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Quando la famiglia non è un nido sicuro

Quando la famiglia non e un nido sicuro

La cura, il dialogo, l’affettività sono tratti distintivi di un buon ambiente familiare.
Purtroppo, però a volte questo equilibrio viene a mancare e le famiglie si trasformano in luoghi insicuri
dove i comportamenti violenti agiti dagli uomini nei confronti di madri e figli
compromettono la salute fisica e mentale di entrambi.
(Save the Children)

 

Riprendo la mia attività con il blog con una piccola riflessione su quanto sta succedendo in Italia in questi giorni.

Di fronte al 109° femminicidio del 2023 mentre c'è un bombardamento mediatico sull'educazione emozionale e/o sentimentale e su questo vorrei soffermarmi per fare qualche considerazione.

Nei dibattiti televisivi in questi giorni si è puntato il dito contro le due istituzioni educative cardine: la famiglia e la scuola.

La famiglia, come prima agenzia educativa, dovrebbe essere il nido, il posto sicuro dove i bambini possano respirare affetto e rispetto. Ciò che caratterizza un ambiente familiare sano è la presenza di cure, comunicazione e affettività.

Purtroppo, non sempre questo si realizza e, in alcune circostanze, questo equilibrio viene meno e quello che doveva essere il “posto sicuro” diventa il luogo dove la bambina e/o il bambino diventa spettatore (o anche vittima) trasforma la famiglia in un contesto insicuro, in cui comportamenti violenti da parte degli uomini verso madri e figli mettono a rischio la salute sia fisica che mentale di entrambi.

Con il termine "violenza assistita intrafamiliare," si fa riferimento all'esperienza del bambino/a di qualsiasi tipo di maltrattamento perpetrato attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica nei confronti di figure di riferimento o altre figure affettivamente significative, sia adulte che minori. Il bambino può sperimentare direttamente tale violenza (quando avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti. Questa definizione comprende anche l'assistere a violenze inflitte su altri minori e/o membri della famiglia e ad abbandoni e maltrattamenti nei confronti di animali domestici (CISMAI, 1999).

La violenza assistita ha atteso a lungo prima di essere riconosciuta come una forma di maltrattamento alla stregua delle altre. Questo ritardo si riflette ora nel progressivo riconoscimento delle singole storie. I bambini vittime di questa forma di violenza spesso rimangono invisibili per molto tempo, poiché coloro che dovrebbero prendersi cura di loro sono distratti da altre responsabilità, spesso inconsapevoli di infliggere sofferenza, anche se non agiscono direttamente con violenza.

La violenza assistita può essere considerata come un segreto familiare, operando come tale, condiviso tra tutti i membri della famiglia e mantenuto nascosto agli occhi del mondo esterno. Nei primi anni di vita del bambino/a, le dinamiche familiari permeate da violenza sembrano normali poiché rappresentano la quotidianità.

La violenza assistita si caratterizza per trovarsi sullo "sfondo" di una violenza più ampia, con i protagonisti che sono piccoli testimoni collocati in una situazione paradossale. Questi bambini si rendono conto che la loro sopravvivenza dipende dalle cure dei genitori, ma allo stesso tempo sentono l'urgenza di proteggere la propria madre.

Nel prossimo post le conseguenze della violenza assistita.

 

Cuando la familia no es un nido seguro 1

El cuidado, el diálogo y el afecto son señales típicas de un buen ambiente familiar.
Pero, por desgracia, a veces falta este equilibrio y las familias se convierten en lugares inseguros
donde el comportamiento violento de los hombres hacia las madres y los hijos
comprometen la salud física y mental de ambos.
(Save the Children)

Retomo mi actividad con el blog con una pequeña reflexión sobre lo que está ocurriendo en Italia en estos días.

Ante el feminicidio número 106 en 2023 en Italia mientras hay un bombardeo mediático sobre la educación emocional y/o sentimental, me gustaría detenerme en ello para hacer algunas consideraciones.

En los debates televisivos de estos días, se ha señalado con el dedo a las dos instituciones educativas fundamentales: la familia y la escuela.

La familia, como primer organismo educativo, debe ser el nido, el lugar seguro donde los niños respiren afecto y respeto. Lo que caracteriza a un entorno familiar sano es la presencia del cuidado, de la comunicación y del afecto.

Desgraciadamente, no siempre es así y, en algunas circunstancias, este equilibrio se rompe y lo que debía ser el "lugar seguro" se convierte en el lugar donde la niña y/o el niño se convierten en espectadores (o incluso en víctimas) transformando la familia en un contexto inseguro, donde el comportamiento violento de los hombres hacia las madres y los niños pone en peligro su salud física y mental.

El término "violencia intrafamiliar presenciada" se refiere a la experiencia del niño de cualquier tipo de maltrato perpetrado mediante actos de violencia física, verbal, psicológica, sexual y económica contra figuras de referencia u otras figuras afectivamente significativas, tanto adultos como menores. El niño puede experimentar dicha violencia directamente (cuando se produce en el campo perceptivo del niño), indirectamente (cuando el niño es consciente de la violencia) y/o percibiendo sus efectos. Esta definición también incluye presenciar la violencia infligida a otros menores y/o miembros de la familia y el abandono y maltrato de animales domésticos (CISMAI, 1999).

La violencia doméstica ha esperado mucho tiempo antes de ser reconocida como una forma de maltrato al igual que las demás. Este retraso se refleja ahora en el reconocimiento progresivo de las historias individuales. Los niños víctimas de esta forma de violencia suelen permanecer invisibles durante mucho tiempo, ya que quienes deberían ocuparse de ellos están distraídos con otras responsabilidades, y a menudo no son conscientes de que están infligiendo sufrimiento, aunque no actúen directamente con violencia.

La violencia doméstica puede considerarse un secreto familiar, que funciona como tal, compartido entre todos los miembros de la familia y que se mantiene oculto a los ojos del mundo exterior. En los primeros años de vida de un niño, la dinámica familiar impregnada de violencia parece normal porque representa la vida cotidiana.

Ser testigo de la violencia se caracteriza por estar en el "segundo plano" de una violencia más amplia, siendo los protagonistas pequeños testigos colocados en una situación paradójica. Estos niños se dan cuenta de que su supervivencia depende del cuidado de sus padres, pero al mismo tiempo sienten la urgencia de proteger a su madre.

En el próximo post las consecuencias de ser testigo de la violencia.

 

Bibliografia

 

Note

1 Supervisión de la traducción al castellano: Carla Raschia, Isabel Ines Mansione, Diana Zac.

 

 

 

 

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