Afefobia
L’afefobia è una fobia specifica che si concretizza con il disagio e la paura ingiustificate e persistenti di toccare e di essere toccati da altre persone.
La parola afefobia, data dall’unione di due parole greche “ἄπτω” (toccare) e “φόβος” (paura) è la paura inconscia di una possibile violazione della sfera intima.
Nella maggior parte dei casi questa fobia, se specifica, ha risvolti di tipo sessuale in quanto la paura del contatto fisico è legata solo alle persone del sesso opposto. Nei casi di afefobia generalizzata, invece, la fobia del contatto fisico è estesa a tutte le persone, sia conosciute sia estranee.
Nelle prime fasi della vita, il bambino percepisce l’affetto e la presenza dei genitori proprio attraverso il contatto fisico e, se questo viene a mancare, il piccolo da adulto potrebbe sviluppare l’afefobia. Non a caso alla base di tale paura c’è, spesso, un trauma non superato o la mancanza di affetto e di vicinanza da parte dei genitori durante l’infanzia.
Quindi la paura del contatto fisico molto frequentemente è associata ad una violenza sessuale subita durante l’infanzia; è stato accertato, infatti, che molti adulti, abusati in età infantile, hanno poi somatizzato il trauma subito, con la paura di essere toccati.
Il contatto fisico riveste un ruolo primario nella vita sociale; alla nascita è il senso più sviluppato e contribuisce in maniera determinante all’evoluzione del pensiero, del cervello e allo sviluppo dei legami interpersonali.
Nel primo anno di vita, poi, la sua presenza o la sua assenza giocano un ruolo chiave per imparare a comunicare; inoltre, la frequenza con cui si è tenuti in braccio, coccolati, accarezzati dopo la nascita consente al neonato di sviluppare il senso dello spazio e del tempo, proprio in conseguenza delle ripetute separazioni e contatti con chi si prende cura di lui.
- I sintomi della paura del contatto fisico
La paura del contatto fisico non è immediatamente riconoscibile. Spesso la ritrosia dimostrata da alcune persone al contatto fisico viene scambiata con la timidezza. L’afefobia risulta evidente solo quando i sintomi cominciano a diventare più gravi e la paura del contatto fisico comincia ad influenzare pesantemente la vita e le scelte del soggetto.
La paura del contatto fisico si esprime essenzialmente con il disagio e la repulsione ingiustificata e incontrollata del contatto con le persone. Le persone affette da questa fobia cercano di proteggere disperatamente i propri spazi, per timore di possibili invasioni della loro sfera personale o per timore di eventuali contaminazioni. Spesso, le persone affette da afefobia, temono il contatto fisico per la paura di essere contagiate con germi e batteri.
Quando si trovano in una situazione considerata a rischio cominciano ad avvertire un forte disagio, a tremare e a sudare. Nervosismo, angoscia, senso di soffocamento sono le sensazioni che solitamente assalgono chi sfugge il contatto fisico.
Sentire che l’altro ha superato la distanza di sicurezza e magari ci sta abbracciando spontaneamente anche solo per dimostrare riconoscenza, ci crea disagio, imbarazzo, fastidio, malessere: è come sentirsi nudi, senza protezione. Possono verificarsi episodi di tachicardia, problemi di respirazione ed attacchi di panico in circostanze che non rispettano, per la persona che soffre di afefobia, tale distanza di sicurezza.
L’istinto porta ad attuare un meccanismo di conservazione detto di "evitamento", ovvero, allontanarsi da tutte le situazioni in cui potrebbero entrare in contatto fisico con altre persone.
Sono evidenti le notevoli limitazioni determinate nella sfera privata, lavorativa e sessuale dalla paura del contatto fisico. Limitazioni che a lungo andare portano al completo isolamento del soggetto e allo sviluppo di disturbi psichici molto gravi di conseguenza.
- Curare la paura del contatto fisico
La paura del contatto fisico è una fobia specifica, ovvero, un disturbo d'ansia causato da una paura irrazionale legata ad un oggetto o ad una situazione specifica. In questi casi si consiglia di intervenire con una terapia cognitivo - comportamentale che aiuti il soggetto a razionalizzare la propria fobia, a gestire le proprie paure e a realizzare che non c’è nulla da temere, in tal caso, nel contatto fisico con le altre persone. Lo psicoterapeuta, solitamente, ritiene opportuno esporre in maniera graduale e controllata il soggetto alla sua paura in modo da aiutarlo a comprendere l’irrazionalità della suddetta.
Le cause di questo disagio vanno ricercate attraverso il supporto di una figura professionale e, prima di tutto, nella relazione con i genitori. Per esempio sarebbe utile chiedersi che tipo di rapporto abbiamo avuto con il tatto quando eravamo bambini, dato che il corpo ha una memoria storica e porta su di sé segni anche invisibili.
Non a caso nei primi mesi di vita, i pediatri consigliano alla madre e al padre di far sentire al figlio la loro presenza fisica proprio attraverso il contatto, le carezze e l’abbraccio. Questo fa si che il bambino possa vivere un’esperienza positiva del proprio corpo, crescere sentendosi amato e protetto e allo stesso tempo possa sviluppare sicurezza di sè e fiducia negli altri.
Naturalmente però, un eccesso di amore, così come di troppo contatto fisico, prolungato nel tempo, può avere delle conseguenze opposte che si possono riscontrare nel futuro adulto: fuga dal contatto fisico e quindi dalle relazioni umane.
Per approfondimenti:
- Fobiasociale.org
- La Stampa
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