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Anosognosia

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on . Postato in Le parole della Psicologia | Letto 12023 volte

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Il termine, che deriva dal greco, significa letteralmente “mancanza di conoscenza sulla malattia”. Per la precisione, “nosos” significa malattia, “gnosis” sta per conoscenza e il prefisso “a" privativo conferisce complessivamente il significato di assenza.

 

È un disturbo neuropsicologico, descritto per la prima volta nel 1914 da Joseph Babinski in occasione delle sue osservazioni sull’emiplegia cerebrale, per il quale i pazienti ignorano, o sembrano ignorare, l’esistenza della paralisi da cui sono colpiti.

Tale “deficit di consapevolezza” può manifestarsi in assenza di disturbi specifici della memoria, del ragionamento o di degenerazione cognitiva.

Il paziente anosognosico è del tutto incapace di riconoscere e riferire il suo stato di malattia e manifesta, invece, la ferma convinzione di possedere ancora le capacità (motorie o cognitive) che in realtà ha perso in seguito a lesione cerebrale. Se messo a confronto con i suoi deficit, il paziente attua delle confabulazioni, ovvero offre delle spiegazioni assurde e incoerenti con la realtà dei fatti.

Solitamente si distingue tra anosognosia verbale (diniego verbale dell’emiplegia) e anosognosia comportamentale (mancato riconoscimento del lato paralizzato a livello comportamentale). In quest’ultimo caso si osservano anche fenomeni particolari, tra i quali la “somatofrenia”, consistente nella convinzione che il proprio arto paralizzato appartenga a un’altra persona e la “personificazione dell’arto paralizzato”, cioè il fatto che il soggetto designa i propri arti con diminutivi e nomi propri.

L’anosognosia è un disturbo selettivo: in pazienti che riportano più sintomi, per esempio mostrano sia cecità corticale che empiplegia, può verificarsi una dissociazione tra  la consapevolezza per la prima e l' anosognosia per la seconda, o viceversa; oppure, ad esempio, un paziente emiplegico può essere anosognosico riguardo soltanto uno degli arti paralizzati.  Il disturbo si verifica per una combinazione di un focolaio cerebrale localizzato in un punto qualsiasi con una lesione cerebrale diffusa e topicamente aspecifica.

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L' anosognosia rimane per certi versi ancora un mondo da scoprire per gli addetti ai lavori. In passato in molti attribuivano i sintomi del diniego della malattia ad un meccanismo di difesa psicologico; in realtà è possibile escludere questa ipotesi ed orientarsi verso una definizione del disturbo inteso come il risultato di una lesione specifica che altera alcune funzioni cognitive.

Da qui lo sviluppo di alcune teorie relative alla dinamica patologica dell’anosognosia, vista comer il risultato dell’alterazione da parte del nostro cervello della capacità di “autosservare” lo stato del proprio corpo e di costruire un “sè” concreto ed attendibile; non a caso, a supporto di ciò, è stato dimostrato che le aree somatosensitive hanno il compito di elaborare e dare un significato a tutte le informazioni del nostro corpo, al soma, mettendo a repentaglio la nostra capacità di automonitorarci.

Si può verificare un recupero dell'anosognosia in maniera spontanea o tramite riabilitazione ma, quest’ultimo caso, sicuramente è ostacolato dal fatto che il paziente anosognosico è meno motivato a recuperare un deficit che non riconosce.

 

Per approfondimenti:

  • Dizionario della Psicologia, Ed. Paoline
  • Enciclopedia Treccani

 

(a cura della Dottoressa Benedetta Marrone)

 


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Tags: anosognosia mancanza di conoscenza malattia disturbo neuropsicologico deficit di consapevolezza

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