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La Psicoterapia basata sul Transfert

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“Far rilevare al paziente il suo atteggiamento controllante e sospettoso con il clinico è una messa a confronto. Fargli osservare che, forse, egli attribuisce al clinico un atteggiamento rigido, tendente al controllo e perciò ha forse la sensazione di dover stare in guardia a causa della sua lotta interiore con tali tendente è un’interpretazione. Osservare che il paziente sta lottando con il clinico che conduce il colloquio, il quale rappresenta un “nemico” interno con quelle caratteristiche che egli ha sperimentato in passato in un’interazione analoga con una figura genitoriale, è un intepretazione di transfert.” Otto Kernberg

psicoterapia.basata.sul transfertLa Psicoterapia basata sul Transfert (Transference Focused Psychotherapy) si è evoluta alla Menninger Foundation di Topeka (Kansas) grazie ai contributi di Otto Kernberg, Frank Yeomans e John Clarkin.

Gli studi quantitativi raccolti da questi autori, riscontravano come quei pazienti con gravi disturbi di personalità o con un’organizzazione di personalità di tipo borderline, ossia con una grave debolezza dell’Io, miglioravano maggiormente con un approccio psicoterapeutico che si focalizzava sulle interpretazioni del transfert durante le sedute.

A partire dal 1976, un gruppo di ricercatori e psicoanalisti ha sviluppato tale approccio in maniera più sistematica; si è cercato di sviluppare un modello teorico, una corrispondente teoria della tecnica, e approcci clinici nel trattamento di gravi disturbi di personalità, cercando di focalizzarsi su alcune ipotesi psicoanalitiche in termini di approcci interpretativi al paziente, e valutando le interazioni terapeutiche attraverso videoregistrazioni sistematiche di trattamenti a lungo termine.

Nell’esplorare i risultati, assumendo un punto di vista psicoanalitico più contemporaneo che si rifà alla prospettiva della teoria delle relazioni oggettuali, gli autori hanno reso operativi alcuni costrutti e affilato alcune tecniche psicoanalitiche per il trattamento di pazienti borderline, in particolare per quanto riguarda l’interpretazione, l’analisi del transfert, la neutralità tecnica e l’utilizzo del controtransfert.

Hanno altresì differenziato acutamente gli effetti supportivi di molti interventi dalla tecnica supportiva vera e propria, e applicato un modello analitico di interpretazione del transfert; successivamente hanno sviluppate tecniche atte a mantenere un “limit setting”, ossia un atteggiamento molto fermo da parte del terapeuta, basato su un contratto instaurato all’inizio della terapia.

Attraverso questa fermezza il paziente è maggiormente spinto a manifestare la sua patologia all’interno della terapia, e soprattutto in parole e in sentimenti più che in azioni, interrompendo le sue tipiche manipolazioni o gli acting out, che verrebbero inibiti sul nascere.

 

Strategie

L’ipotesi di partenza degli autori era che i pazienti con grave disturbo di personalità o con un’organizzazione borderline di personalità soffrono della cosiddetta “diffusione dell’identità” (Identity Diffusion), ossia una stabile e cronica mancanza di integrazione delle rappresentazioni di Sé e degli altri significativi, e che la causa di tale caratteristica sia il fallimento dell’integrazione psicologica derivante dalla predominanza di relazioni oggettuali interiorizzate di tipo aggressivo oltre a quelle idealizzate.

Nel tentativo di proteggere le rappresentazioni idealizzate del Sé e dell’oggetto, l’Io di questi pazienti si presenta fissato ad un livello primitivo (patologico) con meccanismi dissociativi o scissi che vengono rinforzati dalla presenza di altre operazioni difensive primitive come l’identificazione proiettiva, l’onnipotenza, il controllo onnipotente, la svalutazione, la negazione e l’idealizzazione primitiva.

La diffusione di identità si riflette nella pratica clinica attraverso: l’incapacità di valutare con precisione se stessi e gli altri; impegnarsi a fondo per lavorare o praticare una professione; mantenere relazioni intime stabili; mancanza di comprensione e tatto nelle situazioni interpersonali.

