevenzione) e di favorire l’assunzione di atteggiamenti positivi a sostegno e mantenimento della salute secondo un approccio salutogenico (Antonovsky, 1979, 1987), ovvero non semplicemente “eliminatore di malattia” ma “generatore di salute”.

Cardini di questa azione sono la protezione della salute e l’educazione sanitaria. Con protezione della salute si intende una serie di controlli legali e amministrativi, di regole e procedure, tutti indirizzati a influenzare positivamente, in modo diretto o indiretto, la salute del singolo e della comunità.

L’educazione sanitaria è un’attività di comunicazione intesa a incrementare la salute, a eliminare i fattori di rischio e a prevenire le malattie, rivolta a soggetti singoli o a intere comunità e realizzata influenzando positivamente le conoscenze, gli atteggiamenti e i comportamenti del singolo, delle comunità, dei detentori del potere.

Le conoscenze comprendono: le nozioni relative al corpo e alle sue cure; le informazioni relative alla disponibilità e all’uso dei servizi sanitari; la comprensione dei meccanismi ambientali, occupazionali e comportamentali di rischio, nonché delle politiche nazionali in atto per la tutela della salute e per la lotta contro le malattie (Smith, 1979). Quindi l’obiettivo è favorire processi di cambiamento, non ottenibili lavorando solo sulla comunicazione medica, tenendo conto che gli atteggiamenti e i comportamenti sono influenzati dalla cultura.

Attraverso un metodo interdisciplinare che comprende la medicina, la sanità pubblica, l’economia, il diritto, la psicologia, le scienze dell’educazione, della comunicazione e dello sviluppo, con la Carta di Ottawa (1986) l’OMS disciplina gli interventi di promozione della salute nelle varie situazioni ambientali e sociali, intendendo la salute come esperienza positiva di benessere e non solo come assenza di sofferenza fisica o psichica. I problemi della salute non sono connessi solo con gli stili di vita a rischio ma sono influenzati dalle condizioni di vita e lavoro, l’obiettivo è rendere le scelte più facili favorendo l’accesso alla salute con la realizzazione di un ambiente a esso favorevole e programmi di intervento in grado di perseguirla.

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Possiamo delineare tre rivoluzioni della sanità pubblica. La prima sarebbe stata dedicata alla lotta alle malattie infettive, la seconda alla modificazione delle abitudini individuali predisponesti alle malattie non comunicabili (cancro, infarto) e alla morte premature, la terza al riconoscimento della salute come dimensione chiave della qualità della vita.

L’obiettivo “Health for all 2000” (OMS, 1977), il conseguimento da parte di tutti i cittadini entro l’anno 2000 di un livello di salute che renda possibile una vita socialmente ed economicamente produttiva, è stato ridimensionato con l’obiettivo “Health for all” (OMS, 1998), fondamentale diritto a raggiungere e mantenere il più elevato livello di salute ottenibile per il ventunesimo secolo.

La salute è stata definita come uno stato di benessere non solo fisico ma anche mentale e sociale. Cosa significa? Edonismo e eudaimonismo sono due prospettive di benessere con origine in due distinte filosofie.

Si possono individuare le basi della tradizione edonica nell’antica Grecia, in cui Aristippo esortava a sperimentare il massimo piacere possibile e sosteneva che la felicità e la qualità della vita fossero il risultato della somma dei singoli momenti edonici.

La psicologia edonistica studia ciò che rende piacevoli e spiacevoli le esperienze e la vita (Kahneman, 1999). In questa prospettiva il benessere e l’edonismo si equivalgono.

Anche la tradizione eudaimonica ha origini antiche. Aristotele denigrava il soddisfacimento dei piaceri in sé e per sé, mentre riteneva che la felicità si basasse sull’espressione della virtù, cioè nel fare ciò che si ritiene importante.

Fromm (Fromm, 1981) è tra gli psicologi che porta avanti tale concezione e sostiene che il benessere è il risultato della realizzazione di quei bisogni che conducono allo sviluppo della natura umana. L’eudaimonica considera ben distinti il benessere e la felicità in sé e per sé, perché solo il soddisfacimento di alcuni desideri è in grado di promuovere il benessere.

