Anoressia nervosa e trattamento
Alcuni esperti nella gestione dei disturbi alimentari hanno proposto un nuovo approccio per il trattamento dell'anoressia nervosa, il cui scopo non è quello di 'curare' i pazienti, ma di migliorare la loro qualità di vita, non solo promuovendo un aumento di peso, ma aumentando anche la loro stabilità medica.
Uno dei disturbi mentali su cui oggi ci sono diversi dibattiti all'interno della comunità scientifica è sicuramente l'anoressia nervosa.
Molte sono le ipotesi che si pensa siano sottostanti la malattia, come l'influenza dei media, i ritratti di modelle scarne sulle riviste che si tramutano in ideali di bellezza, o, da un punto di vista psicodinamico, un tentativo delle persone di ottenere il controllo delle situazioni attraverso un controllo esercitato sul cibo.
Questo tipo di visione, secondo il Dottor Paul Rhodes, Docente di Psicologia presso l'Università di Sidney, a volte può rivelarsi estremamente semplicistica, in quanto non si va a fondo sulle modalità di pensiero, il dolore e la sofferenza presente, e sul profondo disagio di una malattia che affonda le sue radici nella genetica, nella personalità e nella società.
I trattamenti per bambini e adolescenti sono molto lunghi; le ricerche evidenziano che il 60% di questi può recuperare attraverso un trattamento basato sulla famiglia.
Il duro sforzo fatto dai genitori durante un periodo di 12 mesi può quindi fare la differenze e il recupero può quindi essere raggiunto, ma è bene sottolineare che bisogna “incamminarsi” presto, entro i primi tre anni, perchè vi siano delle ottime possibilità per una completa remissione della malattia.
Questo aspetto è stato sottolineato in quanto la letteratura ha osservato che, tuttavia, il 5% dei pazienti spesso muore; alcuni di questo si suicidano perchè la sofferenza diviene insopportabile, il 20% sviluppa una condizione grave e cronica che li porta a non riuscire più a distinguere l'anoressia dal nucleo della propria identità.
Questo specifico gruppo di pazienti difficilmente risponde al trattamento, ripongono meno speranze nella cura, in quanto la malattia le ha invase, ma alcuni leader nel trattamento psicologico dell'anoressia nervosa stanno proponendo un nuovo paradigma.
Il loro scopo non è quello di curare i pazienti, ma di migliorare la loro qualità di vita, non solo promuovendo un aumento di peso, ma aumentando la stabilità medica, basandosi non sulla coercizione, ma sulle comunità di cura.
Offrono così qualche speranza sulla possibilità di sopravvivere attraverso un modello di trattamento più olistico.
Le principali componenti di questo nuovo approccio riguardano il concentrarsi sul miglioramento dell'alimentazione, e non sul peso; promuovere un miglioramento di aspetti quali l'indipendenza e il funzionamento interpersonale; sviluppare la qualità della vita della persona, includendo l'impegno in attività sociali significative; sostenere i membri della famiglia e la rete amicale nel fornire assistenza, imparando così a gestire alcuni aspetti del disturbo; sviluppare un team multidisciplinare e un approccio collaborativo nel momento in cui subentrano le crisi mediche; focalizzarsi sui punti di forza e le competenze della persona, e non solo sui loro problemi e vulnerabilità.
Un recente studio suggerisce che tale approccio potrebbe funzionare; i ricercatori hanno adattato la tradizionale terapia cognitiva-comportamentale con i principi appena esposti e confrontato con un trattamento clinico di tipo supportivo.
A distanza di 12 mesi la terapia cognitivo-comportamentale aveva migliorato le interazioni sociali, abbassato alcuni dei sintomi psicologici dell'anoressia e aumentato la disponibilità del paziente a prendere in considerazione il processo di cura.
La percentuale di drop-out dal trattamento è stata del solo 13%, una percentuale, secondo gli autori, molto bassa in questa popolazione specifica di pazienti.
Questi autori sono pronti a sottolineare che ciò non significa che non ci sia possibilità di recupero per coloro che presentano formi gravi e croniche di anoressia.
Piccoli gruppi di pazienti possono fare l'impossibile, combattendo una dura battaglia per molti anni prima di tornare liberi.
Da un punto di vista medico, delle nuove ricerche hanno inoltre evidenziato che, attraverso una stimolazione cerebrale profonda e una stimolazione magnetica transcranica possono offrire qualche aiuto.
Ciò che gli autori ci tendono però a sottolineare è che può essere il momento di iniziare a vedere la cura come un nuovo modo per imparare a vivere.
(a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)
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