Le operazioni difensive primitive, corrispondenti ad una scissione della struttura psicologica dei pazienti, e la diffusione dell’identità si manifestano attraverso un’esacerbazione dei sentimenti negativi e situazioni interpersonali conflittuali che, a loro volta, contribuiscono al caos e al crollo nell’intimità, nel lavoro, nella creatività e nella vita sociale.

La principale strategia della psicoterapia focalizzata sul transfert con il paziente borderline, consiste nella riattivazione, durante il trattamento, delle relazioni oggettuali interiorizzate scisse che possono essere osservate e interpretate nel transfert.

Le condizioni del trattamento stabilite nel contratto facilita questa riattivazione delle relazioni oggettuali interiorizzate nel “qui e ora”.

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La psicoterapia focalizzata sul transfert si svolge faccia a faccia per un minimo di due volte a settimana e solitamente non più di tre sessioni a settimana.

Il paziente viene istruito a svolgere le libere associazioni di solito a partire dai problemi che lo hanno spinto a intraprendere il trattamento, e il terapeuta limita il suo ruolo ad un’attenta osservazione circa le attivazioni regressive e le relazioni scisse nel transfert, contribuendo così a identificarle e interpretarle alla luce dell’enorme difficoltà di questi pazienti a riflettere circa il proprio comportamento.

Il concetto di diffusione d’identità è basato sull’idea di una struttura psicologica composta da diverse relazioni oggettuali scisse, positive e negative, ognuna delle quali riflette una diade inerente la rappresentazione di Sé, la rappresentazione dell’oggetto e il sentimento dominante derivante dal loro collegamento.

Queste unità diadiche si sono sviluppate attraverso l’interiorizzazione ed una successiva revisione inconscia di intense esperienze affettive durante l’infanzia.

Le esperienze precoci dei pazienti borderline mantengono queste diadi oggettuali primitive tali da favorire rappresentazioni rigide e distorte che non consentono così un’integrazione realistica di sé e dell’altro.

Si presume che nell’esperienza del paziente borderline vi sia l’attivazione di uno o più di queste scissioni diadiche che determinano la percezione del paziente di Sé e dell’altro.

A tal proposito l’individuo interiorizzando entrambi i poli di una relazione - sia il ruolo di Sé che quello dell’altro – si identifica variamente o con la rappresentazione di Sé o con la rappresentazione dell’altro, sperimentandoli alternativamente e con gradi di consapevolezza diversi.

La riattivazione della diade si verifica attraverso rapide inversioni di ruolo nel transfert, in modo che il paziente può identificarsi con una rappresentazione di Sé primitiva mentre proietta una corrispondente rappresentazione dell’oggetto sul terapeuta, e, pochi minuti più tardi, si identifica con la rappresentazione dell’oggetto mentre proietta la propria auto-rappresentazione sul terapeuta.

La differenza tra i due poli della diade non costituisce la scissione del mondo interno del paziente; la diade rappresenta infatti l’interiorizzazione di una relazione con ruoli complementari.

La scissione interna è tra una diade esclusivamente positiva (effetti idealizzati) e una diade esclusivamente negativa (effetti aggressivi) che devono essere tenute separate per evitare un’intensa ansia.

Le prime interpretazioni dirette al paziente riguardano il focalizzare l’attenzione sulla sua identificazione con entrambi i ruoli della diade e successivamente della coesistenza al suo interno di diadi con contenuti affettivi opposti.

Coinvolgere il paziente in tal senso apre la strada all’interpretazione dei conflitti che mantengono queste diadi e le visioni separate ed esagerate corrispondenti al Sé e all’altro.

Fino a quando queste rappresentazioni non vengono integrate correttamente, il paziente continuerà a percepire se stesso e gli altri in maniera distorta ed esagerata.

Per esempio, il paziente può comportarsi come un bambino disperato e impotente nel tentativo di attirare l’attenzione di una madre indifferente, proiettando l’immagine di una madre indifferente e pericolosa sul terapeuta, mentre, 10 minuti più tardi, è il paziente che assume un comportamento indifferente, respingendo la madre, mentre il terapeuta, sotto l’effetto dell’identificazione proiettiva, si sperimenta come il bambino impotente che cerca di ottenere le attenzione della madre distaccata.