Ad esempio Waterman (Waterman, 1993) ritiene che è possibile raggiungere l’eudaimonia vivendo secondo il proprio vero sé, svolgendo attività congruenti con la propria natura e i propri valori profondi, cosi le persone si sentono vive e quel che sono. In questo senso si parla di espressività personale (Personal Expressiveness, PE) che comporta sviluppo e crescita, contrapposto all’edonismo che è caratterizzato da una situazione di rilassamento e una sensazione di lontananza dai problemi.

L’edonismo riflette la visione secondo cui l’evoluzione è data dall’adattamento omeostatico, il benessere corrisponde al soddisfacimento del piacere immediato e la felicità è data dalla totalità dei momenti di piacere. Il fare lo strappo alla regola. L’eudaimonismo invece vede lo sviluppo come un adattamento antiomeostatico caratterizzato da un aumento della complessità al fine di mettere in moto le caratteristiche del funzionamento normale.

Il benessere corrisponde alla soddisfazione, porta dentro il piacere ma potrebbe non coincidere con esso, è qualcosa di più della semplice felicità, vista come la realizzazione della propria natura, ciò per cui una persona è portato a fare; alla base vi è l’idea di integrità, di indentità, chi sono io, e quindi la realizzazione del proprio potenziale.

In una prospettiva edonica si parla di benessere soggettivo (Diener & Lucas, 1999) le cui componenti sono la soddisfazione della propria vita, la presenza di buon umore e la presenza di malumore. Mentre la prima componente corrisponde ad una dimensione cognitiva relativa alla valutazione del soggetto rispetto alle proprie condizioni di vita, le ultime due costituiscono stati emotivi caratterizzati da valenza opposta. Ciascuna di tali componenti può essere, a sua volta, suddivisa in una serie di sottocomponenti.

La soddisfazione globale di una persona può essere suddivisa nella soddisfazione rispetto ai vari ambiti della sua vita come il lavoro, la famiglia, lo svago e le amicizie, e all’interno di ciascun ambito è possibile individuare altre molteplici sfaccettature nelle quali si declina la soddisfazione della persona.

Nell’affettività positiva (presenza di buon umore) è possibile individuare esperienze emotive differenti come quelle di gioia, orgoglio, entusiasmo, mentre nell’affettività negativa (presenza di malumore) è possibile distinguere altrettanti vissuti differenziati come quello di paura, colpa e tristezza. In una prospettiva eudaimonica si parla di benessere psicologico (Ryff & Singer, 1998) consistente nel cercare la perfezione che rappresenta la realizzazione del vero potenziale di ciascuno, promossa da autonomia (autodeterminazione, indipendenza, capacità di resistere alle pressioni sociali), crescita personale (sentimenti di continuo sviluppo, apertura nei confronti delle esperienze, sensazione di realizzare le proprie potenzialità), autoaccettazione (atteggiamento positivo verso il proprio sé, accettare le proprie qualità positive e negative, avere sentimenti positivi nei confronti della propria vita passata), scopo nella vita (avere scopi nella vita e un senso di direzionalità, sensazione che la propria vita abbia un significato), padronanza (senso di padronanza e competenze nel gestire l’ambiente, capacità di controllare una gamma complessa di attività), relazioni positive (relazioni interpersonali soddisfacenti, caratterizzate da fiducia, mostrare interesse per il benessere altrui, essere capaci di empatia, affetto, intimità).

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La felicità soggettiva non corrisponde al benessere anche se produce piacere. La teoria dell’autodeterminazione (Ryan & Deci, 2000) individua tre bisogni psicologici di base, autonomia, competenza, relazioni sociali, il cui soddisfacimento è essenziale per la crescita psicologica, l’integrità, il benessere, la vitalità e la congruenza con se stessi.

Tale teoria si focalizza sulle condizioni e i fattori che facilitano o minacciano il benessere in vari contesti e periodi. In tale prospettiva il benessere è un costrutto che viene analizzato a livello intra e interpersonale, con un’influenza reciproca tra tali livelli.

Anche in questo caso il benessere soggettivo non conduce necessariamente al benessere eudaimonico. La fiducia nelle proprie possibilità, la capacità di controllare e di attivare energie positive e il gusto per la sfida hanno spinto a credere che lo stato naturale è rappresentato dal cambiamento, non dalla stabilità.

Ciascun individuo può essere motivato dalla libertà di scegliere gli aspetti positivi del cambiamento in una prospettiva eudaimonica del benessere.

 

Articolo a cura della Dottoressa Annalisa De Filippo

 


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