L’interpretazione in ultima analisi, consiste nel collegare le componenti dissociative della diade/transfert sia positive che negative, per favorire un’integrazione reciproca dei segmenti scissi idealizzati e persecutori dell’esperienza, al fine di aiutare il paziente a raggiungere un senso coerente di sé e degli altri, risolvendo così la diffusione di identità.

Nel presente esempio, la diade madre distaccata/bambino impotente è una componente persecutoria della relazione oggettuale. Il suo opposto può essere una diade idealizzata madre amorevole /bambino felice che, a sua volta, può esprimersi in maniera oscillante.

L’interpretazione di queste relazioni scisse solitamente prevede una sequenza di tre fasi:

1. nella prima fase si effettua una formulazione della relazione che sembra essersi attivata in quel momento, utilizzando istruzioni metaforiche per favorire la massima comprensione nel paziente, e chiarendo chi sancisce il ruolo in quella interazione. I commenti del terapeuta si basano sulle sue osservazioni, l’utilizzo del controtransfert e sulle chiarificazioni circa l’esperienza riportata dal paziente.

2. il secondo step consiste nell’osservazione dello scambio dei ruoli corrispondenti tra paziente e terapeuta, un passo importante che consente al paziente di comprendere le sue modalità inconsce di identificazione con la rappresentazione dell’oggetto – che di solito è espressa in comportamenti senza una piena consapevolezza di essi – così come con la rappresentazione di Sé, portandolo ad una graduale presa di coscienza della complementarietà reciproca di questi due ruoli.

In questo secondo step si ricorre molto alla chiarificazione e al confronto di entrambi i poli oscillanti della diade. Tuttavia, poiché le relazioni idealizzate e persecutorie che sono attivate rimangono tipicamente scisse tra loro in diverse diadi, il paziente può iniziare a riconoscere la sua identificazione con entrambi i poli – positivo e negativo – della diade pur mantenendo la scissione che separa tutte le relazioni positive da quelle negative.

Come suggerito dall’esempio di prima, ossia la diade madre indifferente/bambino disperato, la confusione del paziente non è semplicemente legata all’oscillazione costante all’interno della diade, ma anche dal fatto che una parte “buona” della diade si attiva in un determinato momento e nel contempo la parte “cattiva” dall’altro.

Capire la motivazione che mantiene questa diade differenziata è uno dei principali obiettivi del lavoro interpretativo.

3. il terzo step consiste nell’interpretazione del transfert che riflette direttamente le relazioni idealizzate e persecutorie, portando a un’integrazione dei segmenti scissi idealizzati e persecutori dell’esperienza, la corrispondente risoluzione della diffusione dell’identità, e la modulazione di disposizioni affettive intense come l’euforia o l’ipomania che devono essere integrate con i loro corrispondenti opposti come l’aggressività, la persecuzione e la paura.

Per esempio, nello sviluppo del transfert descritto prima, il terapeuta può interpretare il bisogno di una relazione idealizzata come una difesa dall’emergere di componenti persecutorie e favorendo nel paziente la comprensione e il riconoscimento che il terapeuta in realtà non è terribile o idealizzato come aveva sperimentato il paziente nella prima parte del trattamento.

Il paziente in questo caso non si percepirà come totalmente frustrato o soddisfatto come era avvenuto precedentemente.

Questo terzo step conduce ad una significativa integrazione dell’identità dell’Io del paziente, come un’integrazione della visione di Sé – più complessa, ricca e sfumata rispetto alla rappresentazione scissa ed estrema iniziale – e una corrispondente integrazione della visione degli altri che sostituisce la scissione precedente.

Questo excursus sulle strategie consente ora di introdurre un secondo aspetto importante del trattamento, ossia le tattiche utilizzate dal terapeuta in ciascuna sessione atte a creare le condizioni necessarie per l’utilizzo dell’interpretazione e di altre tecniche del trattamento.

 

Tattiche

Il contratto è considerato di fondamentale importanza in questo tipo di psicoterapia, infatti, dopo un’accurata valutazione diagnostica e dopo aver deciso che una terapia di questo tipo è indicata, le prime sedute vengono impiegate per instaurare il contratto con il paziente.

Il contratto presenta delle componenti generali e altre specifiche per il singolo paziente, considerando non solo l’anamnesi generale, ma soprattutto la storia pregressa inerente tentativi di suicidio, autolesionismo, psicoterapie precedenti e così via.

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Vengono analizzate le modalità che il paziente ha usato in passato per gestire i propri comportamenti impulsivi, soprattutto quelli autolesivi e vengono prescritte, nei minimi dettagli, determinate azioni che il paziente dovrà compiere nel caso in cui si presentassero tali momenti, fermo restando che accetterà di intraprendere la terapia.

Viene specificato anche quale sarà il ruolo del terapeuta qualora si presentassero questi momenti, al fine di rendere il paziente consapevole di tutto quello che accadrà come conseguenza di determinate sue azioni.

In tutti questi casi la figura di riferimento a cui il paziente dovrà rivolgersi non deve mai essere il terapeuta, onde evitare le classiche manipolazioni, e i tempi e i modi di quello che il paziente dovrà fare vanno specificati senza possibilità di fraintendimenti.

Pertanto, nello stabilire il contratto terapeutico, in aggiunta ai soliti accorgimenti del trattamento psicoanalitico, il terapeuta sottolinea l’importanza di recarsi in una struttura, quale ospedale o pronto soccorso, per affrontare tutte quelle difficoltà urgenti che potrebbero incorrere, al fine di proteggere l'integrità fisica o la sopravvivenza del paziente, così come quella di altre persone, così come la prosecuzione del trattamento stesso.

Questo può essere fatto attraverso la creazioni di condizioni in cui il trattamento può essere effettuato, andando a coinvolgere alcune responsabilità per il paziente e determinate responsabilità per il terapeuta.

Un tipico esempio è quello di pazienti con una caratterologia caratterizzata da comportamento suicida cronico; si tratta cioè della cosiddetta “depressione caratterologica”, entità diagnostica completamente diversa dalla depressione clinica, in genere poco rispondente ai farmaci antidepressivi, con una tendenza cronicizzante, e che tra l’altro, secondo Kernberg, rappresenta una delle indicazioni diagnostiche con prognosi più favorevole se trattata con la tecnica da lui suggerita.

In questo caso il contratto prevede una presa di responsabilità da parte del paziente nel recarsi in una “emergency room” quando gli impulsi suicidi diventano così forti da non poter essere controllati, o, liddove riesca a controllarli, a impegnarsi per sottoporli ad un’esplorazione durante la sessione successiva.

È importante sottolineare che questo vale per una componente caratteriale suicida, quasi “uno stile di vita”, e non un sintomo di depressione grave.

La proposta di contratto è solitamente vissuta dal paziente borderline con una forte rabbia che può perdurare per diverse sedute; il terapeuta in questi casi non deve mostrare un atteggiamento punitivo o moralistico e quindi divenire vittima delle identificazioni proiettive del paziente, in quanto l’intento del paziente è proprio quello di trascinare il terapeuta in questo atteggiamento per poterlo poi accusare.

La “bravura” del terapeuta è quindi quella di riuscire a tollerare la rabbia e chiarire che il paziente non è obbligato a intraprendere questa terapia liddove non se la sente di rispettare questo contratto.

Gli autori sottolineano che la rabbia del paziente nasce dal fatto che inconsciamente si rende conto che vengono minate le importanti motivazioni alla base dei suoi gesti manipolatori, avvertendo un forte senso di frustrazione in quanto deprivato di una modalità di funzionamento a cui era abituato da anni e che credeva utile.

L’utilità e il successo del contratto all’interno di questa terapia sta nel fatto che questo regola la relazione interpersonale, costituendo essa stessa una modalità di relazione oggettuale.

Non a caso il paziente borderline fa fatica ad entrare in un rapporto di rispetto reciproco e ad assumersi la responsabilità di determinati impegni presi, in quanto spesso utilizza le persone con cui si relaziona come contenitori delle proiezioni dei propri oggetti parziali scissi.

La rigidità del contratto costringe invece il paziente a interrompere tale modalità; se il paziente riesce a rispettare fino in fondo il contratto, si può quasi affermare, che è già guarito, cioè capace di entrare in una relazione oggettuale matura.

Ciò che è importante in questa strutturazione del setting all’inizio del trattamento è che, in primo luogo, la struttura terapeutica elimina il guadagno secondario del trattamento, e d’altra parte, che, il porre limiti e restrizioni è fondamentale per preservare sia la vita del paziente che il trattamento; il transfert annesso a queste restrizioni o limiti deve essere comunque interpretato immediatamente.

La combinazione di un setting limitato e l’interpretazione del transfert che si sviluppa è un elemento essenziale, altamente efficace, e una tattica salva-vita del trattamento.

Yeomans et al., hanno descritto in dettaglio le tecniche e vicissitudini del contratto terapeutico, anche se la Psicoterapia basata sul Transfert si è evoluta al fine di includere una maggiore flessibilità nell’utilizzo del contratto rispetto a quello appena descritto.

Il manuale della Psicoterapia basata sul Transfert descrive nel dettaglio le priorità da affrontare durante la terapia.

Per quanto riguarda la scelta del materiale da interpretare rispetto a ciò che il paziente porta durante la sessione, la tattica più importante è che l’interpretazione deve riguardare l’aspetto con l’affetto più intenso: l’affetto dominante determina la messa a fuoco dell’interpretazione.

L’affetto più intenso potrebbe esprimersi nell’esperienza personale del paziente, nel comportamento non verbale, o, a volte nel controtransfert.

L’attenzione simultanea, da parte del terapeuta, alla comunicazione verbale del paziente, il comportamento non verbale e il controtransfert consentono di “diagnosticare” qual è l’affetto o emozione dominante in quel momento e la corrispondente relazione oggettuale attivata in quella specifica situazione terapeutica.

Ogni emozione o sentimento è considerato come la manifestazione di una sottostante relazione oggettuale.

La seconda considerazione importante è che ciò che viene sottoposto a interpretazione deve rivelare la natura del transfert.

Questo è semplice da determinare quando l’emozione dominante coincide con lo sviluppo del transfert, ma ci sono momenti in cui ricorrono più sentimenti in relazione a condizioni extra-transferali o al mondo esterno del paziente.

Tale dominanza affettiva appartenente al mondo esterno del paziente ha sempre implicazioni nel transfert; la messa a fuoco deve quindi iniziare sull’affettività “esterna” riportata in quella situazione, effettuando un’interpretazione solo quando lo sviluppo del transfert occupa il centro dell’interazione attuale tra paziente e analista.

Questa è una tattica importante derivata dalle raccomandazioni tecniche di Fenichel, e riflette una flessibilità tale per cui la concentrazione deve contemporaneamente considerare tanto il transfert quanto gli sviluppi esterni nella vita di questi pazienti.

Quando in terapia si hanno pazienti con gravi disturbi di personalità, un’altra tattica si riferisce ad alcune priorità generali che devono essere prese immediatamente in considerazione, soprattutto se esse riflettono l’affettività dominante all’interno della sessione terapeutica; queste priorità in ordine di importanza sono:

comportamento omicida, suicida; minacce all’interruzione del trattamento; gravi acting out durante la sessione o fuori dal trattamento che minacciano la vita del paziente o del trattamento; la disonestà; la banalizzazione del contenuto della seduta; le resistenze narcisistiche pervasive che devono essere risolte mediante un’analisi coerente delle implicazioni di un transfert annesso ad un Sé grandioso patologico.

Altri aspetti tattici del trattamento riguardano il trattare condizioni di gravi regressioni, compresi l’ingannevolezza, episodi micro-psicotici, reazioni negative nei confronti del terapeuta.

 

Tecniche

Mentre le strategie presentate fanno riferimento agli obiettivi a lungo termine e alle loro implicazioni nell’analisi del transfert, e le tattiche ai particolari interventi concreti durante la seduta, le tecniche si riferiscono all’applicazione generale e consistente di strumenti tecnici derivati dalle teorie psicoanalitiche.

Gli strumenti tecnici principali della Psicoterapia basata sul Transfert sono quelle suggerite da Gill, come tecniche essenziali di psicoanalisi, cioè, interpretazione, analisi del transfert e neutralità tecnica.

Se la psicoanalisi consiste nella facilitazione di una nevrosi di transfert regressiva attraverso la risoluzione della nevrosi di transfert grazie alla sola interpretazione dello psicoanalista assumente una posizione di neutralità tecnica, la Psicoterapia basata sul transfert, può essere definita dagli stessi strumenti, con l’aggiunta dell’importante contributo dell’analisi del controtransfert come ulteriore strumento tecnico.

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L’utilizzo dell’interpretazione si focalizza particolarmente sulle fasi iniziali del processo interpretativo, ossia attraverso la chiarificazione dell’esperienza soggettiva del paziente, di ciò che è nella mente del paziente, e il confronto rispetto ad eventuali inconsistenze o contraddizioni nel modo di comunicare del paziente.

Il confronto può riguardare sia ciò che il paziente dice e la contraddizione che potrebbe emergere poco dopo, sia la comunicazione verbale e non verbale, sia la comunicazione del paziente e ciò che questa evoca nel terapeuta, ossia il controtransfert.

Gli aspetti del comportamento non verbale diventano estremamente importanti nella psicoterapia psicoanalitica dei gravi disturbi di personalità.

Di per sé, l’interpretazione, è applicata sistematicamente, ma con una forte enfasi sulle fasi preliminari: chiarimento, confronto e interpretazione del “presente inconscio”.

Quanto riguarda l’analisi del transfert, nella psicoanalisi classica si analizza il transfert al fine di fornire quelle corrette interpretazioni che verranno poi discusse più dettagliatamente con il paziente.

Nella Psicoterapia basata sul transfert, una preoccupazione costante rispetto ai problemi dominanti nella vita dei pazienti, si riflette nella parte iniziale della terapia in cui si fa riferimento ai principali conflitti che hanno spinto il paziente al trattamento o che sono emersi durante il trattamento, portando tali conflitti nella situazione terapeutica anche se non si presentano come transfert-dominante in quel momento.

L’introduzione di materiale extra-transferale permetta la valutazione da parte del terapeuta che è in atto un’operazione significativa quale la scissione, in riferimento a un conflitto appartenente alla vita esterna del paziente che dev’essere però esplorato nel trattamento.

Da qui il terapeuta può effettuare una panoramica complessiva sia del trattamento che della situazione di vita del paziente che potrebbe a sua volta innescare nel paziente l’introduzione di una tematica che consente una successiva analisi del transfert e che si verifica proprio grazie all’esplorazione di questo importante tema di vita.

Quindi è molto importante combinare l’analisi del transfert con un tentativo reale di capire che cosa il paziente cerca di dividere, per effetto della scissione, nella sua vita attuale.

Mentre l’analisi del transfert ha analogie significative con la tecnica Kleiniana (per l’enfasi posta sull’analisi del transfert, difese primitive, e relazioni oggettuali), spostare l’attenzione sulla realtà esterna del paziente si allontana tanto dalla tecnica Kleiniana che dalla Psicologia dell’Io.

Per quanto riguarda la neutralità tecnica, questa è un punto di partenza ideale all’interno del trattamento in generale e all’interno di ogni sessione in quanto contrasta la tendenza dei pazienti a esternare i loro conflitti intrapsichici.

La gestione della neutralità è una questione particolarmente importante e delicata quando si lavora con pazienti borderline o con gravi disturbi di personalità, in quanto si corre sempre il rischio di lasciarsi travolgere dalle loro tempeste emotive e inevitabilmente ci si scontra con forti conflitti di natura aggressiva.

La neutralità tecnica, può subire però delle limitazioni, vale a dire l’equidistanza del terapeuta dalle forze in conflitto nella mente del paziente.

La deviazione dalla neutralità tecnica potrebbe essere indispensabile per proteggere il trattamento dal fallimento, e il paziente dai severi comportamenti suicidi ed autodistruttivi, e richiede un particolare approccio per ripristinare la neutralità tecnica una volta che è stata abbandonata.

In sostanza, la neutralità tecnica oscilla per tutto il trattamento, ma è costantemente lavorata e reintegrata come uno degli obiettivi principali del processo.

Rispetto alla psicoanalisi classica la differenza risiede nella gravità del comportamento dei pazienti borderline che richiede che si pongano dei limiti al paziente.

Nel momento in cui si pongono dei limiti al paziente, ci si comporta non più in modo neutrale, quindi la neutralità tecnica è limitata dal bisogno di fornire struttura e limiti per il paziente.

L’utilizzo del controtransfert come strumento terapeutico è già stato indicato come importante fonte di informazione sull’affettività dominante.

L’intensità del controtransfert evocata dai pazienti con gravi patologie caratteriali e comportamenti regressivi severi e acting out nel transfert richiedono un’attenzione costante agli sviluppi controtransferali che il terapeuta deve tollerare in se stesso, anche in condizioni di significative regressioni nel controtransfert, impulsi aggressivi, dipendenti o di tipo sessuale.

La tolleranza interna del controtransfert permette la sua analisi in termini di rappresentazione di Sé e dell’oggetto che vengono proiettate sul terapeuta in quello specifico momento, facilitando tutta l’interpretazione della relazione diadica nel transfert, così che il controtransfert è utilizzato nella mente del terapeuta come chiarificazione del transfert.

Il controtransfert non dovrebbe comunque essere comunicato direttamente al paziente ma lavorato attraverso le interpretazioni di transfert.

Come sottolineato da Green, l’evitamento di associazioni traumatiche spinge i pazienti borderline a saltare da un soggetto all’altro e questa modalità esprime la loro “posizione fobica centrale”, ossia una fragilità nella capacità di auto esplorazione che spiegherebbe il ricorso a meccanismi auto-mutilanti del pensiero, per la necessità di mitigare importanti minacce interne.

Il riferimento alla parola “fobico” e “centrale” è esemplificativo dello spavento e del panico che sembrano essere ciò che meglio corrispondono all’esperienza del soggetto.

L’approccio tecnico corrispondente nella Psicoterapia basata sul Transfert consiste quindi nello sforzo di interpretare rapidamente l’implicazione di ciascuno dei frammenti che emergono in seduta, con l’intenzione di stabilire un intervento interpretativo che possa creare una continuità dei frammenti stessi.

Questo approccio può essere paragonato all’interpretazione dei sogni, in cui si parte dall’interpretazione del contenuto isolato e manifesto del sogno che rivela in realtà il contenuto latente del sogno; solo grazie all’interpretazione si stabilisce una continuità tra gli elementi apparentemente disparati del contenuto manifesto.

In questa prima parte ci si è quindi focalizzati maggiormente sugli aspetti caratterizzanti la Psicoterapia basata sul Transfert; nel prossimo articolo, inteso come prosecuzione dello stesso, si andranno invece a delineare i risultati empirici di tale trattamento, le indicazioni e controindicazioni di tale approccio e infine un confronto tra la Psicoterapia basata sul transfert e altri trattamenti psicoanalitici.

 

Leggi la seconda parte dell'articolo

La Psicoterapia basata sul Transfert (2° parte)

Bibliografia

  • Clarkin JF, Foelsch PA, Levy KN, Hull JW, Delaney JC, Kernberg OF (2001). The development of a psychodynamic treatment for patients with borderline personality disorder: A preliminary study of behavioral change. J Pers Disord 15:487–95.
  • Clarkin JF, Levy KN editors (2006). Putative mechanisms of action in the psychotherapy treatment of borderline personality disorder. J Clin Psychol 62:481–501.
  • Clarkin JF, Yeomans FE, Kernberg OF (2006). Psychotherapy for borderline personality: Focusing on object relations. Washington, DC: American Psychiatric.
  • Fenichel O (1941). Problems of psychoanalytic technique. Albany, NY: Psychoanalytic Quarterly
  • Kernberg O (1984). Severe personality disorders: Psychotherapeutic strategies. New Haven, CT: Yale UP.
  • Kernberg O (2006). Identity: Recent findings and clinical implications. Psychoanal Q 75:969–1004.
  • Kernberg O, Burnstein ED, Coyne L, Appelbaum A, Horwith L, Voth H (1972). Psychotherapy and psychoanalysis: Final report of the Menninger Foundation’s psychotherapy research project. Bull Menninger Clin 36:1–275.
  • Yeomans FE, Selzer MA, Clarkin JF (1992). Treating the borderline patient: A contract-based approach.New York, NY: Basic Books.

 

(Traduzione e adattamento a cura della Dottoressa Giorgia Lauro)

 


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Tags: disturbo borderline disturbi di personalità strategie Otto Kernberg John Clarkin tattiche tecniche Transference Focused Psychotherapy Franck Yeomans

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